Ieri LA REPUBBLICA ha pubblicato questo titolo sulle importazioni cinesi attraverso la Gran Bretagna. Argomento ben spiegato sul sito IL POST che vi proponiamo di seguito e che potete trovare CLICCANDO QUI
Il Regno Unito ha truffato l’UE sulle importazioni dalla
Cina?
Secondo
un'agenzia europea ha consentito per anni – e consente tuttora – che alcuni
importatori cinesi dichiarino cifre troppo basse per le proprie merci, per
attirare traffico nei porti britannici
L’Ufficio
europeo per la lotta antifrode (OLAF), un’agenzia che si occupa di proteggere
gli interessi economici dell’Unione Europea, ha accusato il Regno Unito di aver
consentito per anni – e di consentire tuttora – l’importazione illegale di prodotti
cinesi nei propri porti, creando un danno sia per le entrate dell’UE, che si
basano in parte sulle tasse doganali, sia per i sistemi economici dei paesi in
cui sono venduti i prodotti cinesi in questione.
In un rapporto che non è
ancora stato diffuso pubblicamente, l’OLAF ha raccomandato alla Commissione
Europea di chiedere al governo britannico 1,98 miliardi di euro di risarcimento
danni. Contattata da Reuters, la Commissione non ha accettato di chiarire se
intenda riscuotere o meno questa cifra, che secondo alcuni esperti sarà uno dei
temi per i futuri negoziati per Brexit. Nel frattempo, il governo britannico ha
fatto notare che quello dell’OLAF è un rapporto, e non una multa, e ha detto di
non essere d’accordo sulle cifre riportate.
L’indagine
dell’OLAF – un’agenzia creata nel 1999 dalla Commissione Europea guidata allora
da Romano Prodi – ha interessato perlopiù i porti britannici di Felixstowe e
Dover, cioè i principali punti di ingresso per i prodotti cinesi in questione
in Europa. L’indagine è durata due anni e ha preso in considerazione il periodo
fra il 2013 e il 2016. In sintesi, il Regno Unito è accusato di avere
intenzionalmente “chiuso un occhio” su alcune importazioni sospette provenienti
dalla Cina, che riguardavano tessuti, vestiti e scarpe.
Secondo l’OLAF, le
compagnie cinesi che inviano i loro prodotti nel Regno Unito dichiarano una
valutazione bassissima di queste merci per pagare meno tasse doganali
possibili: successivamente, questi prodotti vengono immessi nel mercato nero di
altri paesi causando gravi danni all’economia locale, dato che possono essere
venduti a prezzi molto bassi e senza pagare l’IVA (perché sarebbe difficile
venderli tramite canali “ufficiali”). L’OLAF non ha provato a spiegare le
ragioni del comportamento delle autorità britanniche;
Politico ha scritto che
«secondo persone esperte di frodi simili, [una delle cause] può essere la
prospettiva di attirare più traffico rispetto a porti concorrenti come quelli
di Rotterdam o Anversa».
In un
comunicato stampa diffuso ai giornalisti, l’OLAF ha fornito un esempio di come
funziona il sistema citando un caso in particolare: un carico di pantaloni da
donna è arrivato nel Regno Unito con una valutazione di 91 centesimi di euro al
chilo. È una cifra ridicolmente bassa, dato che il prezzo di mercato del cotone
– la materia prima per questo tipo di vestiti – è di 1,44 euro, e che la
valutazione media per i pantaloni che arrivano alla dogane europee è di 26 euro
al chilo. Bruno Colin, il direttore di un’agenzia di intelligence francese che
si occupa di traffici illegali e che ha collaborato con l’indagine dell’OLAF,
ha spiegato che in un’operazione condotta nel 2016 sono stati trovati beni di
provenienza cinese con un valore «scontato da 5 a 10 volte» rispetto al
probabile valore di mercato.
In questo
modo, il danno è doppio: l’Unione Europea ottiene molti meno soldi del dovuto –
dato che le tasse doganali per prodotti che arrivano da fuori dall’UE
finanziano il budget comunitario – e i mercati di altri paesi si riempiono di
prodotti a prezzo irrisorio, che sono venduti sul mercato nero e fanno
concorrenza sleale a quelli commerciati legalmente. Secondo stime dell’OLAF
citate dal Guardian, fra il 2013 e il 2016 Francia, Germania, Spagna e Italia
hanno subito un danno complessivo di 3,2 miliardi di euro in mancati introiti
sull’IVA (che si paga nel paese in cui i beni in questione vengono commerciati,
e non in quello in cui arrivano in Europa). I mancati introiti per il budget
europeo sono stati quantificati dall’OLAF in 1,98 miliardi di euro nel periodo
fra il 2013 e il 2016, ed è questa la cifra che potrebbe essere richiesta al
Regno Unito dalle autorità europee.
Le autorità
britanniche per ora non hanno confermato le stime dell’OLAF, e in sostanza
sostengono che la colpa sia delle società che importano i prodotti in
questione. Charlie Elphicke, un parlamentare britannico dei Conservatori del
distretto di Dover, ha spiegato che «la colpa non è del Regno Unito, ma di una
frode compiuta dagli importatori stranieri. Molte persone, incluso me, sono
preoccupate: è per questo che chiederò al National Audit Office [un organo
indipendente che si occupa di controllare il governo su questioni finanziarie]
di aprire un’inchiesta».
Secondo
l’OLAF, però, il Regno Unito è chiaramente un complice nella frode, dato che ha
ignorato diversi avvertimenti arrivati in passato dall’agenzia europea.
Rispondendo ad alcune domande di Politico,l’OLAF ha detto di aver avuto quattro
incontri con alcuni funzionari britannici fra il 2015 e il 2016, durante i
quali «la portata della frode e i relativi rischi sono stati portati
all’attenzione del Regno Unito». Secondo alcune fonti di Politico, i funzionari
britannici della Her Majesty’s Revenue– un dipartimento governativo britannico
che si occupa di tasse e imposte – hanno ripetutamente cercato delle scuse per
i mancati controlli sulle importazioni di questo tipo.
Non è
nemmeno la prima volta che le autorità britanniche vengono scoperte a ignorare
traffici di questo tipo, come ha raccontato Politico:
Non è
chiaro se la Commissione Europea deciderà davvero di riscuotere l’intera cifra
suggerita dall’OLAF, o anche solo una parte. Se la cifra verrà richiesta prima
che il Regno Unito inizi le procedure per uscire dall’UE – invocando il
famigerato articolo 50 del Trattato comunitario di Lisbona, cosa che stando
alle promesse del primo ministro Theresa May dovrebbe avvenire nel giro di
qualche giorno o settimana – le autorità britanniche si troverebbero in mezzo a
un nuovo contenzioso, e probabilmente sarebbero ancora più rigide nei confronti
delle richieste dell’Unione.
Le raccomandazioni dell’OLAF potrebbero anche
finire dentro ai complessi negoziati che inizieranno fra qualche mese per
stabilire i termini esatti di Brexit e i soldi che il Regno Unito dovrà
all’Unione per rispettare tutti gli impegni economici europei già presi per i
prossimi anni – si parla di una cifra intorno ai 60 miliardi di euro – anche se
un portavoce di May ha spiegato che le due questioni sono nettamente separate.
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