Riceviamo
da Riccardo degli Innocenti, esperto di politiche e mercato del
lavoro, il seguente contributo.
Dura
lex sed lex,
è il primo commento che viene da fare anche se con rammarico alla
sentenza dell’ANAC sulla presidenza di Zeno D’Agostino. Come del
resto a quella su Luigi Merlo, tanto per sgombrare subito il campo da
posizioni da derby sinistra-destra o pubblico-privato.
La
legge 39/2013 (Disposizioni in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e
presso gli enti privati in controllo pubblico) è la manifestazione
della preoccupazione dello Stato e quindi della società circa la
frizione di interessi in capo a persone che si alternino in ruoli
pubblici e privati.
Una
preoccupazione che possiamo assumere come realmente fondata e degna
quindi di motivazione. Sotto questo profilo la Presidenza di
un’Autorità di sistema portuale è uno dei campi per eccellenza in
cui si esercita questa frizione e che richiede profili di governance
altissimi per mantenere gli equilibri e la giusta direzione nel
combinare interesse pubblico e privato nel rispetto delle norme ma
favorendone altresì la fertile combinazione che sta alla base del
modello landlord
della portualità italiana.
Del
resto, e magari oggi suona paradossale, è soprattutto in questo
senso che la Presidenza di D’Agostino si è guadagnato i meriti di
una condotta con alto profilo di grand
commis
con vivo e costante senso della responsabilità pubblica, assai raro
nella portualità italiana, unita a una competenza strategica e
manageriale degna del migliore industrialismo, quello che sa anche
coniugare gli interessi del capitale con quelli del lavoro.
Tuttavia
la legge c’è e c’era, direi abbastanza chiara nei suoi requisiti
a un lettore comune come il sottoscritto, un qualunque cittadino
diciamo, fatto salvo il diverso avviso di giuristi e avvocati. E
allora perché invece di alzare polveroni di critica anche se
motivata da sincera preoccupazione per le sorti di beni pubblici così
rilevante come il porto di Trieste e la reputazione del suo
Presidente, in cui si mette dentro di tutto, burocrazia, codice degli
appalti, coacervo di leggi, protagonismo dei magistrati, agguati
politici ecc., i nostri politici non corrono a cambiare la norma
innanzitutto? Liberando i magistrati dall'obbligo di applicarla o
di interpretarla?
È
l’occasione per riflettere maggiormente sul senso della legge, che
richiama il famoso detto sulla moglie di Cesare, che non importa se
sia colpevole perché non deve essere neanche toccata dal sospetto.
Il
legislatore in altre parole stabilisce un vallo di alcuni anni tra i
diversi incarichi per escludere il fumus, a prescindere dall'arrosto.
Tenuto conto peraltro che se è vero che gli atti restano validi
almeno nel presente caso di D’Agostino da quanto il ministero
avrebbe dichiarato, allora l’arrosto non ci sarebbe proprio.
Occorre
allora giungere a una modifica legislativa che accordi la
preoccupazione, la vigilanza, ma faccia salva la presunzione che ci
può essere fumo anche senza arrosto. Visto che quando le nomine sono
avvenute la legge era in vigore e nota a tutti, probabilmente invece
che fare finta di niente e di glissare su un rischio giudiziario di
tale portata, sarebbe valsa invece la pena di sollevare in via
preventiva pubblicamente il caso.
Questo
anche per il futuro, visto che si sta cercando di correre ai ripari
del caso di D’Agostino ma non della legge.
A causa del COVID-19 ho perso tutto e grazie a dio ho ritrovato il mio sorriso ed è stato grazie al signore Pierre Michel, che ho ricevuto un prestito di 65000 EURO e due miei colleghi hanno anche ricevuto prestiti da quest'uomo senza alcuna difficoltà. È con il signore Pierre Michel, che la vita mi sorride di nuovo: è un uomo semplice e comprensivo.
RispondiEliminaEcco la sua E-mail : combaluzierp443@gmail.com
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