DI QUESTO INTERVENTO ABBIAMO APPREZZATO LO SCHEMA INTERROGATIVO E CHE INVITA ALLA DISCUSSIONE ANCHE SE LE OPINIONI CONTENUTE NON SONO CONDIVISIBILI IN TUTTI I PASSAGGI.
Sembra strano, ma la
popolazione originale di Servola quasi mai ha protestato contro la Ferriera.
Non sto a fare la punta alla
matita, ma chi ha comperato un appartamento da quelle parti sapeva o no a cosa
sarebbe potuto andare incontro?
Lo stabilimento è/era invisibile?
Se ci sono
così tante occasioni di lamentele, queste sono recenti oppure ci sono da anni?
Io penso che la seconda ipotesi sarà quella più gettonata. E allora come mai si
sono continuati a dare permessi di costruzione? Allora anche il Comune è dentro
fino al collo in questa bella faccenda.
Ma quando l’allora ILVA
cominciò a costruire le case per i suoi dipendenti mi pare che ci fosse la
corsa per accaparrarsene una, o sbaglio.
Insomma, senza menare tanto
il can per l’aia cerchiamo di rispondere ad alcuni punti:
1) Chi ha comperato non può dire che non
sapeva dell’esistenza della Ferriera .
2) Immediatamente dopo che Arvedi aveva
firmato il contratto vi sono state a stretto giro manifestazioni di
opposizione. Dato che l’organizzazione di queste manifestazioni richiede anche
un certo tempo l'impressione, forse maliziosa
è che tutto fosse già stato
predisposto.
3) Arvedi ha – come concordato – fatto
sbarcare la struttura del laminatoio in un mese dall’acquisto. Il montaggio ha
aspettato alcuni mesi grazie alle solite – fondate o ‘pour cause’ che siano
- pastoie . Pastoie che , con la
velocità dei tempi odierni, non sono più tollerabili, né per la Ferriera-
materia di cui si discute – né per le operazioni portuali con una applicazione dell’Allegato VIII senza trucchi, sotterfugi, limitazioni,
retropensiero, incursioni delle Dogane in ambito di Porto Franco ; che se ne
stiano ai varchi! Altrimenti sai che “Via della Seta” per Trieste! Forse
piuttosto “Via Mazzini” dove stava “La Serica” che non c’è più!
4) Un minimo di certezza di comportamento
vorrebbe che almeno si attenda il completamento dei lavori prima di una alzata
di scudi.
5) In Germania producono quasi il doppio
dell’acciaio prodotto in Italia. Come mai nessuno si lamenta? I “padroni delle
ferriere” sono migliori dei nostri e con più senso civico di rispetto per le
comunità circostanti agli impianti?
E allora questo è l’unico sedime su cui
battersi e su cui avere tutta la solidarietà cittadina! Ma, tanto per parlarsi
chiari, se uno volesse i giardinetti e il porto turistico sotto casa allora non
c’è trippa per gatti, anche se di terreno pubblico si è fatto strame per
l’edilizia privata.
Non ultimo la distruzione de “La Maddalena” che avrebbe
potuto essere il terreno di naturale ampliamento e di sfogo del Burlo. La
Ferriera ha una valenza cittadina e non può dipendere dal volere di una parte.
Certamente, questa parte, se danneggiata, deve avere tutto l’aiuto e la
solidarietà per eliminare ogni situazione malsana ma sogni di altro genere non
sono concessi.
6) E’possibile che in futuro tutto possa
cambiare e migliori impianti produttivi o portuali allo stato dell’arte possano
essere insediati ma alle presenti condizioni mi pare che depauperare Trieste di
una quota importante dell’industria non sia una cosa saggia in quanto una
economia deve essere abbastanza equilibrata da compensare, almeno in parte,
congiunture variabili. Circa 15 anni fa, il Sole 24Ore aveva pubblicato un
interessante articolo. Veniva riportato che una ditta di impiantistica italiana
aveva ideato una acciaieria che a parità di produzione occupava – se ben
ricordo – circa metà dell’area tradizionale con una frazione del personale.
Dato che questa impresa non aveva un ufficio studi di portata tale da
completare il progetto, si era rivolta contemporaneamente alla Mannesmann
tedesca e all’Usinor francese ( quindi a ditte di provata competenza!) dando in
garanzia un certo numero di azioni proprie. Alla consegna del progetto, la
ditta italiana si ricomprò le sue azioni. Poi non se ne seppe nulla, né il
committente, né i due leader progettisti sembra abbiano usato il progetto.
Potrebbe dunque darsi che sia stata una cosa per nulla brillante, tuttavia
saperne un po’ di più non guasterebbe.
7) Con Piombino chiusa e con il maggior
impianto italiano – l’ILVA di Taranto – nelle precarie condizioni in cui si
trova, chi può seriamente pensare che lo Stato permetterà anche la chiusura di
Servola?
Allora, prima di prendere
facciate che fanno anche male, cerchiamo di trattare alle migliori condizioni
possibili. Se Arvedi è – non dico un galantuomo – ma un imprenditore
intelligente, è lui il primo a volere che il suo impianto lavori e non
scontrarsi ogni due per tre con le popolazioni contigue: la produzione ne
avrebbe tensioni e interruzioni continue non sopportabili per cui un accordo
equo credo sia logico e possibile.
Cordiali saluti Adriano Verani
NOTA DI FAQTRIESTE : L'autore dell'articolo può essere contattato tramite la redazione di FAQ TRIESTE a cui i sig. Adriano ha fornito un suo recapito mail.
Noi invitiamo i nostri lettori ed esperti a prendere spunto da questo schematico intervento proponendo risposte anche ad una sola delle questioni poste.
Con questo metodo proviamo a risolvere alcuni luoghi comuni sull'argomento ferriera e area a caldo in particolare. Grazie a tutti
Nel rispetto delle posizioni, riflessioni e domande e quindi per onorare il valore del confronto e della discussione.
RispondiEliminaAffrontare il tema Siderurgia in Italia e in Europa meriterebbe sedi e spazi diversi da questo e di conseguenza seguirò la struttura del post ma non rispondendo punto per punto ne aggiungerò altri e in modo sintetico.
1) La presenza di una attività Siderurgica a Trieste non è causale me voluta da una scelta Politica.
2) La scelta del Pubblico di uscire da questo settore e regalarlo ai privati non è stato un cedimento ma una scelta Politica.
3) Lo sfruttamento dei privati degli stabilimenti e il condizionamento sui dipendenti non è una cattiveria dei Padroni ma una condizione condivisa dalla politica.
4) Le ambiguità sul rispetto della salute e dell'ambiente non è per incapacità ma per l'assenza di una Politica Industriale e di sistema.
5) il lasciar fare non è una caratteristica solo Padronale ma una condivisione Politica ed ideologica condizionata dai rapporti di forza tra Italia ed Europa ( in particolare il ruolo della Germania.
6) Una vertenza che dura da 20 anni senza una risposta non è dovuta al destino ma una resa ideologica della Politica ( per brevità : sia questa di destra , sinistra , centro o trasversale)
7) La divisione tra occupazione , salute e ambiente non è una libera scelta delle collettività ma indotta da speculazioni elettorali che vengono disattese il giorno dopo.
Sintesi: la focalizzazione del confronto limitata a valutare se l'aria a caldo oggi , ieri era riferita a tutto lo stabilimento, sia , permettetemi la semplificazione , giusta o sbagliata non solo è sbagliata ma non affronta , per me , il vero problema ovvero : quale sviluppo economico è auspicabile per Trieste e ridurre la presenza industriale è conveniente o deleterio.
In chiusura: su questa riflessione nessuno si è impegnato seriamente assumendosi la responsabilità della scelta in termini collettivi preferendo condizionare , usare la paura e contrapponendo due diritti universali La Salute e il Lavoro.