Lo facciamo per tre buoni motivi:
a) perchè Marcucci parla all'inizio del suo intervento del rapporto tra i media e la logistica; e a noi questo argomento interessa molto
b) perchè ci interessa quello che Marcucci pensa del momento che stiamo osservando
c) perchè parla di Trieste e il suo nome era tra quelli indicati come possibile presidente dell'autorità portuale di Trieste
Nereo
Marcucci, presidente nazionale Confetra e oggi – dopo molteplici esperienze
iniziate dalla prima presidenza della prima Port Authority italiana –
considerato tra i maggiori esperti di logistica, ci ha esposto in questo suo
scritto le sue considerazioni su alcuni dei temi più attuali – con la consueta
e riconosciuta capacità di analisi – dalla Silk&Road Initiative alla BER sollecitata
dalle Alleances. Ecco la sua nota.
ROMA
– Un tema come la logistica, ritenuto poco idoneo e poco interessante alla
comunicazione semplificata, riempie gli spazi dei media generalisti.
Perché
in Gran Bretagna si accumulano scorte di medicinali e di pezzi di ricambio in
previsione dei colli di bottiglia conseguenti ad una Brexit “no deal”?
L’industria
delle industrie, la pipeline dalla efficienza della quale dipendono
approvigionamenti e qualità della vita è entrata di prepotenza nel nostro
quotidiano.
Il
tema è diventato ancora più caldo a causa della “Via della Seta” e delle
conseguenti implicazioni politiche soprattutto a proposito delle “vie della
seta immateriali, digitali, 5G, datacenter, ecc”.
Nelle
città portuali si è diffuso soprattutto il timore di essere esclusi da
opportunità e benefici come se Italia e Cina avessero deciso che le merci
originate dai e destinate ai due Paesi dovessero utilizzare solo e soltanto i
cd. porti ascellari di Genova e Trieste, porte d’ingresso in Europa ed oltre,
un mercato da 500 milioni di consumatori.
Forse
si sta sottovalutando il fatto che le “vie della seta” comprendono piattaforme
di produzione, assemblaggio e distribuzione in Asia sudorientale e centrale, in
Medio oriente ed in Africa difficilmente riconducibili ad una logistica di
origine/destinazione solo “ascellare”.
Un
quadro in evoluzione (e secondo alcuni osservatori destinato ad essere
ridimensionato visto il rallentamento dell’economia cinese) che rende difficile
stabilire quali porti siano esclusi dalle eventuali nuove correnti di traffico
che fossero generate da/verso l’Europa dal network di piattaforme produttive e
logistiche che la Belt and Road Initiative sta realizzando/promuovendo in
decine di Paesi sia nella versione marittima che in quella ferroviaria.
Genova
e Trieste sono ovviamente in pole position per ragioni storiche; Trieste è da
sempre la porta di accesso all’ex Impero austro ungarico ed il suo presidente
D’Agostino è stato capace di riportarlo oltre gli antichi fasti; Genova con il terzo
Valico giocherà appieno il suo ruolo.
Dal
porto di Palermo è partito nei giorni scorsi il primo container di arance rosse
destinato ai mercati cinesi. Una dimostrazione solo apparentemente marginale
del fatto che la Silk Road è un nastro trasportatore virtuale che dobbiamo
saper usare nei due sensi di marcia…da/verso il network planetario in
costruzione come ha fatto il Porto di Venezia con quello del Pireo.
Mi
permetto di segnalare che però la situazione di contesto è più complessa e
riguarda il controllo di gran parte della logistica planetaria del trasporto di
merci unitizzate.
Le
tre grandi alleanze del trasporto contenitori chiedono alla Commissione Europea
la proroga di quella Consortia Block Exemption Regulation (deroga alla
normativa antitrust comunitaria) i cui effetti spirerebbero nel 2020. L’analisi
di un Organismo internazionale come ITD/OECD (The impact of Alliances in
Container shipping) dimostra che la deroga ha aiutato la concentrazione di
quelle che erano le numerose compagnie di trasporto contenitori ma ha
determinato una minore varietà di servizi marittimi ed ha peggiorato l’offerta
ai caricatori. Tutte le Rappresentanze Europee dei diversi attori della supply
chain si sono espresse contro la proroga ritenendo che le alliances,
attuerebbero ulteriori concentrazioni di mercato verticale sviluppandosi nei
segmenti di attività contigui a quelli liner. In questi giorni l’OECD ha
fornito una serie di dati utili alla valutazione che dovrà effettuare la
Commissione.
Terzo
giocatore fondamentale gli Stati Uniti di Donald Trump poco coinvolti nel
trasporto contenitori ma molto nel programma di reshoring (ritorno a casa)
dell’industria manifatturiera, esattamente agli antipodi del programma cinese.
Quarto
ed ultimo player l’Europa che in questi giorni sottolinea il principio di
reciprocità come cardine di qualunque intesa commerciale e di investimento con
la Cina: il che francamente mi pare il minimo sindacale per avere alcune
opportunità. Sarebbe auspicabile che l’Europa intervenisse al più presto ed in
modo appropriato anche sulla BER (block exemption regulation) buttando via
l’acqua sporca senza buttare anche il bambino tenendo di conto dei suggerimenti degli
operatori europei della supply chain e delle osservazione dell’OECD.
La
politica europea e nazionale non credo debba dividersi tra guelfi e ghibellini
cioè tra chi ritiene di rinnovare le deroghe alla normativa sulla concorrenza
sostenendo le grandi alleanze sottovalutandone le conseguenze
anticoncorrenziali e chi vorrebbe lasciare briglia sciolte alla Cina in nome
dell’aumento esponenziale (!!) dei traffici ed in qualche caso degli
investimenti.
Senza
pregiudizi ma stringere i bulloni della Golden Power confermando che lo Stato
deve potersi opporre alla cessione di asset strategici, porre limiti agli
oligopoli riequilibrando lo strapotere delle grandi alleanze, rispettare la
normativa comunitaria e nazionale sugli appalti, declinare appropriatamente la
reciprocità per ciò che sappiamo fare bene o benissimo, esportare i principi
sul copyright possono rappresentare le linee guida di una nuova fase negli
scambi internazionali.
Nereo
Marcucci
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