Atene è una delle tappe evidenziate in grande nella
cartina che sintetizza le rotte di Obor. Quella più vicina è Venezia. Graziano
Delrio, ministro delle Infrastrutture del dimissionario governo Renzi, ha
dichiarato pubblicamente che “i porti dell’Alto Adriatico devono offrirsi come
un unico sistema integrato per attrarre i traffici in arrivo dall’Estremo
Oriente”. Venezia, quindi, ma anche Trieste e Ravenna.
A giugno autorità friulane sono volate con i vertici del
porto a Shanghai per una fiera logistica internazionale. “Trieste si trova
sulla rotta della via della seta e l’iniziativa One Belt one Road, di recente
promossa dal Governo di Pechino, può portare un rinnovato interesse da parte di
investitori cinesi per il porto giuliano”, ha dichiarato Jin Yu-Lai, dello
studio legale Kai-Rong Law Firm. E la stessa Venezia ha siglato un gemellaggio
con il porto di Tianjin e tra le aree industriali di Marghera e Binhai.
Obor non è solo un piano di trasporti, ma un programma di
politica estera. Rispolverando la figura dell’ammiraglio Zheng He, che nel
Quattrocento trascinò la Cina nella sua unica impresa marittima di rilievo, il
Politburo sta consolidando rapporti commerciali e culturali con la costa
orientale dell’Africa, con lo Sri Lanka e con i porti del Mar Rosso. Tutte
tappe già toccate dall’esploratore imperiale.
Ora Pechino vuole allungare la strada fino in Europa. Via
terra, ad esempio con la ferrovia Chongqing-Duisburg, e via mare. In questo
caso, passando dall’Adriatico. “Le riflessioni sono in stato avanzato –
conferma Sequi -. Secondo i cinesi l’Adriatico è un collegamento efficiente
verso i Paesi dell’Europa centrale”.
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