mercoledì 26 ottobre 2016

GAZZETTA MARITTIMA RILANCIA L'INTERVISTA A MANESCHI DI FAQ TRIESTE


Maneschi e la crisi dei containers: “E’ l’intermodalità che deve aiutare”

26 ottobre 2016

PIERLUIGI MANESCHI
Da Trieste l’analisi del comparto trasportistico mondiale dopo il fallimento di Hanjin e dei limiti dei porti italiani per i collegamenti ferroviari con il nord Europa – L’incidenza dei noli


TRIESTE – Il traffico dei containers è in crisi, le compagnie soffrono. E il fallimento della coreana Hanjin è solo la punta di un iceberg che piano piano sembra emergere dalle nebbie. Come sottolineano alcuni dei protagonisti dei traffici marittimi mondiali con una visione globale sulle loro tematiche.

E’ il caso della recente intervista, apparsa sul blog FAQtrieste.it, di Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima, di TO Delta e storico agente generale di Evergreen per l’Italia.

Secondo Maneschi, il fallimento di Hanjin è solo “l’effetto più evidente della crisi generale e profonda nel trasporto delle merci via mare”. Un settore che negli anni ha visto – ricorda Maneschi – ritirarsi dalla competizione

alcuni grandi paesi, come gli Stati Uniti e il Regno Unito “che avevano le migliori e le più grandi linee del mondo ed oggi hanno quali del tutto rinunciato”, ritenendo il settore troppo rischioso e non più strategico per le proprie industrie. “Si pensi – è la chiosa – che nel 2006 i noli transoceanici incidevano per circa il 9% sul valore delle merci, mentre oggi siamo scesi al 4%”.

Vero è che oggi le navi sono più grandi e meno costose – continua l’intervista – e che il bunker costa meno: ma le navi devono essere riempite ed è più difficile farlo se periodicamente l’economia attraversa cicli di crisi”.

E’ stato chiesto al presidente Maneschi quali siano le opzioni possibili per fronteggiare l’attuale crisi, con due scuole di pensieri: visto che gli armatori hanno sottovalutato la durata della crisi stessa, si deve puntare su offrire più servizi a terra oppure occorre offrire rate di nolo più basse per riconquistare traffici?

Secondo Maneschi, “la prima soluzione è un’opzione virtuosa, mentre la seconda non può che portare le compagnie al fallimento. Forse sarebbe opportuno – ha aggiunto – introdurre regole e strumenti di regolazione che non limitino la concorrenza, come la Federal Maritime Commission Usa che controlla l’attività sulle linee marittime che gli scambi da e per il territorio statunitense. Le tariffe nolo offerte al mercato devono essere registrate e pubblicate e nessuno può sotto-quotarle”. Dove questo non si applica, il mercato rimane aperto a una competizione esasperata e distruttiva. La commissione Europea d’altra parte – ha detto ancora Maneschi – non permette agli armatori di discutere le politiche relative ai noli, ma non prevede regole per rendere palesi e dichiarate le tariffe, aggravando una crisi di comparto dove l’offerta è superiore alla domanda.

Maneschi è anche critico sulla crescita dei porti italiani così come si configura con le politiche trasportistiche. “La competizione delle linee marittime si estende a terra dove sono necessarie infrastrutture che permettano di esercitare l’intermodalità (gomma e rotaia). Le decisioni prese da Trenitalia negli anni passati hanno cancellato la possibilità del trasporto intermodale sul territorio nazionale a favore dei porti del Nord Europa, che possono quindi servire il nord Italia via ferrovia. Nei porti italiani si è costretti ad usare quasi solo la gomma, con costi maggiori per l’industria e la distribuzione”.

Sui porti italiani di transhipment, Maneschi ricorda la spietata concorrenza che fanno loro Pireo, Port Said, Malta a Tanger, “con il costo della manodopera di almeno il 50% più basso senza parlare dei danni del corporativismo che affligge e mortifica la portualità italiana”. 

L’inefficienza del sistema trasportistico terrestre (ferroviario) italiano secondo Maneschi continua a pesare sia sui porti del Tirreno, sia su quelli dell’Adriatico, con la parziale eccezione di Trieste che tuttavia ha concorrenti sulla sponda est dell’Adriatico particolarmente aggressivi. Come rimedio – conclude Maneschi – Trieste deve utilizzare diversamente il porto franco internazionale e disegnare un porto moderno (perché quello “Nuovo” del secolo scorso è diventato ormai vecchio). Concetti chiari, chiaramente espressi, e che fanno pensare. Sperando che facciano pensare (e agire) specialmente dove “si puote ciò che si vuole”.


A.F.

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