Lettera aperta a Paolo Rumiz
Caro Paolo,
come sai ho sempre condiviso il tuo desiderio di vedere nuovamente Trieste città internazionale.
Riconnettere Trieste a livello globale è il compito principale di questa fase storica per permettere alla nostra città di superare il trauma di "cent' anni di solitudine" e isolamento dal suo entroterra naturale mitteleuropeo
Leggendo sia il tuo articolo su Repubblica, che ha dato il via ad altri articoli sulla stampa nazionale, sia il tuo intervento sul Piccolo (vedi sotto), ho notato che viene attribuito alla sdemanializzazione / urbanizzazione di Porto Vecchio un ruolo assolutamente centrale e di preminenza in questo processo di nuova internazionalizzazione e sprovincializzazione che in tanti auspichiamo.
E', però, veramente drammatico quanto sostenuto dall' articolo successivo al tuo di Morelli sul Piccolo: a tre anni e quattro mesi dall' emendamento Russo su "sdemanializzazione" ed eliminazione del Punto Franco da Porto Vecchio, e malgrado il sostanziale accordo di CentroSinistra e CentroDestra, sono al punto di partenza, senza alcuna idea di fondo su cosa fare per urbanizzare quell' area.
Va veramente letto questo articolo su quali sono i risultati di oltre tre anni di annunci e illusioni: uno spezzatino di niente e idee totalmente confuse(vedi in fondo).
Pensavo che ad insinuare seri dubbi sulla bontà e praticabilità dell' urbanizzazione di Porto Vecchio fossero sufficienti i tre anni e quattro mesi trascorsi dall' emendamento Russo sulla "sdemanializzazione" senza nessuna realizzazione concreta o progetto credibile (è ancora in alto mare perfino l' acquisizione degli immobili nel patrimonio disponibile del Comune mentre l' ESOF 2020 non c' entra nulla con la "sdemanializzazione") quando, al contrario, l' uso produttivo del Punto Franco di Porto Vecchio ha avuto concrete realizzazioni con la Saipem e la Seleco(clicca QUI).
Ma vedo che si insiste, forse per inerzia e purtroppo anche da parte tua, su questa strada che i fatti dimostrano non portare da nessuna parte.
Quella dell' urbanizzazione, soprattutto in chiave turistica, di porzioni di aree portuali dismesse è stata una pratica realizzata nel secolo scorso, con abbondanza di soldi pubblici che non ci sono più e in condizioni di mercato ormai distrutte dalla crisi decennale, solamente in alcune grandi città affluenti e in crescita dotate di una solida e ampia base economica e, in ogni caso, per aree assai più piccole, prive peraltro di collegamenti ferroviari e di Punti Franchi preesistenti.
Da Marsiglia a Barcellona, da Aburgo a Genova (con le Colombiadi) le aree coinvolte erano assai più piccole di Porto Vecchio e sempre sono stati usati fiumi di soldi pubblici ormai prosciugati.
A Marsiglia sono persino intervenute la magistratura e la Corte dei Conti per i costi sproporzionati del suo Porto Vecchio.
Si tratta di idee e progetti del passato per cui non ci sono più le condizioni economiche e di mercato.
Trieste al contrario è una città ormai di soli 200.000 abitanti in forte calo demografico e con strutture urbane sufficienti per 350.000 abitanti, 20.000 appartamenti vuoti, negozi e commercio locale in forte crisi e con una base economica instabile e depressa.
L' urbanizzazione di un' area così vasta come Porto Vecchio, con un milione di metri cubi di costruzioni, compresi esercizi commerciali ed abitazioni, creerebbe squilibri pesantissimi e spostamenti drammatici del baricentro urbano.
Nessuno sente l' esigenza di un nuovo centro o di un nuovo rione, come è stato annunciato trionfalmente, o di ulteriori centri ed esercizi commerciali.
Se si pensa a farne un' attrazione autosufficiente economicamente, con molte centinaia di migliaia di turisti/anno per ammortizzare i costi, ci si illude solamente perchè non si conosce quel mercato dove conta più un acquasplash di un museo: non siamo Venezia e, per fortuna, nemmeno Pompei.
E nemmeno Lignano o Cortina che possono vivere di turismo.
E non si può dire che vecchi magazzini o musei siano un' attrattiva travolgente tale da spostare masse di persone.
E poi come ci arriverebbero ? Per Viale Miramare e le Rive?
Non c'è tornaconto economico ad investire onestamente nell' urbanizzazione di Porto Vecchio: i costi di infrastrutturazione primaria di un' area priva anche di fognature sono enormi, il "vincolo architettonico" esteso anche a molti interni porta i costi alle stelle senza ragionevoli previsioni di rientro grazie al flusso turistico.
Proprio come sarebbe per il Parco del Mare con Aquario i cui promotori sovrastimano pesantemente le potenzialità economiche e di attrazione.
Non dimentichiamo i deficit cronici di Porto Antico di Genova con annesso Acquario e il deficit primario persino dell' Expo' di Milano...
Chi caccerà i denari per i grandi progetti che auspichi?
Il Comune non ha i soldi nemmeno per la normale manutenzione del sito sempre più degradato (sono crollate da oltre un anno le volte del torrente Chiave e c'è una fogna a cielo aperto che nessuno ripara) e i privati non li regalano senza un tornaconto certo che non è ragionevolmente ipotizzabile in questo caso, se in assenza di pesante speculazione edilizia o traffici poco chiari.
I 50 milioni promessi due anni fa dal Ministero della Cultura sono una goccia nel mare (Russo parla sempre di 5 miliardi di investimenti) e non sono ancora arrivati.
Sappiamo tutti che quella di Dipiazza che passa tutti i giorni da due anni a ricevere investitori entusiasti e golosi è una storiella ovvero "invenzione giornalistica": non c'è un solo nome cui attribuire impegni concreti.
Si è voluto togliere, con l' emendamento Russo, il Punto Franco perchè in un ottica turistica sarebbe di ostacolo al passaggio delle persone: tuttavia nella porzione costiera rimasta, grazie solo alla lungimiranza dell' Autorità Portuale mentre volevano toglierlo del tutto, si sta dimostrando indispensabile per l' insediamento e lo sviluppo di un' impresa ad alta tecnologia come la Saipem e dovrà essere riesteso per comprendere l' edificio ormai comunale destinato alla Seleco (e la sdemanialiazizzazione con la ancora rimandata acquisizione nel patrimonio comunale crea problemi).
E nel convegno del 26 marzo in Regione sulle Nuove Vie della Seta si è sentita proporre la riestensione del Punto Franco su aree ed edifici di Porto Vecchio da adibire a centri direzionali e magazzini di imprese orientali: un po' riecheggiando il Centro Finanziario Off-Shore degli anni '90 purtroppo abortito anche per responsabilità di cricche locali che finalmente stanno tirando politicamente le cuoia.
Due anni fa è stato scritto su questo blog l' articolo "La verità su Porto Vecchio produttivo"(clicca QUI): è tuttora valido e sono convinto che la vicenda di Porto Vecchio non potrà concludersi che con la riestensione del Punto Franco ad utilizzo produttivo per creare posti di lavoro qualificati di cui Trieste ha grande bisogno.
L' utilizzo produttivo dei Punti Franchi è finalmente passato come concetto grazie a Zeno D' Agostino che lo ha fatto proprio, dopo lustri di demonizzazione e campagne stampa avverse proprio a causa del desiderio di toglierlo da Porto Vecchio.
Tuttavia ci sono progetti in Zona Industriale, dove in piccola parte il Punto Franco è stato trasferito, che si scontrano con i grandi costi economici e burocratici di insediamento dovuti al SIN Sito Inquinato Nazionale che interessa tutta l' area.
Costi di bonifica che invece non ci sono in Porto Vecchio.
Il SIN è frutto di un altra pensata balorda della politica locale del secolo scorso finalizzata a richiedere soldi per le bonifiche: naturalmente in quasi 20 anni non hanno fatto niente.
Il SIN in cambio è diventato un forte ostacolo allo sviluppo, così come un forte ostacolo allo sviluppo in Porto Vecchio è stato ed è il vincolo architettonico, giustamente definito "idiota" da Luciano Semerani, imposto da Sgarbi quasi 20 anni fa.
Purtroppo Trieste ha pochi spazi utilizzabili come retroporto e per iniziative produttive ed è un peccato sprecare 7 ettari di un' area da sempre usata esclusivamente per attività logistiche e imprenditoriali come Porto Vecchio in chiacchiere, progetti e rendering che da 30 anni riempiono inutilmente gli armadi (Trieste Futura, Porto Città e via andare...).
Trieste, che è drammaticamente scesa sotto il 9% del PIL locale da industria nella totale indifferenza della Confindustria locale, ha assoluto bisogno di sviluppo economico vero legato al mix di logistica e industria 4.0: non di nuovi spazi urbani o di un fantasticato e irrealizzabile "turismo di massa" a Trieste, che peraltro sarebbe fonte di altri pesanti problemi.
Se non vogliamo che i nostri ragazzi finiscano a fare i camerieri, come tu paventi, è a questo che dobbiamo puntare senza disperdere energie, soldi e speranze su un progetto di retroguardia come l' urbanizzazione di Porto Vecchio con l' annessa ossessione maniacale per il turismo che viene usata anche come base e giustificazione per il dilagare del bazar di bancherelle.
Perchè non concentrare l' attenzione e le energie sui punti di forza che già abbiamo e dimostrano di funzionare: lo sviluppo del Porto Franco Internazionale sulle "Nuove Vie della Seta" con l' utilizzo produttivo e industriale dei Punti Franchi unici in Europa, riestendendo quello di Porto Vecchio, con annessa nuova Free Tax Zone fiscale e abolizione sia dei "vincoli architettonici idioti" che del SIN (che non sono catastrofi mandate dal Cielo ma scemenze fatte dai politici)?
Se tre anni e quattro mesi impiegati per arrivare al nulla vi sembrano pochi per decretare il fallimento della strada dell' urbanizzazione e intraprendere finalmente quella dell' utilizzo produttivo del Punto Franco, quanti altri anni bisognerà aspettare ? Keynes diceva: "Nel lungo periodo saremo tutti morti".
Cordialmente
Paolo Deganutti
direttore (ir)responsabile del blog Rinascita Triestina
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