martedì 22 marzo 2016

L'AUTODIFESA DEL PRESIDENTE PAOLO COSTA : IL PIANO OFF SHORE VA AVANTI

«Off shore, il piano va avanti»


da IL GAZZETTINO di lunedì 21 marzo 2016
MIchele Fullin - Elisio Trevisan

Per l'Autorità portuale di Venezia (Apv) il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sul terminal offshore al largo del Lido è "apparentemente non favorevole" ed è "consultivo". 

Al di là di questa, che è un'interpretazione di quanto ha deciso l'Assemblea generale il 10 febbraio scorso restituendo il progetto con un chiaro "avviso non favorevole" e anche se consultivo è il parere di uno dei massimi organi dello Stato al quale non a caso il Porto si era rivolto l'anno scorso inviandogli la documentazione, l'Apv conferma quanto ha scritto ieri il Gazzettino, e cioè che molte delle prescrizioni le sta già
affrontando e risolvendo, e che intende continuare a sviluppare il progetto e realizzarlo.

Anzi, la documentazione che l'Autorità ha inviato a Roma contiene anche il primo progetto approntato dal Magistrato alle Acque nel 2012 e molte delle osservazioni del Consiglio riguarderebbero quei primi elaborati sono già state anticipate dalla stessa Apv modificandoli. 

E le nuove progettazioni, come ha detto il presidente Paolo Costa a fine gennaio e ribadito in marzo, "attendono solo l'approvazione del Cipe per l'ok alla parte pubblica del finanziamento". 

Il terminal offshore proposto da Venezia fa parte di un progetto che prevede di realizzare un vero e proprio sistema portuale in Alto Adriatico (almeno tra Venezia, Chioggia, Porto Levante e Ravenna) per attirare le navi portacontainer più grandi, lunghe 450 metri con 16 metri di pescaggio. 

Queste navi trasportano oltre 20 mila Teu (l'unità di misura utilizzata per i container) e attualmente possono servirsi solo dei porti del Nord Europa. Arrivando a Venezia si impiegherebbe una settimana in meno ed ecco spiegato il calcolo di Costa: sottrarre una parte del ricco traffico ai giganti Amburgo, Rotterdam e Anversa.

E torniamo alle criticità rilevate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel parere che ha inviato all'Autorità: 

c'è la connessione ferroviaria Marghera - Mestre (oggi a un binario) che rischierebbe di diventare il collo di bottiglia del sistema. Inoltre vengono ritenuti insufficienti gli studi geotecnici. 

Da definire meglio anche i piani dei costi e dei tempi, oltre ai criteri per l'individuazione del partner che dovrà tirar fuori poco più di 600 milioni di euro (948 li metterebbe lo Stato), nell'ipotesi ultima avanzata dal Porto di stralciare dal porto in mare aperto il terminal per i prodotti petroliferi che costa altri 600 milioni di euro, ma che giustifica una delle motivazioni forti del progetto ossia la salvaguardia della laguna estromettendo i petroli.

«Questo giudizio - afferma appunto l'Autorità portuale - è riferito alla versione del progetto preliminare depositata quattro anni fa dal Magistrato alle Acque ed elaborato dal Consorzio Venezia Nuova. Il progetto è stato poi affidato totalmente a noi e già oggi contiene numerosi perfezionamenti ingegneristici e ambientali fatti propri dal Consiglio superiore nel suo parere».

Il Porto, insomma, considera il documento di Roma come "un contributo già recepito al miglioramento del progetto che non ne rallenta in alcun modo l'iter amministrativo". 

Anzi, Costa è determinato ad andare avanti velocemente intanto almeno con il terminal logistico in terraferma in modo da avere le prime banchine a Marghera pronte nel 2018, nell'attesa che si chiariscano le cose per il terminal d'altura:

«Entro la metà di aprile pubblicheremo il bando di gara per la progettazione definitiva che terrà conto di ogni prescrizione e miglioramento».


«Le osservazioni accolgono già molte delle proposte di modifica da noi avanzate - concludono dall'Autorità portuale - e con la diga a cassoni studiata dall'Università di Padova sarà possibile ottenere un risparmio consistente e minori impatti ambientali. 

Rispetto al miliardo di euro e passa, la diga di protezione costerà 700 milioni».

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