PORTO DI TRIESTE, EMISSIONI
DELLE NAVI SOTTO
CONTROLLO. ALLO STUDIO IL “COLD IRONING” PER
PREVENIRE
SFORAMENTI IN CASO DI AUMENTO DEL
TRAFFICO
Non ci sono, allo stato
attuale, motivi di preoccupazione per le emissioni in atmosfera da parte delle
navi che ogni anno scalano il Porto di Trieste, ma gli Enti preposti stanno già
studiando il “cold ironing” come soluzione nel caso in cui gli aumenti di
traffico dovessero portare ad un significativo aumento delle emissioni.
E' questo quanto emerso ieri
sera dalla conviviale organizzata dal Propeller Club di Trieste con la partecipazione
di esperti del settore, chiamati ad esprimersi sulla situazione
dell'inquinamento atmosferico locale ipoteticamente dovuta al traffico navale,
ma soprattutto sull'elettrificazione delle banchine come possibile soluzione al
problema.
Il professor Giorgio
Sulligoi, del Dipartimento di Ingegneria dell'Università di Trieste, ha
introdotto l'argomento spiegando come l'ateneo triestino si stia da tempo
occupando delle ipotesi di elettrificazione delle banchine, addirittura con un
gruppo di lavoro che ha coinvolto accademici dei vari Dipartimenti.
Sulligoi ha
confermato che esiste già un'ipotesi d’intervento, a fronte di un impatto che
le navi in banchina possono avere sull'atmosfera circostante, citando anche il problema
del rumore tra le criticità che si potrebbe essere chiamati a risolvere.
All'ingegner Massimo
Carratù, direttore Energia Elettrica di Acegas Aps Amga (società del Gruppo Hera
che gestisce la fornitura sul territorio), è toccato invece attrarre
l'attenzione sulla realizzazione di progetti definiti fattibili, ma non
semplici da realizzare. Studiando un ipotetico case history per la fornitura di
elettricità ad un terminal crociere nel Porto Vecchio di Trieste (dove esiste,
in effetti, l'ipotesi che MSC possa dare vita ad un hub a servizio delle rotte
in Adriatico), Carratù ha fatto un'ipotesi di costo (attorno ai 2 milioni di
euro), accennando alle difficoltà di gestire grossi flussi di energia.
Ma qual è la situazione
rispetto all'inquinamento atmosferico provocato dalle navi che ormeggiano nel
Porto di Trieste?
Sia Carratù che Sulligoi hanno citato nelle loro relazioni
uno studio dell'Arpa Fvg (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente)
che attribuisce alle navi una percentuale di circa il 20% dell'inquinamento
complessivo dell'area urbana di Trieste.
Ma la situazione è un po' più
articolata, come spiegato da Pierluigi Barbieri, professore di Chimica
Ambientale all'Università di Trieste e membro del Comitato scientifico di Arpa
FVG.
«Nella zona di Trieste gli inquinanti relativi alle emissioni navali sono
vicini al limite inferiore di misura (al di sotto del quale la presenza è
troppo bassa per essere rilevata, ndr) per le stazioni di rilevamento. Quindi,
al momento, nessuna preoccupazione.
Non è un dato misurato, è un dato stimato –
ha spiegato il professor Barbieri - quello riportato dall’Arpa. Una stima che
ha portato a valutare tra il 20% e il 30% l’apporto di inquinamento riferito
alle attività del Porto». Poiché si auspica un incremento dell’attività, ha
concluso Barbieri, è ragionevole definire alcuni scenari, con particolare
attenzione a nuovi insediamenti residenziali in prossimità di attività
industriali intense, ritenendo comunque il “Cold ironing” come un’opzione
importante.
A chiudere gli interventi
l'ingegner Silvio Casini di Fincantieri Sistemi integrati e Alessandro de Pol, presidente
dell'Associazione Agenti Marittimi del Friuli Venezia Giulia. Il primo ha fatto
il punto sulle normative IMO per la riduzione delle emissioni navali e sulla
necessità, per le navi da crociera, di impianti specifici per potere utilizzare
energia elettrica di banchina. Alessandro de Pol ha invece citato alcuni flop
dei progetti di “Cold ironing” già disponibili ma non utilizzati, auspicando
come soluzione – di una situazione che al momento non appare critica - un Piano
nazionale teso ad evitare singoli progetti e i rischi di «... spreco di
denaro».
«Con la soluzione del “Cold
ironing” - ha commentato in chiusura Fabrizio Zerbini, Presidente del Propeller
Trieste – si tratta comunque di produrre altra energia.
Attenzione, quindi, a
non spostare solamente il problema. Va certamente tenuto conto della vivibilità
e della salubrità dei cittadini, ma vanno favoriti anche i traffici portuali
che creano importanti ricadute economiche ed occupazionali sul territorio e
ritengo che il “Cold ironing” sia da approfondire come ipotesi e da valutare congiuntamente
ad ipotesi alternative di alimentazione per le navi”.
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