Autoproduzione e “riserva” del lavoro dal Tar
siciliano un’apertura a rischio
ROMA – È storia del passato, che ritorna
però a cicli carsici: ovvero la richiesta degli armatori di svolgere lavori di
imbarco e sbarco con il proprio personale e la difesa delle compagnie portuali
sulla “riserva. Chi dimentica i tempi del ministro Prandini, le serrate nei
porti, i cortei con tanto di bara portata a spalla? Adesso il passato torna in
Sicilia: o con il timore dei sindacati, partendo dalla Sicilia.
– “La sentenza emessa dal Tar della Sicilia può essere
interpretata come un via libera all’autoproduzione” ha dichiarato nei giorni
scorsi Maurizio Diamante, Segretario nazionale della Fit-Cisl, in merito alla
sentenza numero 875/2019 del Tar siciliano.
“Autoproduzione significa non far fare ai portuali lavori per
cui solo loro sono qualificati – prosegue in un suo appello Diamante –
autoproduzione per gli armatori significa risparmiare, e questo potrebbe
mettere a rischio la sicurezza. Ritorna dunque il tema della sicurezza, che
ancora troppi datori di lavoro vedono come un mero costo anziché come un investimento,
finché non capita la tragedia di turno e allora si cerca di correre ai ripari,
ma sempre troppo tardi”.
La legge 84/94 che regola il settore della portualità- ricorda
Diamante- è ancora oggi il riferimento principale e sancisce chiaramente i ruoli
e le responsabilità in materia di sicurezza, a tutela di tutte le parti
coinvolte. Numerose sentenze hanno confermato questa linea normativa, per cui
auspichiamo che i prossimi gradi di giudizio procedano in modo inequivocabile
lungo questo solco, fermo restando che non escludiamo di protestare ancora per
difendere il lavoro dei portuali”.
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