mercoledì 8 giugno 2016

IL PRESIDENTE DEI DUE PORTI CLAUDIO BONICIOLLI PARLA DI VENEZIA E TRIESTE

Il sito VENEZIE POST ha pubblicato questa intervista con Claudio Boniciolli che è stato presidente, in momenti diversi, sia del Porto di Venezia che di quello di Trieste. Una delle ipotesi della riforma dei porti puntava ad accorpare i porti dell'Alto Adriatico in una unica autorità di distretto a guida veneziana, ipotesi che non si è concretizzata. Claudio Boniciolli è l'unico che ha vissuto l'esperienza, seppure in momenti diversi, di aver guidato i porti di Venezia e Trieste. 

"Venezia accetti il suo destino: offshore, progetto velleitario"

di R.P.


Venezia ambisce con il porto offshore ad un’egemonia che non le compete. Il fatto che si voglia fare un’isola quando a 50 miglia ci sono altri porti che possono accogliere le navi portacontainer è un’ambizione destinata a diventare
utopia. La lettura di Claudio Boniciolli, che è stato presidente dell’autorità portuale di Venezia, prima dell’era Paolo Costa, e di Trieste, non lascia spazio a molte repliche. La sua avversione al porto d’altura è nota da tempo, ma nel momento in cui il Ministero Delrio ha bocciato con una serie di quesiti il progetto su cui Costa ha costruito la sua gestione del porto, il suo giudizio risulta ancora più pesante.

Come giudica la bocciatura del ministero alla realizzazione del porto offshore?

Il porto offshore è un progetto di una velleità surreale, e Venezia non può pretendere di avere un ruolo dominante sugli altri scali. Deve invece iniziare a ragionare su un’altra dimensione, questo è un dato di fatto inevitabile.

Ma se non si fa - dice Costa - comunque bisognerà adattare i fondali; il costo sarà il medesimo secondo l’attuale autorità portuale.

Il beneficio dell’attività portuale deve essere a vantaggio di chi gestisce l’infrastruttura e non degli armatori. Non si capisce a beneficio di chi si debba realizzare una piattaforma di cemento in mezzo al mare. Il traffico mondiale si riduce, come pure il trasporto dei contenitori per cui la domanda resta. A cosa serve l’offshore? Prendiamo atto di quello che è avvenuto con la costruzione del Mose e cerchiamo di pensare ad un nuovo disegno di sviluppo.

Questo significa condannare il porto però…

C’è stato un crollo, una crisi finanziaria e industriale formidabile che ci ha gettato in un baratro da cui è difficile uscire. E noi insistiamo con progetti impossibili. L’alleanza è fondamentale, per quanto riguarda le infrastrutture e i retroporti, pensiamo a costruire quelle. Bisogna agevolare l’accesso ai porti. Ma Venezia rischia di perdere un’opportunità di intercettare traffici. Serve un’umiltà molto semplice e non questa grandeur. Inutile interrogarsi sul ruolo di Venezia, Trieste, Ravvena, Fiume, l’unico porto che può ambire ad un ruolo predominante è Capodistria, che è il porto della capitale di uno stato. Bisogna avere una visione generale, un obiettivo comune, che non consiste nel costruire un’ isola in mezzo al mare con costi insostenibili. Le grandi navi container, sempre più grandi, viaggiano mezze vuote. E costringono ad immaginare infrastrutture con dei costi insostenibili per i carichi che riescono ad intercettare.

Con il Mose tuttavia si tratta di un destino segnato. Sia per la crocieristica che per il resto.

Si è deciso di costruire il Mose per salvare Venezia, il Mose alza il livello dei fondali. Si è voluto salvare la città di Venezia, che è una città unica al mondo. C’era da scegliere o Venezia o il Porto. E la dimensione del porto di questa città non può essere quella di accogliere navi di certe dimensioni, vale per la crocieristica, vale per i portacontainer. Possiamo anche fare i futuristi immaginare le auto in Canal Grande, ma non è questo il caso.


Questa intervista è stata pubblicata dal sito Venezie Post venerdì 3 giugno 2016 a nostro avviso andrebbe letta a completamento del quadro l'intervista rilasciata da Claudio Boniciolli al IL PICCOLO nel dicembre 2014 dove l'ex presidente dell'Autorità Portuale di Trieste delinea con chiarezza i passaggi futuri del porto di Trieste compresa l'area franca a Fernetti e l'indicazione di D'Agostino tra i componenti della terna di candidati all'epoca della scelta del nuovo presidente ( rimasto commissario straordinario ).


Claudio Boniciolli concludeva il proprio mandato al vertice dell’Autorità portuale di Trieste esattamente quattro anni fa.

Dottor Boniciolli cosa si attendeva di veder portato a termine negli ultimi quattro anni?

Certamente il Piano regolatore che ha già ottenuto l’approvazione unanime del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Non è stato superato lo scoglio del ministero dell’Ambiente nonostante la presenza a Roma dell’ex ministro Corrado Clini e di Antonio Gurrieri. Ma Il Piano regolatore è strumento indispensabile anche per fare marketing del porto di Trieste nel mondo. In questa situazione invece, qualsiasi ipotetico ricorso può bloccare anche l’ampliamento del Molo Settimo che è stato invece definito un adeguamento tecnico funzionale.

La riconversione del Porto Vecchio che sembrava potersi avviare è tornata in altissimo mare

Il Porto Vecchio è rimasto bloccato per l’assurda situazione che si è creata al termine del mio mandato. La totale mancanza di dialogo tra la nuova governance dell’Authority ( Marina Monassi ) e il concessionario che aveva vinto la gara ha indotto quest’ultimo a ritirarsi. Oggi si parla di sdemanializzazione ma prima bisogna spostare il Punto Franco. L’operazione sarebbe stata felicemente portata a termine già alcuni anni fa con la creazione di una nuova area franca al terminal di Fernetti se non ci fosse stata l’opposizione del presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, lesto a condurre le battaglie di retroguardia della città.

Chi si insedierà ora sulla poltrona più alta alla Torre del Lloyd?

È indubbio che i termini per poter chiedere una seconda terna di nomi da parte del ministro siano scaduti. Tutti e tre i candidati hanno le caratteristiche idonee, ritengo che alla fine Lupi sceglierà uno dei tre e ne proporrà la condivisione alla governatrice Serracchiani. Il più preparato in materia di logistica, oltre che il più giovane, è certamente Zeno D’Agostino.

A minacciare lo sviluppo del porto di Trieste c’è anche la piattaforma off shore spinta dal presidente di Venezia Paolo Costa.

Si tratta di una costosissima fantasia di un uomo colto e preparato che però si è lasciato prendere la mano da una visione impropria di grandeur. Non credo arriverà a realizzazione, ma in compenso ha pressoché dissolto l’alleanza del Napa dal quale è già uscita Ravenna e in pratica anche Fiume e Capodistria. Peccato perchè i vantaggi di una leale collaborazione Trieste-Venezia li avevo illustrati io a Bruxelles quand’ero presidente a Venezia, alla presenza dell’attuale Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

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