martedì 9 giugno 2020

DURA LEX SED LEX…LA POLITICA CAMBI LA LEGGE IN FRETTA, LO CHIEDE ANCHE L’ANAC


Riceviamo da Riccardo degli Innocenti, esperto di politiche e mercato del lavoro, il seguente contributo.

Dura lex sed lex, è il primo commento che viene da fare anche se con rammarico alla sentenza dell’ANAC sulla presidenza di Zeno D’Agostino. Come del resto a quella su Luigi Merlo, tanto per sgombrare subito il campo da posizioni da derby sinistra-destra o pubblico-privato.
La legge 39/2013 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico) è la manifestazione della preoccupazione dello Stato e quindi della società circa la frizione di interessi in capo a persone che si alternino in ruoli pubblici e privati.
Una preoccupazione che possiamo assumere come realmente fondata e degna quindi di motivazione. Sotto questo profilo la Presidenza di un’Autorità di sistema portuale è uno dei campi per eccellenza in cui si esercita questa frizione e che richiede profili di governance altissimi per mantenere gli equilibri e la giusta direzione nel combinare interesse pubblico e privato nel rispetto delle norme ma favorendone altresì la fertile combinazione che sta alla base del modello landlord della portualità italiana.
Del resto, e magari oggi suona paradossale, è soprattutto in questo senso che la Presidenza di D’Agostino si è guadagnato i meriti di una condotta con alto profilo di grand commis con vivo e costante senso della responsabilità pubblica, assai raro nella portualità italiana, unita a una competenza strategica e manageriale degna del migliore industrialismo, quello che sa anche coniugare gli interessi del capitale con quelli del lavoro.
Tuttavia la legge c’è e c’era, direi abbastanza chiara nei suoi requisiti a un lettore comune come il sottoscritto, un qualunque cittadino diciamo, fatto salvo il diverso avviso di giuristi e avvocati. E allora perché invece di alzare polveroni di critica anche se motivata da sincera preoccupazione per le sorti di beni pubblici così rilevante come il porto di Trieste e la reputazione del suo Presidente, in cui si mette dentro di tutto, burocrazia, codice degli appalti, coacervo di leggi, protagonismo dei magistrati, agguati politici ecc., i nostri politici non corrono a cambiare la norma innanzitutto? Liberando i magistrati dall'obbligo di applicarla o di interpretarla?
È l’occasione per riflettere maggiormente sul senso della legge, che richiama il famoso detto sulla moglie di Cesare, che non importa se sia colpevole perché non deve essere neanche toccata dal sospetto.
Il legislatore in altre parole stabilisce un vallo di alcuni anni tra i diversi incarichi per escludere il fumus, a prescindere dall'arrosto. Tenuto conto peraltro che se è vero che gli atti restano validi almeno nel presente caso di D’Agostino da quanto il ministero avrebbe dichiarato, allora l’arrosto non ci sarebbe proprio.
Occorre allora giungere a una modifica legislativa che accordi la preoccupazione, la vigilanza, ma faccia salva la presunzione che ci può essere fumo anche senza arrosto. Visto che quando le nomine sono avvenute la legge era in vigore e nota a tutti, probabilmente invece che fare finta di niente e di glissare su un rischio giudiziario di tale portata, sarebbe valsa invece la pena di sollevare in via preventiva pubblicamente il caso.
Questo anche per il futuro, visto che si sta cercando di correre ai ripari del caso di D’Agostino ma non della legge.



1 commento:

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    Ecco la sua E-mail : combaluzierp443@gmail.com    






































































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