lunedì 1 giugno 2015

IMPATTO MEGA NAVI PORTACONTAINER (2)

Le conseguenze sui trasporti marittimi legate al fenomeno del gigantismo navale fanno da sfondo a tutte le vicende degli scali mediterranei e della penisola.

Ogni porto, ogni progetto, la stessa proposta di riforma della portualità avanzata dal ministro Delrio attingono dati e scenari sul futuro da studi e proiezioni che incuranti della realtà danno per scontati i "risparmi" del gigantismo navale e lo sviluppo esponenziale del traffico container. 

La stessa relazione pubblicata dal ministro Delrio è quasi interamente dedicata alla analisi del traffico mondiale dei container elaborando la proposta a partire solo da questo settore del trasporto marittimo. 

Lo studio pubblicato dall'International  Transport Forum rimette un po' d'ordine nella materia discutendo i "risparmi del gigantismo navale " e " le previsoni di crescita costante dei traffici ". Vediamo come anticipava questi temi e questi interrogativi il prof. Sergio Bologna in un suo libro del 2013.

Vi proponiamo questa recensione perchè è un esempio concreto di come si riesce a collegare l'attenta osservazione del traffico marittimo a livello mondiale con scelte nazionali nello scenario europeo e mediterraneo.

Sergio Bologna boccia progetti di Genova e Venezia

Giovedì 14 Novembre 2013 

In un nuovo libro, l'esperto italiano dei trasporti smonta i grandi progetti di sviluppo
infrastrutturale stilati per i porti di Genova e Venezia per accogliere le portacontainer di dimensioni sempre maggiori. E promuove il Corridoio Adriatico-Baltico.

 "Delirio di qualche ingegnere". Con queste parole, Sergio Bologna, noto studioso del settore trasporti (è stato esperto del CNEL per i problemi marittimo-portuali), descrive "il sogno di chi propone un Piano Regolatore Portuale di Genova su misura per navi che ancora non esistono, da 22mila teu". 

Alla rincorsa dei porti italiani al gigantismo navale è dedicato un capitolo del libro intitolato "Banche e crisi. Dal petrolio al container" (edito da Derive Approdi), che sarà presentato nelle prossime settimane nel capoluogo ligure e a Venezia.

E proprio il porto offshore della Serenissima è l'altro progetto infrastrutturale "da sogno" messo nel mirino da Sergio Bologna, che dedica l'ultimo capitolo al seguente interrogativo: siamo sicuri che un porto moderno debba programmare il suo sviluppo in base all'aumento delle dimensioni delle navi portacontainer?.

I numeri sono noti. Il Piano Regolatore Portuale del porto di Genova traguarda il 2030 e ruota attorno allo spostamento della diga foranea 500 metri più al largo per permettere alle nuove maxi navi portacontainer di manovrare all'interno del porto (investimento da un miliardo di euro). Le ambizioni future dell'Autorità Portuale di Venezia fanno invece perno sul progetto di un nuovo terminal offshore con fondali da 20 metri e in grado di accogliere navi da 18-20mila teu (costo previsto circa 2,5 miliardi di euro).

Bologna smonta l'entusiasmo di chi sogna di portare nei porti italiani di destinazione finale le maxi navi portacontainer da 18mila teu: "Il presupposto per cui un porto mediterraneo possa aspirare a essere scalato da una ULCC (Ultra Large Container Carrier, ndr) è la concentrazione di merce in import o in export da quel porto. 

Se una serie di scali vicini nel medesimo range (come possono essere i cinque porti dell'Altro Adriatico da Ravenna a Rijeka) contemporaneamente aumentano a dismisura la capacità di movimentazione annua di container, non fanno che realizzare la condizione per cui la merce si disperda diventando dunque sempre meno attrattivi per le megacarrier".

Bologna aggiunge che "Non è vero che l'introduzione delle ULCC consente ai porti di destinazione finale di essere serviti da linee dirette; è vero semmai il contrario, più aumentano le dimensioni delle navi più diventa ragionevole il transhipment, soprattutto nel Mediterraneo". 
Chiamati a esprimersi sull'utilità e sulla fattibilità economica di un progetto come il porto offshore di Venezia, i big italiani dell'industria container (in primis Cecilia Battistello di Contship Italia e Gianluigi Aponte di MSC) in passato non erano stati teneri nei giudizi.
Bologna sottolinea, inoltre, che non esiste competizione fra i nostri porti e quelli del Nord Europa "Perché il sistema logistico italiano non è in grado di offrire un'alternativa a un cliente del Centro Europa. Il corridoio Adriatico-Baltico può invece offrire una grande opportunità come piattaforma per il mercato russo, ma per essere competitivi su quell'arena le megacarrier non servono".

Lo studioso nel suo ultimo libro scrive poi: "L'Autorità Portuale di Genova sta presentando un Piano Regolatore Portuale per accogliere navi da 22mila teu che non esistono e magari non esisteranno mai, e se esisteranno sarà da augurarsi che restino lontane dai nostri porti". Quest'ultimo riferimento è riconducibile ai rischi per la navigazione, alle necessarie capacità organizzative delle strutture di terra e allo scarso indotto occupazionale che il gigantismo navale genera.

"I porti dovrebbero essere fattore d'integrazione e di governo di un sistema e, invece di mettersi esclusivamente al servizio delle compagnie marittime, dovrebbero tutelare e difende il 'buon lavoro' e impedire un ulteriore scivolamento verso cooperative di mano d'opera saltuaria e agenzie interinali"
.
Invitando ad avere "Coraggio civile e competenze professionali, se non si vuole che la politica venga dominata o dagli interessi dei gruppi economici o da cittadini volenterosi ma inesperti", Sergio Bologna conclude affermando: "Non c'è peggior servizio al Paese che quello di presentare dei progetti talmente eccessivi da suscitare il sospetto che siano stati confezionati per servire gli interessi di alcuni gruppi di costruttori".


Nicola Capuzzo

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