venerdì 16 febbraio 2018

UN IMPORTANTE ARTICOLO DEL PICCOLO SU ELEZIONI E PORTO

UN IMPORTANTE ARTICOLO DEL PICCOLO SU ELEZIONI E PORTO

Già questa è una notizia ! Non vi sembra ?   FAQTRIESTE





Terminalisti, esponenti sindacali e operatori invocano continuità dalla politica «Interrompere questa spinta istituzionale sarebbe un errore imperdonabile»
Attese e speranze del Porto 
«Roma non torni indietro»

di Giovanni Tomasin

La distesa di cemento della piattaforma logistica si allunga sul mare al ritmo di 1500 metri quadrati alla settimana. Uomini e macchinari brulicano in un lavoro ininterrotto. Dalla finestra del suo ufficio, Vittorio Petrucco, ingegnere e titolare della società che realizza l'opera, guarda al cantiere come una metafora dello scalo in questo momento: «In questi anni è stato fatto tantissimo per il porto. Ma c'è ancora tanto da fare e spero che si continui così». 

Le elezioni si avvicinano e tanti anche all'interno dello scalo si chiedono cosa porterà il cambio al vertice delle istituzioni. Operai, facchini, spedizionieri, ferrovieri, terminalisti, amministrativi. Che lo apprezzino o lo critichino, a tutti interessa il futuro del processo che il segretario generale Mario Sommariva ha definito il "New Deal" del porto di Trieste.

Il cantiere

Petrucco è un udinese trapiantato a Trieste ormai da anni. «Occupandomi di costruzioni, non mi ero mai interessato di logistica», racconta. Con questo lavoro ha scoperto un mondo nuovo: «Questa è la mia città ora - dice -. Il porto è fondamentale per il suo sviluppo. Le basi erano state poste già in passato, penso al Piano regolatore, ma negli ultimi anni si è compiuto un lavoro importantissimo. Spero che chiunque arrivi al governo, nazionale e in seguito regionale, prosegua su questa linea, e soprattutto riesca a far capire al Friuli l'importanza dello scalo per tutto il territorio».

Il sindacato

Stefano Puzzer è invece il segretario del Coordinamento lavoratori portuali di Trieste, il sindacato indipendente nato negli ultimi anni all'interno dello scalo. Parla delle aspettative dei lavoratori, accompagnato dal legale del sindacato Nicola Sponza, già candidato autonomista alle ultime amministrative. «Lavoro in porto dal '94 - racconta Puzzer -. Una volta si stava benissimo. Poi per tanti anni c'è stata una situazione di stasi». 

Nel 2014, dopo un problema sindacale, Puzzer decide di fondare un nuovo sindacato assieme a un gruppo di colleghi: «Iniziammo a porci il problema dei regimi in porto, e in particolare dell'Allegato VIII. Sponza e l'associazione Libera Impresa ci diedero un aiuto importante per capire la questione».


Proprio l'Allegato fu l'occasione del primo incontro-scontro con la nuova Ap a guida Zeno D'Agostino e Mario Sommariva: 

«Organizzammo uno sciopero molto partecipato - ricorda Puzzer -. A posteriori forse non era nemmeno necessario, ma grazie a quella mobilitazione ci imponemmo come interlocutori. E imparammo a conoscerci». Iniziò così un confronto sul tema del Porto franco, sul quale il sindacato e l'Autorità avrebbero scoperto di capirsi. La conferma la battaglia dell'Ap e delle istituzioni per ottenere lo sblocco del decreto attuativo: «È stato un cambiamento epocale - dice Puzzer -. Politicamente va riconosciuto a Debora Serracchiani e al ministro Graziano Delrio di aver capito la questione e di aver portato a casa un risultato atteso da settant'anni. Sarà per interesse politico o meno, ma quando uno fa le cose bisogna riconoscerglielo. Poi ognuno vota quel che vuole». Il Porto franco, in fondo, è un tema caro a molte forze politiche: «Nel tempo ci sono stati vicini esponenti del M5S come Paolo Menis, Stefano Patuanelli, Paola Sabia. Anche il parlamentare Aris Prodani è stato un punto di riferimento fisso a Roma per noi», dice Puzzer. L'auspicio del sindacato è che il processo non si fermi: «Il decreto attuativo era solo il primo passo. Ora stiamo preparando una petizione per chiedere che i vantaggi fiscali ricadano non solo sulle imprese che si insedieranno ma anche sui lavoratori». 

Chiosa Sponza: «Serve continuità, perché la cabina di regia è la politica. E tutte le forze politiche devono essere concordi su questo. Il porto di Trieste ha oggi una posizione nel quadro dei porti italiani che non aveva mai avuto prima».



I terminalisti


Nel suo ufficio di piazza Casali, il presidente dei Terminalisti triestini e di Trieste Marine Terminal Fabrizio Zerbini valuta le possibilità del post voto. «Non posso che dare un giudizio positivo del lavoro fatto dalle istituzioni in questi anni. Autorità portuale, Regione, Comune e Provincia, fin che c'era, hanno mostrato che l'allineamento di pianeti si può fare anche fra forze politiche diverse».

Secondo Zerbini questo impegno ha generato un movimento a favore degli operatori e dei traffici: «La "cura del ferro" richiesta dal governo è stata tradotta in pratica dall'Autorità portuale e dalla Regione, dando a Trieste un ruolo unico nel panorama italiano». L'auspicio di Zerbini per il futuro è «che questo continui»: 

«Comunque vadano le elezioni, nessuno deve disallineare questa spinta istituzionale. Avere più traffici significa avere più occupazione. Il porto è di fatto la prima industria del territorio, un'industria la cui regia sovraordinata deve restare l'Autorità portuale». 

Un appunto anche sui traffici: «I risultati sono estremamente importanti, il traffico internazionale aumenta. Il traffico nazionale, invece, ha visto uno spostamento su vicini porti esteri, per questioni di costi e burocrazia. Ecco, ridurre l'incidenza della burocrazia dev'essere un obiettivo primario per la politica». Quanto alla guida dell'Autorità, il presidente di Tmt auspica una lunga durata per il duo D'Agostino-Sommariva: «Fortunatamente non è vicino alla scadenza. Fanno un ottimo lavoro e ci auguriamo un secondo mandato».Qualunque sia l'esito del voto, il futuro del porto costringerà il prossimo presidente regionale a confrontarsi con scenari molto più grandi dei meri confini del Friuli Venezia Giulia



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