Costa: «Il mio progetto fa
paura? Vuol
dire che serve»
IL CASO
Genova - «Non è vero che
il governo ha bocciato il porto offshore». Paolo Costa è un fiume in piena:
deve difendere il progetto da oltre 2 miliardi di euro che darebbe a Venezia
l’isola dei contenitori.
Genova - vai all'articolo sul sito Meditelegraph o leggi qua sotto
«Non è vero che
il governo ha bocciato il porto offshore».
Paolo Costa è un fiume in piena: deve difendere il progetto da oltre 2
Paolo Costa è un fiume in piena: deve difendere il progetto da oltre 2
miliardi di euro che darebbe a Venezia l’isola dei
contenitori «per prendere il traffico che arriva sulle mega navi» e ai porti
dell’Adriatico l’arma per contrastare quelli del Northern Range «perchè lì
adesso sono contenti che noi ci facciamo le guerre, le ripicche e perdiamo
tempo: a Rotterdam si danno di gomito».
Costa si riferisce al
primo tentativo di project review del ministero dei trasporti, raccontato da La
Nuova Venezia. L’esordio è stato l’esame a cui è stato sottoposto proprio il
porto offshore di Venezia. Diciannove domande con richieste di precisazioni
inviate dalla Struttura tecnica di missione coordinata da Ennio Cascetta,
recapitate il 14 marzo.
«Si è accettato di discutere di ogni rilievo formulato al progetto – anche di quelli che nascono da una lettura totalmente errata dello stesso, dal riferimento a dati storici e scenari di traffico almeno largamente discutibili» risponde nella premessa l’Autorità guidata da Costa. E l’incipit è in linea con il tenore delle domande e il tono delle risposte: dalle prime si evince che al Mit questo progetto non faccia impazzire di gioia, dalle seconde il “fastidio” di Costa di dover puntualizzare aspetti che riteneva chiariti.
«Si è accettato di discutere di ogni rilievo formulato al progetto – anche di quelli che nascono da una lettura totalmente errata dello stesso, dal riferimento a dati storici e scenari di traffico almeno largamente discutibili» risponde nella premessa l’Autorità guidata da Costa. E l’incipit è in linea con il tenore delle domande e il tono delle risposte: dalle prime si evince che al Mit questo progetto non faccia impazzire di gioia, dalle seconde il “fastidio” di Costa di dover puntualizzare aspetti che riteneva chiariti.
«È comunque tutto
superato: ho chiesto al ministro un confronto. Anche perchè noi abbiamo già
lanciato il bando per il progetto definitivo: avessero voluto bocciare il
progetto, mi avrebbero detto di fermarmi». E invece Costa va avanti: «La Cina
punta su di noi, siamo il terminale della Via della Seta. Nel mondo tutti hanno
capito il progetto che è di respiro mondiale». Al ministero invece sembrano
convinti del contrario.Quell’isola al largo di Venezia in cui arrivano i
contenitori su mega portacontainer che poi, con navi speciali più piccole
simili a chiatte, sbarcano a terra il carico, la assimilano al transhipment:
tanto vale, scrivono nella richiesta di chiarimenti indirizzata a Costa, che
l’hub sia il vicino porto di Trieste e che con i feeder si alimenti lo scalo
veneziano. Così ragionando, l’offshore sarebbe smontato: «Ma non è un porto
offshore - tuona Costa - è un gateway evoluto!» e lo mette nero su bianco nella
risposta: «A Trieste non c’è nemmeno lo spazio per fare il transhipment su
Venezia».
Secondo quesito, tra gli
altri, arrivato da Roma: ma i privati che devono investire nel progetto?
«Ci
sono, il Delrio è al corrente di tutto». La partita vira anche sul politico. Il
Secolo XIX aveva anticipato che il clima in Adriatico non è dei migliori e
Costa adesso ha subìto un altro attacco, questa volta al suo figlio prediletto:
«Ci sono le elezioni, è evidente a tutti. Vogliamo dirla tutta? Il porto di
Trieste è un problema, anche per l’Italia. Si regge su due monopoli: quello del
petrolio, che prima o poi finirà e nell’ultimo anno è calato, ma che consente
loro di fregiarsi del titolo di primo porto d’Italia. E poi il monopolio dei
ro/ro turchi che deriva da un decreto recente, oltre che dallo status di zona
franca. Quando si dovesse aprire il mercato, cosa succederà?». Già, il mercato,
l’ossessione di Costa: «Venezia è al posto giusto, per questo i porti del Nord
hanno paura del nostro progetto. Noi possiamo rubare traffico, ma dobbiamo
attrezzarci». Intanto dal 2011, otto nuove compagnie hanno scelto Venezia nei
propri servizi diretti: «I risultati li abbiamo raggiunti e sui treni andiamo a
conquistarci i mercati anche dei porti del Nord». Per il progetto offshore ora
deciderà il Cipe, ma quando? «Io sono pronto, aspetto da tempo». E nel mentre
si combatte la guerra dei porti: «Hanno paura che l’offshore si realizzi sul
serio. Bene, è un buon segno: è la prova che il progetto serve davvero, non
solo a Venezia, ma al sistema italiano».

Nessun commento:
Posta un commento