PISA – Ci dovremo confrontare, presto o tardi, con
l’intelligenza artificiale applicata nel modo più totale – e secondo alcuni,
preoccupante – anche alle macchine antropomorfe. Ovvero ai robot, che stanno
diventando artefici reali della nostra vita quotidiana. Nei giorni scorsi si
sono succeduti in varie località non solo nazionali, convegni e seminari proprio su quanto i robot stiano
diventando consueti nella nostra vita quotidiana. È uscito di recente anche un
libro (Adelphi) dall’inquietante titolo: “Io macchina” scritto da un irlandese,
Mark O’Connell, che ha fatto il punto della ricerca con qualche estremizzazione
ma assolutamente realistica.
Sui porti, ma anche sulle navi, la robotica sta entrando
quasi di prepotenza. A Singapore e Hong Kong ci sono già portainers che operano
senza gruisti a bordo, gestite con un sistema “remote” che affida
all’intelligenza artificiale quasi tutte le funzioni. A Rotterdam si
sperimentano rimorchiatori portuali UV,
(unmanned veicles) cioè senza personale di bordo. E’ noto che in campo
aereo sono ormai quasi infinite le applicazioni dei droni (UAV) che vanno dagli
usi scientifici a quelli militari fino alle più recenti applicazioni per la
consegna di piccoli (per ora) pacchi a domicilio.
Se siamo ormai abituati alla filosofia dei veicoli che
prossimamente si guideranno da soli, alla proliferazione dei droni e ai robot
non antropomorfi che da anni saldano, assemblano e “creano” le automobili, fino
ai supporti robotici negli interventi chirurgici e nella ricerca, l’uomo di
latta – come lo definiscono spregevolmente i retrogradi – fatica a farsi
accettare.
Eppure è una realtà ormai attuale. Compresa la cyber-security, che
se non è ancora affidata agli uomini di latta (o d’acciaio) è una attuale
emanazione dell’intelligenza artificiale. Un vero e poroprio centro sta
nascendo – notizia di questi giorni – nei Vecchi Macelli pisani dove già esiste
il museo del calcolo e il primo calcolatore tutto italiano che occupava tutta
una stanza ed aveva le potenzialità che hanno oggi i più economici telefonini
cellulari. La cyber-security oggi progetta strategie di difesa dagli haker e
non è poca cosa.
Ipotizzando che i robot di prossimo arrivo possano essere
“comandati” da haker con volontà jaddiste – o che le auto e i camion unmanned
diventino strumenti a loro volta omicidi – studiare formule che impediscano di
“entrare” nei cervelli di roboit e di mezzi robotici è fondamentale. Università
di Pisa, Siena e Firenze, Regione Toscana, CNR e IMT di Lucca sono impegnati
proprio in questi giorni a far conoscere come potranno essere sempre più
protetti anche i porti. Se ne parlerà sempre di più.
A.F
Il dibattito sulla automazione del lavoro portuale va avanti da anni, a periodi alterni, senza indicare una prospettiva chiara e comprensibile. Ci sono pochi studi e ricerche fatti con le dovute precauzioni di obiettività. In molti casi l'argomento viene usato come un ricatto nei confronti dei lavoratori portuali che devono "moderare le pretese" altrimenti saranno sostituiti dai robot. In altri casi la robotizzazione viene indicata come un evento inevitabile che comporterà la scomparsa di posti di lavoro, come succede in tante situazioni lavorative. Oggi vi segnaliamo una breve nota pubblicata sulla Gazzetta Marittima di Livorno. Un analogo dibattito era iniziato a proposito delle scalo genovese con alcuni articoli dedicati. Poi il crollo del Ponte Morandi ha occupato il centro del dibattito. Da registrare a proposito di quell'inizio di dibattito l'affermazione di Benvenuti - console della Compagnia Portuale di Genova - che ricordava ai suoi interlocutori che secondo alcune previsioni - rivelatesi sbagliate - già l'impiego dei container avrebbe fatto scomparire il lavoro portuale. L'articolo della Gazzetta marittima ci offre l'occasione di ricordare l'iniziativa del Propeller Club Trieste che si è svolta a Trieste su questo tema.
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RELAZIONE PROF. BOLOGNA PRESENTATA AL PROPELLER CLUB TRIESTE
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