DELIMITAZIONE
TERRITORIALE DEI PUNTI FRANCHI DEL PORTO DI TRIESTE
Il punto “franco” della situazione
Negli ultimi tempi, sembra di
vivere in un contesto che, almeno per quanto si possa ricordare, appare
completamente inedito. Il Porto di Trieste ha ripreso a macinare numeri
importanti, finalmente si può dare ed avere lavoro, si pianificano (e
realizzano!) investimenti infrastrutturali e, di pari passo, anche le varie
espressioni amministrative dello Stato italiano, con i propri limiti ma
altrettanti meriti, sono propense ad assecondare e supportare tali positivi
sviluppi.
Ridondante ricordare l’epocale
legislazione interministeriale sull’amministrazione dei punti franchi e il
disciplinare di servizio per farli funzionare cui si è arrivati attraverso
l’impegno congiunto - rarità in quel di Trieste - di tutta la comunità portuale
e dell’Agenzia delle Dogane. Ma non dilunghiamoci troppo.
Il punto che vuole fare questo contributo è inteso come sprone a
mantenere l’entusiasmo tangibile che si respira nei paraggi di Trieste, e che
si sta man mano estendendo anche fuori dalla città: Fernetti, Monfalcone, Bagnoli,
Cervignano...e non sembra ci sia alcuna intenzione di porre limiti a ulteriori passi.
Fin qui tutto bene, viene da dire.
Chi potrebbe mai, salvo sparuti pasdaran di vere (o presunte) identità con
particolari doti di arrampicata (di campanile), opporsi alla condivisione di
lavoro e sviluppo?
In tutto questo lavorare,
tuttavia, potrebbe essere utile tenere alcuni punti fermi per procedere con le idee chiare e senza perdere tempo
prezioso in discussioni illusorie o fuorvianti. Il contesto storico ed
economico non ce lo perdonerebbe e ne pagheremmo tutti lo scotto.
Mi riferisco
ai punti franchi del Porto di Trieste. Troppo spesso la stampa ne parla,
positivamente certo, ma a volte in maniera impropria. Si va dalla convinzione
che il nostro Porto sia “tornato” ad essere “franco” nel 2017 grazie al sopra
citato decreto interministeriale, fino all’assunzione che non vi si paghino le
tasse. Evidentemente non è ben chiaro il contesto storico e normativo del
regime di Porto franco internazionale di Trieste, cosa su cui si potrebbe anche
soprassedere data la particolarità – o meglio, unicità - della disciplina. Tratto che invece risulta meno
comprensibile è la mancanza di approfondimento sulla differenza tra imposizione
“fiscale” ed imposizione “daziaria”. Il Porto franco internazionale di Trieste
gode del beneficio dell’extraterritorialità doganale, dunque le c.d. “tasse”
(IRES, IRAP, IRPEF) vi si pagano né più né meno che nel resto del nostro Paese.
Benché su tale aspetto ci sia da discutere, in primis sull’IMU, non è in questa
sede che vogliamo approfondire tale questione.
Il punto che qui si vuole fare riguarda l’ubicazione territoriale dei
punti franchi. Come detto, l’intento è chiarificatore, non contestativo né tantomeno
rivendicativo di alcunché. Attenendosi al dato normativo, il contesto giuridico
dei punti franchi afferisce al diritto pubblico internazionale. Parliamo del
celeberrimo Allegato VIII al Trattato di pace di Parigi, firmato nel lontano
1947. E cosa prevede tale Trattato, che vincola l’Italia di fronte alla
comunità internazionale ad avere un Porto franco internazionale a Trieste? Per
chiarezza, la cosa migliore è riportare per intero le parti fondamentali del
Trattato per quanto interessa in questa sede.
Trattato
di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10
febbraio 1947
Allegato VIII - Strumento relativo al Porto Franco di Trieste
Allegato VIII - Strumento relativo al Porto Franco di Trieste
Articolo 1
1. Per assicurare che il porto ed i mezzi di transito
di Trieste possano essere utilizzati in condizioni di eguaglianza da tutto il
commercio internazionale e dalla Jugoslavia, l'Italia e gli Stati dell'Europa
Centrale, secondo le consuetudini vigenti negli altri porti franchi nel mondo:
a) sarà creato nel Territorio Libero di Trieste un
porto franco doganale, entro i limiti
fissati o previsti dall'articolo 3 del presente Strumento;
b) le merci in transito per il Porto Franco di Trieste
godranno libertà di transito, ai sensi dell'articolo 16 del presente Strumento.
2. Il regime
internazionale del Porto Franco sarà regolato dalle disposizioni del presente
Strumento.
Articolo 3
1. La zona
del Porto Franco comprenderà il territorio e gli impianti delle zone franche
del Porto di Trieste, entro i loro confini del 1939.
2. La creazione di zone speciali nel Porto Franco
sotto la giurisdizione esclusiva di uno Stato qualunque è incompatibile con la
figura del Territorio Libero e del Porto Franco.
3. Allo scopo tuttavia di soddisfare le speciali
esigenze della navigazione jugoslava e italiana nel mare Adriatico, il
Direttore del Porto Franco, a richiesta del Governo jugoslavo o di quello
italiano, e su conforme parere della Commissione Internazionale prevista al
successivo articolo 21, potrà riservare a favore delle navi mercantili battenti
bandiera di uno o dell'altro dei due Stati, l'uso esclusivo di punti d'ormeggio
in determinate parti della zona del Porto Franco.
4. Nel caso
in cui sia necessario di allargare l'area del Porto Franco, ciò potrà farsi su
proposta del Direttore del Porto Franco, con decisione del Consiglio di Governo
e con l'approvazione dell'Assemblea popolare.
Memorandum
of Understanding firmato a Londra nel 1954
5. Il Governo italiano si impegna a mantenere
il porto franco a Trieste in armonia con le disposizioni degli artt. da 1 a 20
dell’Allegato VIII del Trattato di Pace con l’Italia.
Legge 14 marzo 1977, n.73
Ratifica ed esecuzione del trattato
tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia,
con allegati, nonché dell'accordo tra le stesse Parti, con allegati, dell'atto
finale e dello scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975
Articolo 7
Alla data
dell'entrata in vigore del presente Trattato, il Memorandum d'Intesa di Londra
del 5 ottobre 1954 e i suoi allegati cessano di avere effetto nelle relazioni tra la Repubblica Italiana
e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.
Nel 1939 i punti franchi erano
ubicati, e lo sono tutt’ora, nel territorio della ex Provincia di Trieste, oggi
UTI Giuliana. In base al combinato disposto delle norme sopra riportate, ed in
particolare dei commi 1° e 4° dell’Articolo 3 dell’Allegato VIII, emerge chiaramente
come essi non possano trovare collocazione, né per loro eventuale estensione né
per loro spostamento, al di fuori di detto territorio. Infine, va precisato che
la dicitura “confini del 1939” è legata alla situazione dell’epoca, e che
future o futuribili modifiche dell’assetto istituzionale territoriale non
avrebbero alcuna rilevanza sulla possibile ubicazione dei punti franchi del
Porto di Trieste, dal momento che la disciplina pattizia internazionale
cristallizza la loro collocazione territoriale allo stato di fatto dell’epoca
in cui il Trattato è stato sottoscritto. Il testo del Trattato è volutamente tanto
conciso quanto chiaro: è solo ed esclusivamente entro i limiti territoriali del
1939 che i suddetti punti franchi possono essere “allargati” ai sensi del comma
4.
Un ultimo accenno ai Trattati del
1954 e del 1975. Il primo si limita a rinviare all’Allegato VIII per quanto
attiene la disciplina del Porto franco internazionale di Trieste. Il secondo dispone
che, alla sua entrata in vigore, cessino di avere effetto le disposizioni del
precedente Trattato del 1954, precisando che tali effetti riguardano le disposizioni
del medesimo inerenti i rapporti tra la Repubblica Italiana e la Repubblica
Socialista Federativa di Jugoslavia. Rimangono intatte le disposizioni del Trattato
di Pace siglato a Parigi nel 1947, il quale disciplina non già i rapporti
bilaterali tra i due Stati, bensì gli obblighi dell’Italia nei confronti di
tutti gli Stati vincitori del secondo conflitto mondiale; tra questi, quello di
mantenere il Porto franco internazionale di Trieste in osservanza delle
modalità stabilite dall’Allegato VIII.
Questo è, in totale franchezza, il punto della situazione.
Cordialmente,
Franco
FAQTRIESTE : Ringraziamo Franco per l'intervento, collabora con il blog da tempo. Buon lavoro.
Fisco-Dazi. Fondamentalmente si interviene suila riduzione dei dazi, sulla proroga dei tempi di corresponsione della imposte e sulla semplificazione di procedure interne e doganali.
RispondiEliminaQuanto è esteso il porto? Mi piacerebbe che l'intera Regione fosse un ecosistema produttivo e logistici. E tutte le imprese che utilizzano i porti (Trieste, Monfalcone) avessereo le condizioni di favore Fisco-Dazi.Se, in prospettiva di medio periodo, tutti e 5 gli Interporti fossero soggetti ad ua'unica governance (con il trascinare qualche zona industriale) penso che la questione del regime franco diventerebbe assai interessante.