Maneschi senza rete: il male oscuro dei Teu
25 agosto 2018
TRIESTE
– «Le nuove dimensioni di Italia Marittima sono necessarie per consentire alla
compagnia di affrontare la durissima crisi dello shipping internazionale, una
crisi che da anni schiaccia i noli e si fa pesantemente sentire sui bilanci
aziendali».
Comincia
così la significativa intervista di Pierluigi Maneschi su “Il piccolo” di
Trieste, opportunamente rilanciata nei giorni scorsi dal sito web FAQ Trieste
che lamenta il poco rilievo dato dal cluster italiano alle considerazioni dello
storico manager livornese.
«Anche
la prima semestrale del 2018 – continua l’intervista di Maneschi – conferma
questo trend di grande fatica, nessun gruppo armatoriale guadagna». Pierluigi
Maneschi, da quarant’anni agente del colosso taiwanese Evergreen in Italia e da
venti presidente dell’ex Lloyd Triestino ora Italia Marittima, spiega
l’energica cura dimagrante che nel quinquennio 2014-18 ha portato alla
ristrutturazione della compagnia, che ha sede nel Palazzo della marineria di
Trieste.
Le
cifre, indicate da Maneschi, sono eloquenti: nell’arco temporale interessato il
personale amministrativo di Italia Marittima è sceso da circa 180 a 130
dipendenti, avendo così perso circa un quarto dell’organico. Oggi la flotta,
che dieci anni fa schierava una quarantina di full container lungo le rotte
da/per l’Estremo Oriente, naviga con 27 navi: 9 unità oceaniche di proprietà
battenti bandiera italiana; 7 oceaniche noleggiate; 11 di portata minore,
noleggiate, battenti bandiera maltese e operanti nel contesto mediterraneo. La
logica è quella seguita un po’ in tutto il mondo dello shipping: «Meno navi
nostre – argomenta Maneschi – e accordi intensificati con altre compagnie». Più
Mediterraneo e meno Asia.
Negli
ultimi esercizi Italia Marittima, che fattura circa un miliardo di dollari, ha
perso – ha detto ancora Maneschi – una media di 50 milioni di dollari all’anno.
La ristrutturazione si è rivelata indispensabile per salvaguardare l’esistenza
della compagnia. Italia Marittima è una delle quattro società di navigazione su
cui si impernia Evergreen, le altre tre sono: Taiwan, United Kingdom,
Singapore.
La
ristrutturazione ha consentito alla compagnia di prendere un po’ di ossigeno,
ma Maneschi continua a non essere ottimista sul quadro generale del settore.
Perché le difficoltà strutturali non sono cambiate, rimandano sempre alla
sovracapacità produttiva e alla conseguente sovracapacità commerciale: troppe
le navi costruite, troppo grandi le dimensioni, il “gigantismo” non ha giovato
allo shipping.
La
concorrenza è spietata e il dumping tariffario fa male ai noli.
A
questo si aggiunge una certa insipienza nostrana: «Troppa burocrazia –
sottolinea Maneschi – non è conveniente tenere le navi sotto la bandiera
italiana. Non abbiamo neanche un ministero dedicato al mare, con cui
confrontarsi. E realtà come Malta, più agili, sono le nostre più temibili
competitrici».
Koper-Divaccia le priorità e i
posteri
25 agosto 2018
TRIESTE – Ma davvero
tutti i grandi progetti logistici di cui si parla – e si scrive – in Europa
sono un “regalo per le generazioni future”?
Seguendo il blog FAQ
Trieste, cui non manca una sana Vis polemica, abbiamo letto un commento gustoso
che fa le bucce al Meditelegraph dell’11 agosto scorso sul progetto del
raddoppio della ferrovia Koper-Divaccia. Progetto definito “ambizioso che
richiederà diversi anni per essere portato a compimento”. E che una volta
terminati i lavori, “incrementerà il flusso di merci in entrata e in uscita dal
Paese e il numero di scambi lungo le direttrici europee. Spesso si tende a non
comprendere l’utilità delle grandi opere e a sotto-stimarne i benefici a causa
del nostro orizzonte temporale limitato. La realizzazione di queste opere e i
relativi ritorni – scrive ancora Meditelegraph – travalicano l’orizzonte
temporale del lungo periodo e quindi abbiamo difficoltà a coglierne la portata:
questi sono più che altro regali che si fanno oggi per le generazioni future”.
Il commento di FAQ
Trieste è caustico: e anche mettendo in conto il fatto che quella linea
ferroviaria tende a far concorrenza al porto triestino, non si può non
considerare che il progetto comporta una serie di viadotti e di trafori che se
pagati dall’UE – cioè da tutti noi – alla fin dei conti interesserebbero solo
un quarantina di chilometri, per dare una velocità maggiore (ma quanto conta su
tratte così brevi?) ai treni-blocco dei Teu. Con tutto quello che c’è da
realizzare (e da ricostruire: vedi il ponte di Genova) in Italia e in Europa,
davvero il raddoppio della Koper-Divaccia è prioritario?
Non sono d'accordo nel costruire una linea dedicata al solo porto di Koper e ragion di più con i soldi europei. L'Europa deve privilegiare finanziamenti che prevedano una sinergia e una rete comune con i paesi vicini, quindi nel nostro caso con il porto di Trieste.
RispondiElimina