da IL GAZZETTINO di lunedì 21 marzo 2016
MIchele Fullin - Elisio Trevisan
Per l'Autorità portuale di Venezia
(Apv) il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sul
terminal offshore al largo del Lido è "apparentemente non
favorevole" ed è "consultivo".
Al di là di questa,
che è un'interpretazione di quanto ha deciso l'Assemblea generale il
10 febbraio scorso restituendo il progetto con un chiaro "avviso
non favorevole" e anche se consultivo è il parere di uno dei
massimi organi dello Stato al quale non a caso il Porto si era
rivolto l'anno scorso inviandogli la documentazione, l'Apv conferma
quanto ha scritto ieri il Gazzettino, e cioè che molte delle
prescrizioni le sta già
affrontando e risolvendo, e che intende
continuare a sviluppare il progetto e realizzarlo.
Anzi, la documentazione che l'Autorità
ha inviato a Roma contiene anche il primo progetto approntato dal
Magistrato alle Acque nel 2012 e molte delle osservazioni del
Consiglio riguarderebbero quei primi elaborati sono già state
anticipate dalla stessa Apv modificandoli.
E le nuove progettazioni,
come ha detto il presidente Paolo Costa a fine gennaio e ribadito in
marzo, "attendono solo l'approvazione del Cipe per l'ok alla
parte pubblica del finanziamento".
Il terminal offshore proposto
da Venezia fa parte di un progetto che prevede di realizzare un vero
e proprio sistema portuale in Alto Adriatico (almeno tra Venezia,
Chioggia, Porto Levante e Ravenna) per attirare le navi
portacontainer più grandi, lunghe 450 metri con 16 metri di
pescaggio.
Queste navi trasportano oltre 20 mila Teu (l'unità di
misura utilizzata per i container) e attualmente possono servirsi
solo dei porti del Nord Europa. Arrivando a Venezia si impiegherebbe
una settimana in meno ed ecco spiegato il calcolo di Costa: sottrarre
una parte del ricco traffico ai giganti Amburgo, Rotterdam e Anversa.
E torniamo alle criticità rilevate dal
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel parere che ha inviato
all'Autorità:
c'è la connessione ferroviaria Marghera - Mestre
(oggi a un binario) che rischierebbe di diventare il collo di
bottiglia del sistema. Inoltre vengono ritenuti insufficienti gli
studi geotecnici.
Da definire meglio anche i piani dei costi e dei
tempi, oltre ai criteri per l'individuazione del partner che dovrà
tirar fuori poco più di 600 milioni di euro (948 li metterebbe lo
Stato), nell'ipotesi ultima avanzata dal Porto di stralciare dal
porto in mare aperto il terminal per i prodotti petroliferi che costa
altri 600 milioni di euro, ma che giustifica una delle motivazioni
forti del progetto ossia la salvaguardia della laguna estromettendo i
petroli.
«Questo giudizio - afferma appunto
l'Autorità portuale - è riferito alla versione del progetto
preliminare depositata quattro anni fa dal Magistrato alle Acque ed
elaborato dal Consorzio Venezia Nuova. Il progetto è stato poi
affidato totalmente a noi e già oggi contiene numerosi
perfezionamenti ingegneristici e ambientali fatti propri dal
Consiglio superiore nel suo parere».
Il Porto, insomma, considera il
documento di Roma come "un contributo già recepito al
miglioramento del progetto che non ne rallenta in alcun modo l'iter
amministrativo".
Anzi, Costa è determinato ad andare avanti
velocemente intanto almeno con il terminal logistico in terraferma in
modo da avere le prime banchine a Marghera pronte nel 2018,
nell'attesa che si chiariscano le cose per il terminal d'altura:
«Entro la metà di aprile pubblicheremo il bando di gara per la
progettazione definitiva che terrà conto di ogni prescrizione e
miglioramento».
«Le osservazioni accolgono già molte
delle proposte di modifica da noi avanzate - concludono dall'Autorità
portuale - e con la diga a cassoni studiata dall'Università di
Padova sarà possibile ottenere un risparmio consistente e minori
impatti ambientali.
Rispetto al miliardo di euro e passa, la diga di
protezione costerà 700 milioni».
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