sabato 31 agosto 2019

IL CASO PATUANELLI

LA POLITICA AI TEMPI DEI SOCIAL

Sta diventando un caso quello del sen. Patuanelli del Movimento 5 stelle che si è guadagnato in campo politico la definizione di ottimo mediatore, una sorta di "negoziatore" delle serie poliziesche televisive.


Il quotidiano locale IL PICCOLO ha dedicato un profilo molto positivo sulle sue pagine del senatore triestino ma non è stato l'unico.





La pagina Facebook di Rinascita Triestina ha in ugual modo trattato bene il politico triestino che ormai vediamo nelle delegazioni ufficiali  impegnate nelle consultazioni per il governo Conte bis. 

Ma la particolarità sta nel fatto che lo stesso senatore Patuanelli ha messo il suo mi piace sull'articolo di Rinascita Triestina. Cominciamo quindi da questo pezzo:

NASCE IL GOVERNO CONTE 2: QUANTE PROBABILITA’ CI SONO CHE NON SIA UNA MERDACCIA?

Noi che siamo gente pratica utilizziamo una bussola molto semplice: gli interessi di Trieste e del Porto Franco Internazionale che è il suo cuore economico.

Le questioni ideologiche, di schieramento, di legittimità democratica, di trasformismo e ribaltoni e le altre amenità della strampalata politica italiana non sono di nostra competenza bensì dei cittadini dello Stivale.
Noi che siamo geograficamente, storicamente, economicamente e culturalmente oltre il bordo orientale di detto Stivale ci atteniamo alla valutazione dell’ operato delle persone che andranno a lavorare nei ministeri che ci riguardano più da vicino nel Governo italiano che di fatto amministra Trieste, volenti o nolenti.

Siamo disposti ad aprire una linea di credito qualora si confermino le previsioni che vedono il triestino Stefano Patuanelli Ministro delle Infrastrutture, cioè Porto e ferrovie, oppure dello Sviluppo Economico che è quello di cui ha bisogno Trieste.

Ci aspettiamo alcune semplici cose:

--- Che venga completato il regime di Porto Franco con l’ applicazione dell’ Allegato VIII al trattato di pace del ’47 rimuovendo gli ostacoli che ancora esistono.

--- Che venga integrato con una Zona Franca FISCALE che preveda una fiscalità di forte vantaggio per gli insediamenti produttivi e per chi ci lavora.

--- Che si prendano i provvedimenti necessari perché Trieste ritorni ad essere il porto che collega l’ Europa con l’ Oriente utilizzando le opportunità offerte dalla Nuova Via della Seta, dal recente raddoppio del Canale di Suez e dallo sviluppo del traffico ferroviario.
Cosa, secondo noi, geopoliticamente e geoeconomicamente ineluttabile ma che ha avversari potenti in grado di ritardarla.

--- Che si dia ampio spazio all’ autonomia amministrativa dei territori.

Su queste cose, basilari per stimolare lo sviluppo economico di Trieste necessario per ulteriori sviluppi politico/amministrativi, Stefano Patuanelli ha dimostrato attenzione e voglia di fare. Ultima dimostrazione l' impegno profuso per la riunione al ministero del 26/7 sulla vertenza dei portuali del CLPT per l' applicazione dell' Allegato VIII e la defiscalizzazione.

Non altrettanto si può dire del Partito Democratico che soprattutto nella sua componente locale, da Rossetti a Cosolini, ha dimostrato sempre ostilità alla tematiche del Porto Franco giudicato cosa “obsoleta e da nostalgici” concentrandosi invece sulla cretinata inconcludente della urbanizzazione turistica di Porto Vecchio anziché sullo strategico sviluppo del Porto Franco Internazionale e degli insediamenti produttivi collegati, industriali e di servizi, cui la vasta area di Porto Vecchio andrebbe destinata.

Certamente questo governo, che si preannuncia ligio alle direttive economiche e fiscali fondamentalmente recessive della UE, non farà uscire l’ Italia dallo stallo e da una depressione che avrebbe bisogno di politiche keynesiane di forti investimenti pubblici anche a deficit che Bruxelles aborre, impregnata com’è di neoliberismo e della sua versione tedesca detta ordoliberismo che usa l’ Euro e lo Spread come randelli.

E' possibile che Trieste, che comunque subisce negativamente le politiche economiche romane, si salvi con il rilancio del Porto e della Zona Franca e lo sfruttamento della posizione strategica per i traffici tra Oriente ed Occidente lasciando lo Stivale al suo declino, secondo noi inevitabile.

NOTA AGGIUNTIVA:

Stefano Patuanelli ha messo il suo "mi piace" su questo post sulla Pagina di Rinascita Triestina, trovando tempo in queste giornate frenetiche. Interpretiamo questo gesto come un impegno per Trieste e una disponibilità sui quattro punti sopra elencati. Nuovamente AUGURI.


Per concludere ecco il profilo/elogio che IL PICCOLO ha dedicato al senatore Patuanelli



TRIESTE. Prima i tentativi di ricucire con la Lega, poi la crisi di governo, infine la costruzione del nuovo asse giallorosso. Passa da qui l’ascesa di uno dei negoziatori più influenti del Movimento 5 stelle. E proprio l’aura da mediatore sospinge oggi Stefano Patuanelli verso il ministero delle Infrastrutture da dove, in caso di effettiva designazione, dovrà gestire il fronte più esplosivo del rapporto fra M5s e Pd.
Quello delle grandi opere è stato tasto dolentissimo nelle relazioni con la Lega e Patuanelli è stato vicino a sostituire Danilo Toninelli già nei mesi scorsi. I pentastellati decisero di salvare il ministro inventore del traforo del Brennero, ritenendo strategico mantenere Patuanelli capogruppo al Senato.
Lui aveva atteso in silenzio, definendo il collega «il miglior ministro delle Infrastrutture che questo Paese abbia mai avuto». Iperbolico.
La storia recente è nota: la rottura con la Lega esplosa proprio sulla Tav e i contatti col Pd passati spesso attraverso il senatore triestino. Fino al patto di governo, consolidato in quella riunione in cui Patuanelli occupava il capotavola di fronte all’ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.
Cabala, dirà qualcuno, ma di certo è che il grillino si è guadagnato la stima dei dem, che non paiono intenzionati ad alzare barricate sul suo nome. Pentastellato della prima ora e fidatissimo per Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, Patuanelli dovrebbe gestire mediazioni apparentemente impossibili su Tav, autostrade e Alitalia. Nodi su cui ha sempre seguito la linea ufficiale del Movimento, con i toni misurati che gli sono valsi numerose apparizioni in tv. Qualcuno potrebbe definirlo un democristiano 2.0, ma l’uomo sa anche farsi sentire, come quando ha spinto sull’acceleratore davanti ai tentennamenti leghisti rispetto al memorandum firmato con la Cina, di particolare rilievo per lo sviluppo del porto di Trieste. Un altro punto su cui il Pd ha espresso una posizione critica per l’approccio ritenuto troppo arrendevole. All’ipotetico ministro serviranno insomma nervi saldi per gestire i punti di vista opposti degli alleati per forza. A cominciare dall’alta velocità ferroviaria, che ai tempi del Consiglio comunale Patuanelli definiva «opera obsoleta e antistorica, inutile per il porto e il territorio ». Annunciando molti anni dopo il voto contrario in Senato, ha invitato i gialloverdi a lasciare che «sia il Pd a regalare soldi a Macron». Nessun chiarimento però sulla forma da dare a quel «buonsenso» sulla Tav invocato nei giorni precedenti per salvare il governo. Per Patuanelli, «la più grande opera per il Paese è manutenere le infrastrutture esistenti e rinunciare a quelle inutili. Gli italiani meritano più treni pendolari, ponti sicuri, un Sud con trasporti degni di un Paese civile ». Piccolo manifesto di chi parla richiamandosi alla «scienza dei trasporti», spiegando che «i trasferimenti  modali non si fanno solo con le infrastrutture: nel mio porto è bastato lavorare sulla manovra per raddoppiare i traffici». Se diventerà ministro, Trieste potrà contare su un occhio benevolo per lo sviluppo dello scalo. Il rapporto col presidente Zeno D’Agostino è ottimo, comune l’idea di sviluppo basata sulla ferrovia. Per la logistica passa anche la dismissione dell’area a caldo della Ferriera: bandiera grillina, mentre i dem hanno sempre difeso il rilancio trovato attraverso il Gruppo Arvedi. La stessa differenza di visione che c’è oggi sull’Ilva di Taranto, ma questa per fortuna di Patuanelli è materia materia d’altri ministeri.
Ce n’è abbastanza per vedere la strada in salita, ma il senatore è uno capace di motivare come se niente fosse clamorose marce indietro rispetto alle posizioni storiche del Movimento. Come sulla Tap, su cui gli stellati hanno dovuto cedere per non pagare penali miliardarie: «Abbiamo dato troppa enfasi in campagna elettorale. Ci scusiamo per l’eccesso di ottimismo sulla possibilità del governo di incidere su un trattato internazionale». C’è da giurare che non sarà così facile su altre partite, a cominciare dalle concessioni autostradali. Sul caso Genova, Patuanelli è sempre stato lapidario: «Negli ultimi 13 anni, Atlantia ha messo a segno ricavi per 57 miliardi. La manutenzione del ponte Morandi era la priorità. Atlantia non potrà che pagare, anche con la revoca della concessione ». Ma ieri le parole si sono già ammorbidite: «Per noi il crollo del ponte Morandi deve portare a una revoca, poi il presidente del Consiglio farà una mediazione». La stessa che si cercherà sull’ingresso dei Benetton in Alitalia, perché «Autostrade non c’entra nulla con la gestione della nostra compagnia di bandiera», dice il ministro in pectore. —  Diego D'Amelio

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