sabato 6 febbraio 2016

NON DI SOLO CONTAINER LAVORA UN PORTO

Nel post di ieri che criticava questa usanza di indicare record per i vari porti e per guadagnare posti nelle classifiche dei traffici ci siamo concentrati sulle tabelle del traffico container (mettendo a confronto i numeri teu del Nord Adriatico con quelli del porto di Genova). 
Coincidenza vuole che sempre nella giornata di ieri The Meditelegraph riportava le dichiarazioni del presidente della Compagnia Portuale di Genova che affrontava proprio il tema delle merci varie, di quello che in un porto non è container.

Ve lo proponiamo con alcune nostre sottolineature:


Genova, il tramonto delle merci varie 

In dieci anni traffico dimezzato in porto. La Culmv chiede un terminal dedicato, ma per le imprese è inutile.               ALBERTO GHIARA - FEBBRAIO 05, 2016


Genova - «A Genova manca un soggetto che traini il settore delle merci varie, che per questo è ridotto ai minimi termini»: a notare la progressiva sparizione dallo scalo della Lanterna di uno dei suoi traffici più tradizionali è Antonio Benvenuti, console della Compagnia unica Paride Batini (Culmv). 

Per i lavoratori portuali della Compagnia, quello delle merci varie è un settore ad alto valore aggiunto, che porta un maggiore numero di chiamate, a parità di volume, rispetto ai settori che oggi sono prevalenti, ossia container e materiale rotabile (ro-ro). 

«In altri scali - spiega Benvenuti - come Ravenna e Chioggia c’è ancora una forte attività di questo tipo, a Genova manca un terminal dedicato, come era il Multipurpose quando lo gestiva la Compagnia unica». 

I dati statistici dell’Autorità portuale di Genova confermano l’andamento in discesa delle merci varie, oltre che di un altro settore di nicchia come le automobili. Prima del 2009 le merci varie
rappresentavano più dell’1 per cento del tonnellaggio totale del porto, con un picco nel 2007 con 884 mila tonnellate su circa 59 milioni, (1,5 per cento). Dal 2009 l’incidenza è scesa stabilmente sotto l’1 per cento, fino a toccare lo 0,7 nel 2015 (con 362 mila tonnellate su 51,3 milioni complessive).

Nel 2015 il calo rispetto al 2014 è stato del 27,7 per cento. L’unico servizio regolare di navi dedicate alle merci varie nel porto di Genova è quello che collega il Mediterraneo a Amburgo, operato dalla compagnia Rickmers. 

A Genova queste navi sbarcano e imbarcano al terminal San Giorgio (la cui concessione occupa aree un tempo dell’ex-Multipurpose e del terminal Frutta, venduto nel 2009 da Alfonso Clerici al gruppo Gavio). 

Per Benvenuti questo è troppo poco. «Il picco dei volumi - ricorda - è stato fra 1997 e 2001, quando a Genova arrivavano metalli, coils, bramme, tubi, oltre alla frutta. Da allora si è avuta una diminuzione progressiva. In parte questo è dovuto alla tecnologia, per cui prodotti come ad esempio la frutta e altri sono sempre più caricati dentro ai container. 

Ma nel porto di Genova le merci varie sono ridotte ai minimi termini, anche se una fetta di mercato continua a esistere altrove, a Ravenna, Marghera o Chioggia. Anche l’Ansaldo invia i propri prodotti da Genova a Marina di Carrara. Adesso ha chiesto 25 mila metri quadrati con banchina per caricare a Genova le sue nuove produzioni. 

L’Autorità portuale sta lavorando per preparare l’autorizzazione». Il problema, secondo il console, è che «se il porto non ha un terminal dedicato, viene a mancare il mercato. Ci vogliono soggetti che operino. Il gruppo Grimaldi, ad esempio, ha un settore dedicato alle merci varie nel porto di Anversa, ma non a Genova. Manca il soggetto che traini questo settore. E se si punta allo sviluppo soprattutto di navi portacontainer e traghetti, lo spazio a disposizione si restringe».

A Genova i terminal che movimentano più merci varie sono il Genoa Metal Terminal (256 mila tonnellate nel 2015, -31 per cento sul 2014), lo stesso terminal San Giorgio (73 mila tonnellate, +6,4 per cento) e il Messina (22 mila tonnellate, -36 per cento). 

Alcuni di questi però si dedicano prevalentemente a container e ro-ro. Dal canto suo il terminal Rinfuse, che nel 2014 aveva movimentato oltre 20 mila tonnellate di merci varie siderurgiche, in quello successivo ha praticamente abbandonato questo tipo di traffico (1.109 tonnellate, -94,6 per cento). 

Ma è davvero possibile che lo scalo genovese recuperi un ruolo importante in questo settore? «Intanto - risponde Maurizio Anselmo, amministratore delegato del San Giorgio - bisogna considerare il contesto generale. Il mercato delle merci varie si è assottigliato. 

Per l’Italia era rappresentato in buona parte dall’ impiantistica ad alto contenuto tecnologico in esportazione. Ma il ruolo dell’Italia si è ridotto per la concorrenza estera e per la crisi. 

Nell’ultimo anno, poi, i bassi prezzi del petrolio hanno fermato l’attività di molti impianti di estrazione. In questo quadro si inseriscono le criticità del porto di Genova, che è meno competitivo dei porti dell’Alto Adriatico per i prodotti impiantistici di dimensioni maggiori, per ragioni di accessibilità. 

Inoltre ormai tutto quello che può viaggia in container, mentre i prodotti siderurgici, come i coils, per un effetto domino privilegiano i porti dell’Adriatico dove gravitano le navi per il trasporto di merci di questo tipo. 

Genova è diventata periferica e nelle merci varie, come è successo anche per la frutta, è inutile tenere un terminal dedicato. Meglio puntare sui settori in crescita come i ro-ro».



NOTA DI FAQ TRIESTE : Abbiamo sottolineato alcune dichiarazioni contenute nell'articolo e quei passaggi che hanno direttamente a che fare con la realtà triestina. Ad esempio abbiamo sottolineato il riferimento al Genoa Metal Terminal che opera ancora a Trieste nel Porto Vecchio all' Adriaterminal.

1 commento:

  1. Non entro nel merito sulla differenza reddituale fra un container da 20 piedi e 15/20 tonn di merci varia.- Ricordo invece l'affermazione di un esperto in economia portuale, il quale una quarantine d'anni or sono ebbe ad affermare in un convegno :" Il container sarà la morte dello spedizioniere ".
    Infatti oltre il 90 percento delle case di spedizione nazionali ed internazionali, che operavano nel porto di Trieste o hanno chiuso o se ne sono andate.
    Si dice il progresso.

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