Nel maggio del 2014 ( giusto un anno fa ) in un articolo apparso sulla Gazzetta Marittima Mario Sommariva commentava e metteva a confronto appunto due ipotesi di riforma che guarda caso sono riconoscibili in quelle che poi sono state le proposte Lupi/Serracchiani e Delrio. Noi leggendo l'articolo abbiamo ricavato questa impressione.
All'epoca Sommariva era segretario generale dell'Autorità Portuale di Bari, ora è nello stesso ruolo presso l'Autorità Portuale di Trieste. Sarebbe interessante un aggiornamento dell'analisi con anche la sua competenza.
Vi proponiamo quindi l'articolo di un anno fa dove sono riconoscibili due ipotesi distinte di riforma. Forse è in corso uno scontro politico anche all'interno del PD su queste ipotesi come insinuano alcuni illustri commentatori delle riviste di settore? Su quali contenuti ?
Riforma portuale dubbi e certezze
10 maggio 2014
Mario Sommariva, segretario generale dell’AP di Bari e
riconosciuto esperto nel campo, ha scritto la seguente analisi sui due progetti
di riforma della 84/94 in campo: analisi presentata da Vladimiro Mannocci
all’Interporto Vespucci.
BARI – Nella recente lettera del presidente del Consiglio e
del ministro Madia sulla riforma della Pubblica Amministrazione è stato
inserito, fra gli obiettivi della riforma, anche un punto che propone la
“razionalizzazione delle Autorità Portuali”. Nonostante un rallentamento sui
tempi, dovuto essenzialmente alla concomitanza con la competizione elettorale
la riforma delle gestioni portuali pare dunque andare avanti.
Uno degli obiettivi, se non l’obiettivo primario, appare
quello della riduzione del numero delle Autorità in virtù delle scelte di
contenimento della spesa. E’ difficile oggi, in tempi di profondo ripensamento
dell’assetto dello Stato, non pensare che anche le Autorità Portuali debbano
essere investite da un processo che punti ad una razionalizzazione della spesa.
Su questo si può dunque concordare, tuttavia, il punto
essenziale mi pare un altro. Il rilancio del paese si gioverà certamente di una
serie di riforme istituzionali quali quelle che sono state messe in cantiere,
ma, per innescare un processo di crescita dell’occupazione e una ripresa del
mercato interno, sono indispensabili alcune misure di politica industriale.
Non ho capito se un tale intreccio fra riforme istituzionali
e misure di politica industriale facciano parte dell’approccio del Governo.
Fino a questo momento non sembra sia così. Una nuova attenzione alla
redistribuzione dei redditi ed alla crescita dei consumi è certamente una
novità importante ma la politica industriale resta un tema essenziale ai fini
del rilancio della nostra economia.
Fra le misure di politica industriale necessarie alla
ripresa, quelle relative all’economia marittima, alla portualità, al sistema
dei trasporti ed alla logistica dovrebbero rappresentare delle priorità. Questo
non tanto per vincere un ipotetico campionato d’Europa contro i porti di
Rotterdam o di Amburgo, quanto per conservare quella minima competitività
territoriale che assicuri, al nostro sistema produttivo, la possibilità di
riprendere a crescere sia sul fronte dell’export, la cui tenuta in questi anni
ha evitato danni ancora più gravi, ma sopratutto su quello dei consumi interni.
L’economia italiana, nei secoli, ha visto il proprio
sviluppo fondarsi sul mare. E’ e sarà ancora così fin tanto che l’economia si
basi su relazioni fra popoli e su scambi commerciali di materie prime e
prodotti finiti.
Infrastrutture e organizzazione dei servizi di trasporto
rappresentano quindi uno snodo fondamentale per la ripresa. Per aiutare il
sistema produttivo ed i territori a rialzarsi servono in fondo poche scelte,
all’insegna del principio di ottimizzazione e saturazione dell’utilizzo di
tutte le infrastrutture che già oggi esistono e del perseguimento della massima
efficienza dei servizi di trasporto.
Le priorità di sistema sembrano dunque essere il
completamento delle reti attraverso le connessioni di ultimo miglio, una
diffusa campagna di manutenzioni degli assets esistenti, una forte spinta verso
l’innovazione tecnologica, la scelta strategica di sviluppare i servizi
ferroviari di trasporto merci e la fluidificazione dei flussi mediante la
scelta degli sportelli unici. Le poche risorse disponibili, sia pubbliche che
private, dovrebbero, nell’immediato, essere allocate su queste scelte
strategiche che realizzerebbero ritorni degli investimenti in termini piuttosto
brevi.
Le proposte di riforma portuale che sono in campo sembrano
proporsi un approccio corretto, quello cioè di modificare la governance del
sistema logistico che parte dai nodi portuali per proiettarla verso le vie di
collegamento e le aree retroportuali. Tutto ciò conferendo ai nuovi enti che
dovrebbero sorgere dalla razionalizzazione delle Autorità Portuali competenze
più ampie sul piano territoriale ed una piena autonomia amministrativa e finanziaria.
Ad oggi possiamo solo però discutere di intenzioni, al
massimo di “linee guida”, poiché ancora non esistono testi di emanazione
governativa che consentano una valutazione compiuta sulle reali intenzioni del
ministro Lupi.
In campo vi sono sostanzialmente due impostazioni: quella
definita nelle linee guida del ministro trasmesse al Senato pochi mesi fa,
basata sulla creazione di otto macro distretti logistici, su base
interregionale e la proposta del PD che ridisegna la mappa delle Authorities sulla
base della rete dei porti “core” legati al nuovo assetto delle reti TEN. In un
modo o nell’altro una svolta per le Autorità Portuali pare certa.
Il progetto Lupi sconta sicuramente alcune difficoltà
applicative, quale ad esempio un certo conflitto con l’attuale testo del Titolo
V della Costituzione ed un vizio politico grave, vale a dire la totale assenza
dei Comuni dalla governance della pianificazione territoriale e, più in
generale, delle nuove Authorities.
La proposta PD, che presenta una approccio “bottom up” alla
costruzione della nuova governance, appare certamente più equilibrato,
rispettoso delle competenze regionali ed alla fine più realistico dal punto di
vista delle possibilità di successo.
Devo dire con chiarezza che, nel mentre dichiaro di condividere
pienamente la riduzione del numero delle Autorità Portuali, l’ampliamento delle
circoscrizioni territoriali e delle competenze, sono contrario ad una visione
monocratica ed autoritaria della figura del presidente dell’Authority.
L’idea che le istanze territoriali, quelle delle categorie
economiche e dei lavoratori siano considerati lacci e lacciuoli, semplici
impacci ad una governance “decisionista” che si esaurisce sostanzialmente nel
presidente è a mio avviso un’idea sbagliata, che non considera la complessità
della realtà portuale destinata peraltro a sommarsi alla complessità della
realtà logistica e retroportuale.
La nuova visione della competizione territoriale è quella di
area vasta. La visione di area vasta riesce a cogliere ed integrare tutti i
punti di forza di un territorio aiutando il superamento di quelli deboli.
Inoltre, in una fase di restrizione delle risorse pubbliche, aiuta la
razionalizzazione degli investimenti evitando sprechi e duplicazioni.
Per questo la maggiore integrazione dell’Interporto di
Guasticce nella realtà portuale livornese appare non solo in linea con gli
orientamenti previsti dalla riforma portuale ma un’esigenza strategica per il
rilancio di un’area vasta che comprende anche il Comune di Collesalvetti. La
nuova pianificazione integrata porto-interporto dovrà affrontare le criticità
esistenti con una visione complessiva.
Nella realtà italiana porti e interporti sono spesso
strutture concorrenti ed avulse le une dalle altre. Entrambe scontano la
drammatica criticità rappresentata dallo stato del trasporto merci ferroviario
che dovrebbe essere l’elemento portante delle politiche di integrazione fra i
diversi nodi della rete trasportistica. Se le nuove Autorità Portuali saranno
chiamate ad una pianificazione logistica integrata che riguardi porto,
interporto e vie di collegamento potranno intervenire sulla riorganizzazione
complessiva delle aree e sulle strozzature di ultimo miglio utilizzando al
meglio gli strumenti dei quali dovrà dotarle l’effettiva autonomia finanziaria.
Mi pare questa la scommessa del futuro.
Un’ultima considerazione vorrei farla sulla situazione delle
imprese. La crisi morde duramente e nulla è stato fatto, anche con misure
semplici e concrete, per aiutare le imprese che operano nella logistica e nella
portualità. Il sistema tuttavia oggi soffre di un eccesso di offerta che
produce dumping nel mercato e sottocapitalizzazione delle imprese.
Livorno ed il suo porto non fa eccezione. L’Italia, poi, è
totalmente priva di un grande player logistico che abbia un ruolo di polo
d’attrazione e sia strumento di riorganizzazione dei servizi, in modo analogo a
quanto avviene in Europa attorno ai soggetti postali e ferroviari.
A volte mi ritrovo a rimpiangere le grandi suggestioni di
Lorenzo Necci che, forse con qualche difetto di megalomania, pensava alle
ferrovie italiane come ad un grande polo di aggregazione di servizi di
trasporto e della logistica.
I buoi sono scappati dalla stalla e dobbiamo fare i conti
con quello che siamo. Oggi dobbiamo fare di tutto per attrarre investimenti
esteri e non dimenticare mai che restiamo un grande paese, dalle grandi risorse
umane, del lavoro ed imprenditoriali, un paese che può e deve rialzarsi.
Mario Sommariva
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