Coincidenza vuole che sempre nella giornata di ieri The Meditelegraph riportava le dichiarazioni del presidente della Compagnia Portuale di Genova che affrontava proprio il tema delle merci varie, di quello che in un porto non è container.
Ve lo proponiamo con alcune nostre sottolineature:
Genova, il tramonto delle merci varie
In dieci anni traffico dimezzato in porto. La Culmv
chiede un terminal dedicato, ma per le imprese è inutile. ALBERTO
GHIARA - FEBBRAIO 05, 2016
Genova - «A Genova manca un soggetto
che traini il settore delle merci varie, che per questo è ridotto ai
minimi termini»: a notare la progressiva sparizione dallo scalo
della Lanterna di uno dei suoi traffici più tradizionali è Antonio
Benvenuti, console della Compagnia unica Paride Batini (Culmv).
Per i
lavoratori portuali della Compagnia, quello delle merci varie è un
settore ad alto valore aggiunto, che porta un maggiore numero di
chiamate, a parità di volume, rispetto ai settori che oggi sono
prevalenti, ossia container e materiale rotabile (ro-ro).
«In altri
scali - spiega Benvenuti - come Ravenna e Chioggia c’è ancora una
forte attività di questo tipo, a Genova manca un terminal dedicato,
come era il Multipurpose quando lo gestiva la Compagnia unica».
I
dati statistici dell’Autorità portuale di Genova confermano
l’andamento in discesa delle merci varie, oltre che di un altro
settore di nicchia come le automobili. Prima del 2009 le merci varie
rappresentavano più dell’1 per cento del tonnellaggio totale del porto, con un picco nel 2007 con 884 mila tonnellate su circa 59 milioni, (1,5 per cento). Dal 2009 l’incidenza è scesa stabilmente sotto l’1 per cento, fino a toccare lo 0,7 nel 2015 (con 362 mila tonnellate su 51,3 milioni complessive).
rappresentavano più dell’1 per cento del tonnellaggio totale del porto, con un picco nel 2007 con 884 mila tonnellate su circa 59 milioni, (1,5 per cento). Dal 2009 l’incidenza è scesa stabilmente sotto l’1 per cento, fino a toccare lo 0,7 nel 2015 (con 362 mila tonnellate su 51,3 milioni complessive).
Nel 2015 il calo rispetto al 2014 è
stato del 27,7 per cento. L’unico servizio regolare di navi
dedicate alle merci varie nel porto di Genova è quello che collega
il Mediterraneo a Amburgo, operato dalla compagnia Rickmers.
A Genova
queste navi sbarcano e imbarcano al terminal San Giorgio (la cui
concessione occupa aree un tempo dell’ex-Multipurpose e del
terminal Frutta, venduto nel 2009 da Alfonso Clerici al gruppo
Gavio).
Per Benvenuti questo è troppo poco. «Il picco dei volumi -
ricorda - è stato fra 1997 e 2001, quando a Genova arrivavano
metalli, coils, bramme, tubi, oltre alla frutta. Da allora si è
avuta una diminuzione progressiva. In parte questo è dovuto alla
tecnologia, per cui prodotti come ad esempio la frutta e altri sono
sempre più caricati dentro ai container.
Ma nel porto di Genova le
merci varie sono ridotte ai minimi termini, anche se una fetta di
mercato continua a esistere altrove, a Ravenna, Marghera o Chioggia.
Anche l’Ansaldo invia i propri prodotti da Genova a Marina di
Carrara. Adesso ha chiesto 25 mila metri quadrati con banchina per
caricare a Genova le sue nuove produzioni.
L’Autorità portuale sta
lavorando per preparare l’autorizzazione». Il problema, secondo il
console, è che «se il porto non ha un terminal dedicato, viene a
mancare il mercato. Ci vogliono soggetti che operino. Il gruppo
Grimaldi, ad esempio, ha un settore dedicato alle merci varie nel
porto di Anversa, ma non a Genova. Manca il soggetto che traini
questo settore. E se si punta allo sviluppo soprattutto di navi
portacontainer e traghetti, lo spazio a disposizione si restringe».
A Genova i
terminal che movimentano più merci varie sono il Genoa Metal
Terminal (256 mila tonnellate nel 2015, -31 per cento sul 2014), lo
stesso terminal San Giorgio (73 mila tonnellate, +6,4 per cento) e il
Messina (22 mila tonnellate, -36 per cento).
Alcuni di questi però
si dedicano prevalentemente a container e ro-ro. Dal canto suo il
terminal Rinfuse, che nel 2014 aveva movimentato oltre 20 mila
tonnellate di merci varie siderurgiche, in quello successivo ha
praticamente abbandonato questo tipo di traffico (1.109 tonnellate,
-94,6 per cento).
Ma è davvero possibile che lo scalo genovese
recuperi un ruolo importante in questo settore? «Intanto - risponde
Maurizio Anselmo, amministratore delegato del San Giorgio - bisogna
considerare il contesto generale. Il mercato delle merci varie si è
assottigliato.
Per l’Italia era rappresentato in buona parte
dall’ impiantistica ad alto contenuto tecnologico in esportazione.
Ma il ruolo dell’Italia si è ridotto per la concorrenza estera e
per la crisi.
Nell’ultimo anno, poi, i bassi prezzi del petrolio
hanno fermato l’attività di molti impianti di estrazione. In
questo quadro si inseriscono le criticità del porto di Genova, che è
meno competitivo dei porti dell’Alto Adriatico per i prodotti
impiantistici di dimensioni maggiori, per ragioni di accessibilità.
Inoltre ormai tutto quello che può viaggia in container, mentre i
prodotti siderurgici, come i coils, per un effetto domino
privilegiano i porti dell’Adriatico dove gravitano le navi per il
trasporto di merci di questo tipo.
Genova è diventata periferica e
nelle merci varie, come è successo anche per la frutta, è inutile
tenere un terminal dedicato. Meglio puntare sui settori in crescita
come i ro-ro».
NOTA DI FAQ TRIESTE : Abbiamo sottolineato alcune dichiarazioni contenute nell'articolo e quei passaggi che hanno direttamente a che fare con la realtà triestina. Ad esempio abbiamo sottolineato il riferimento al Genoa Metal Terminal che opera ancora a Trieste nel Porto Vecchio all' Adriaterminal.
Non entro nel merito sulla differenza reddituale fra un container da 20 piedi e 15/20 tonn di merci varia.- Ricordo invece l'affermazione di un esperto in economia portuale, il quale una quarantine d'anni or sono ebbe ad affermare in un convegno :" Il container sarà la morte dello spedizioniere ".
RispondiEliminaInfatti oltre il 90 percento delle case di spedizione nazionali ed internazionali, che operavano nel porto di Trieste o hanno chiuso o se ne sono andate.
Si dice il progresso.