Luka Koper e i containers: chi
ha paura degli sloveni?
ha paura degli sloveni?
TRIESTE
– Le polemiche estive tra porti e grandi progetti sono solo innocui acquazzoni,
che rinfrescano almeno l’aria rovente? Se lo chiede, con un pizzico di sana
ironia, l’intelligente sito web FAQtrieste.it, che a sua volta si riferisce a
interviste sul Meditelegraph ad alcuni storici esponenti della portuali come
Luca Becce, Paolo Costa e Maurizio Maresca.
Riassumiamo, con il permesso degli
amici triestini di FAQ: Becce è preoccupato dei grandi lavori con cui Luka
Koper si appresta a entrare nella competizione dei terminal container dell’alto
Adriatico. Costa si richiama ai grandi progetti per Venezia, quando era
presidente dell’Authority. Maresca infine esprime dubbi molto precisi sulla
Belt & Road cinese per l’Italia.
Il
richiamo FAQtrieste.it al tema è centrato, perché se è vero che il mondo della
logistica marittima è in situazione difficile, con i grandi vettori che
continuano a rimetterci soldi ma a rilanciare e con i terminal già esistenti
che cambiano di mano (vedi Cagliari) ci sono i grandi studi che prevedono una
futura (quanto futura però o da vedersi) crescita dei traffici e quindi dei
contenitori. A parte la Belt & Road cinese – che ad oggi punta come noto su
Genova e Trieste in Italia – l’Alto Adriatico sembra ancora appetibile come sbocco
verso il Nord-Est dell’Europa, in alternativa o a completamento del Pireo
“cinesizzato”. Difficile dunque leggere nella sfera di cristallo che cosa
succederà da qui ai prossimi dieci anni: termine entro il quale sia i grandi
lavori triestini, sia quello del porto di Capodistria (chiedo scusa: ma per la
mia generazione Koper si chiama ancora così) dovrebbero arrivare alla quadra.
Voglio
solo ricordare, per completezza del ragionamento, che i grandi lavori portuali
a Luka Koper sono stati affidati a un’impresa italiana, alla quale gli stessi
sloveni attribuiscono capacità e tecnologie di primo piano. Questo non vuol
dire che le grandi strategie della logistica sull’alto Adriatico siano
determinate da chi costruisce nuovi terminal e nuove banchine. Ma vuol dire, a
mio parere, che quel mondo sta correndo: e che forse noi in Italia ci limitiamo
più a polemiche interpretative e a cercare il pelo nell’ovo piuttosto di
correre veloci sui fatti. Gli amici di Trieste avranno seguito, forse, la
vicenda surreale della grande Piattaforma Europa livornese intorno alla quale
si azzuffano ormai da quasi sei anni istituzioni, armatori, gruppi terminasti e
politici, senza (per adesso) cavare un ragno dal buco sui fatti. Mi dispiace
dirlo: ma più degli sloveni, che riconosco essere gente concreta, mi fanno
paura i poco concreti italiani che hanno le leve del potere sulle grandi
infrastrutture logistiche. Non dico altro, visto che l’estate sta finendo e tra
poco gli acquazzoni saranno – temo – sostituiti dalle buriane per la soluzione
della crisi di governo, per i riflessi della grande crisi della Germania, per
la Brexit e via dicendo.
Non
ho la pretesa di capire tutto, siamo in un angolo periferico del mondo dei
porti e io personalmente sono molto stanco di vedere la nostra bella Italia che
batte in testa e non procede. Pessimismo? Allora consoliamoci con il
Metastasio: “Ogni tempesta/ al nocchiere che dispera/ è tempesta fatal/ benché
leggera”. Speriamo dunque che sia tempesta leggera e non disperiamo. Un saluto
agli amici triestini e al loro bel porto.
Antonio
Fulvi
a Luka Koper i 100 metri del MOLO I
a Trieste i 100 metri del MOLO VII e la PIATTAFORMA LOGISTICA
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