L’Assemblea generale del Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici ha rimandato al mittente il progetto
preliminare del porto offshore che l’Autorità portuale di Venezia
(Apv) vuol costruire in alto mare, a 8 miglia dal Lido, con 2,1
miliardi di euro di investimento.
NON FAVOREVOLE
Contrariamente a quanto era stato
comunicato in laguna, quasi ottanta pagine di analisi e
considerazioni si concludono con la decisione di restituire
all’Autorità veneziana il progetto preliminare con «avviso non
favorevole». E se Venezia vorrà andare avanti con l’opera dovrà
apportare una serie di integrazioni e modifiche richieste.
COLLEGAMENTI CRITICI
Il progetto prevede il porto d’altura
con le banchine per ricevere le grandi navi; da lì container e
prodotti petroliferi, con navi più piccole, sarebbero trasferiti al
porto logistico di terraferma; dopo l’ultima lavorazione, le merci
finite
dovrebbero poi essere distribuite in Italia e in Europa.
Il
problema è proprio in quest’ultima fase, dato che il piano per
adeguare la rete ferroviaria e la viabilità stradale è considerato
debole dagli esperti del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,
secondo i quali la connessione ferroviaria Marghera-Mestre rischia di
diventare un collo di bottiglia per l’intero sistema integrato di
trasporto delle merci, quindi serve un potenziamento
dell’infrastruttura raddoppiando l’unico binario e risolvendo le
interferenze con la viabilità stradale (Apv ha già in corso un
primo intervento per evitare gli incroci fra convogli e camion).
Anche riguardo alla viabilità su gomma, considerata l’entità dei
volumi di traffico previsti in futuro, l’Assemblea Generale chiede
studi appositi in grado di dimostrare la sostenibilità delle ipotesi
di sviluppo presentate.
GLI INVESTITORI
Altre critiche riguardano la parte
economica, perché «non risulta indicata la procedura che l’Autorità
portuale intende seguire per l’individuazione degli operatori
economici» che realizzeranno la maggior parte degli interventi»,
oltre a quelli per 948 milioni di euro che dovrebbero essere
finanziati dallo Stato.
TEMPI INCERTI
Problemi anche sulle tempistiche:
nessuno dei tre cronoprogrammi presentati risponde ai requisiti di
legge, e non sono tra loro coerenti; e questi sono ritenuti
fondamentali per la predisposizione del piano economico finanziario.
COSTI GENERICI
Il progetto è diviso in tre
interventi: due riguardano il porto offshore, e uno quello inshore, e
nessuno dei tre ha però un computo di dettaglio dell’importo per i
lavori, in particolare riguardo agli oneri della sicurezza, alle
spese tecniche e ai costi di esproprio in terraferma.
STUDI GEOTECNICI
Tornando al merito tecnico, gli studi
geotecnici, essenziali soprattutto per la parte in alto mare dove la
diga e le banchine verranno realizzate su un fondale di 22 metri di
profondità, sono basati essenzialmente su dati di letteratura e poco
su prove concrete sul campo, e alle più rilevanti problematiche il
progetto non fornisce risposte soddisfacenti.
DIGA DA RIFARE
Il progetto della diga foranea che
dovrà proteggere dalle onde e dal vento le banchine alle quali
ormeggeranno le navi dev’essere rifatto preferendo un riparo fatto
con cassoni a una muraglia di massi; l’Autorità portuale prevede
anche questa seconda ipotesi (tecnicamente migliore ed economicamente
meno costosa perchè permetterebbe un risparmio di 750milioni di
euro), e il Consiglio Superiore ne chiede l’elaborazione completa.
Anche per la parte di terraferma gli studi geotecnici sono giudicati
insufficienti, e potrebbero essere necessari pesanti interventi di
consolidamento per dare consistenza ai terreni sui quali saranno
realizzati i piazzali.
ONDE TRASCURATE
Problemi, infine, per gli aspetti
strutturali, in quanto mancano elaborazioni adeguate per l’analisi
degli effetti del moto ondoso in alto mare in condizioni più o meno
estreme.
da IL GAZZETTINO di domenica 20 marzo 2016
La razionalità suggerebbe che se ci fossero realmente le disponibilità finanziarie ed il reale interesse di Imprenditori ed Armatori, forse sarebbe più opportuno sfruttale i profondi fondali (18 m ) naturali presenti sui litorali dell'Alto Adriatico, senza andarli a cercare in mezzo al mare e sfruttando macchinose/costose soluzioni operative.
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