lunedì 18 gennaio 2016

AGGIORNAMENTO SULLA RIFORMA DELLA PORTUALITA'

 Sulla riforma: “It’s a long way to Tipperary”

LA GAZZETTA MARITTIMA 16 gennaio 2016 


ROMA – Qualcuno la chiama già la “riformina”. Comunque stia andando, l’approvazione che dovrebbe essere arrivata ieri al consiglio dei ministri dei dieci decreti urgenti presentati dal ministro Marianna Madia ha dato un primo colpo di spugna – se il tema non è stato rinviato, come qualcuno all’immediata vigilia temeva – alla pletora delle Autorità portuali così come sono articolate.

Il balletto delle cifre sembra concluso: da 24 che erano passeranno a 15, una di più di quanto aveva promesso il ministro Delrio (l’integrazione tra Bari e Taranto è stata annullata, entrambi gli scali sono stati riconosciuti “core port” e rimangono sovrani). 

Non sappiamo ancora se all’ultimo momento c’è stato ancora qualche altro colpo di coda, ma una cosa è certa: se la riforma della 84/94 si dovesse fermare a quanto approvato ieri in sede di decreti Madia, avrebbero ragione quelli che parlano di “riformina”. 

Il ministro Madia ha portato avanti un boccone enorme, la riforma dell’intera
pubblica amministrazione, e in questo quadro la legge 84/94 appare solo un fuscello. Il grosso, la polpa, anche per questa legge, deve ancora venire. E sul grosso incombe anche la sentenza della Consulta che impone il confronto Stato-Regioni; tale che per alcuni costituzionalisti potrebbe arrivare a rimettere in discussione – per via traversa – anche lo stesso numero delle Autorità. Una cosa è certa: sulla “governance”, ovvero sulla nomina dei presidenti e tutto quello che ne segue, le Regioni avranno il diritto-dovere di dire la loro: ed è facile capire che non sarà un ballo a Corte.

Comunque sia, le 15 Autorità portuali che escono dal decreto attuativo Madia sono all’inizio di un iter legislativo che non si risolverà certo in poche settimane. Il decreto – insieme agli altri, tra i quali quello molto articolato sulla riforma delle Camere di Commercio – dovrà andare al Consiglio di Stato, che ha 45 giorni di tempo per l’esame e il suo (eventuale) nulla osta. E’ prevedibile che si vada a fine febbraio. Successivamente toccherà alle commissioni parlamentari della Camera e del Senato, i cui pareri sono obbligatori anche se solo consultivi. Difficile pensare che dalle commissioni – dove le minoranze stanno già affilando le armi: e dove anche le lobby non hanno mai lesinato di difendere le loro posizioni – non arrivino richieste di modifica: il che farebbe scattare almeno un altro mese di rinvii. Poi si entrerà nel vivo dell’attuazione dei provvedimenti Madia sulla “governance”; il che richiederà probabilmente qualche ulteriore mese. 

E’ prevedibile quindi che l’alto numero di porti commissariati continuerà ad esserlo almeno fino a metà anno. In attesa di capire che cosa uscirà dal resto del progetto di riforma Delrio – quello che non facendo parte della riforma della pubblica amministrazione richiederà decreti appositi – anche nel confronto tra il governo centrale e i governi regionali, alcuni dei quali decisi a difendere le proprie prerogative sui distretti logistici, sulle concessioni, e su svariati temi intorno ai quali c’è già un discreto dibattito perché non tutti coincidono con le indicazioni che arrivano, per la portualità e la logistica, dall’Unione Europea. 

Insomma, come cantavano a inizio del secolo scorso i soldati inglesi mandati come carne da macello nella prima guerra mondiale, It’s a long, long way to Tipperary. C’è ancora tanta, tanta strada da fare.


Antonio Fulvi

COSA HA DECISO IL CONSIGLIO DEI MINISTRI VENERDI' ?

THE MEDITELEGRAPH 18 gennaio 2016

Genova - Saltato il primo appuntamento in consiglio dei ministri, il pacchetto Madia che dovrebbe contenere anche la riforma della governance portuale slitta a venerdì 22 gennaio, data ipotizzata dallo stesso premier Matteo Renzi.
Sono tuttavia numerosi gli aggiustamenti, sia a livello locale che di ministero, portati avanti sotto il cono d’ombra in cui è caduta la bozza del decreto, indebolita alla fine dello scorso anno dalla sentenza della Corte costituzionale che impone il confronto in Conferenza Stato-Regioni sull’intero Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, cioè il maxi-disegno da cui dovrebbe discendere l’intero impianto delle riforme di settore ideato dal ministro dei Trasporti, Graziano Delrio.

Sulle banchine (terminalisti, sindacati ma anche Authority) alle prese con le prospettive di calo dei traffici del 2016, l’urgenza di riformare la parte collegata la lavoro, la crisi dei porti di trasbordo al Sud, allargano le braccia: quello che sarà, sarà. Man mano la riforma si slitta, il tema perde di interesse. Il governo è riuscito a tenere il punto sulla nomina governativa del presidente delle nuove Autorità portuali di sistema, ma con il parere delle Regioni.

La presidenza dell’Autorità di sistema dovrebbe essere riportata a quattro anni, considerato troppo corto il periodo di tre (che modificava il precedente periodo di quattro). Il governo invece sta cominciando a cedere sull’impianto degli accorpamenti: le Authority di sistema saranno infatti 15 e non più 14.

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