domenica 13 dicembre 2015

BLOCCATA LA RIFORMA DEI PORTI ?

LE VOCI E LE ANALISI CHE VI AVEVAMO SEGNALATO HANNO TROVATO CONFERMA

LA NOTIZIA : La Corte Costituzionale dichiara che la Riforma della Portualità non si può fare senza consultare le Regioni. 

LE VOCI : Con il pensiero alle amministrative il presidente del Consiglio Renzi, preoccupato delle proteste sulle unificazioni delle Autorità Portuali  che gli potrebbero far perdere dei voti, è intervenuto con i " suoi " uomini e donne di fiducia sul testo della Riforma targata Del Rio. Per evitare di scontentare alcune città portuali e per evitare critiche la proposta "Renzi" porterebbe le unificazioni e quindi le nuove Autorità di Sistema a cinque o sette in modo che quai tutti gli scali subiscano lo stesso trattamento. Qualcuno sostiene che un ulteriore progetto - sempre firmato Renzi - vorrebbe una unica Autorità Portuale  per tutti i porti legata direttamente al Ministero dei Trasporti. 


IL BLOCCO DELLA RIFORMA : I progetti del Presidente Renzi costringeranno Del RIo a decidere quali dei due progetti di riduzione delle autorità portuali presentare al Consiglio dei Ministri, primo gradino. Il secondo gradini molto più alto è quello della decisione della Corte Costituzionale che mette un freno alla volontà " centralizzatrice " di Renzi.


La notizia è stata lanciata dal solitamente ben informato THE MEDITELEGRAPH con un articolo di oggi 12 dicembre 2015 che potete leggere integralmente a questo indirizzo o nella parte che riportiamo di seguito.









Genova - Pur essendo il riordino della portualità una materia di competenza centrale, non è consentito allo Stato di ignorare totalmente il parere delle Regioni.


Genova - Pur essendo il riordino della portualità una materia di competenza centrale, non è consentito allo Stato di ignorare totalmente il parere delle Regioni che, al contrario, vanno obbligatoriamente coinvolte nel processo decisionale «in base al principio di lealtà». 

Per questo motivo la Corte Costituzionale, con una sentenza depositata ieri, ha dichiarato l’illegittimità della legge “Sblocca Italia” nella parte in cui non prevede «alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nelle procedure di adozione del piano strategico nazionale della portualità e della logistica: aspetto sul quale la norma censurata rimane, in effetti, completamente silente».

A proporre ricorso era stata, alla fine dello scorso anno, la Regione Campania, secondo la quale nel momento in cui lo “Sblocca Italia” prevedeva l’adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del «piano strategico nazionale della portualità e della logistica», andava a incidere sulla materia «porti e aeroporti civili, di competenza legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma della Costituzione». 

Una tesi ampiamente accettata dalla Consulta, che nelle motivazioni della sentenza numero 261/2015 (consultabile qui) sottolinea come la norma impugnata vada dichiarata «costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che il piano strategico nazionale della portualità e della logistica, da essa disciplinato, sia adottato in sede di Conferenza Stato-Regioni».

La pronuncia della Corte Costituzionale arriva in un momento delicatissimo per la portualità italiana, e fornisce un clamoroso assist a quelle Regioni – Liguria in testa – che da mesi chiedono di essere coinvolte in prima linea nel dibattito sulla riforma della legge 84/1994 e, soprattutto, di avere voce in capitolo in materia di governance e stesura dei piani regolatori. La Consulta, da parte sua, è perentoria: nessun piano della portualità può avere valore senza un passaggio in Conferenza Stato-Regioni.


La riforma “raddoppia”

Intanto Graziano Delrio non lascia, anzi raddoppia. Al ministero delle Infrastrutture hanno deciso di scrivere – e presentare - due diverse ipotesi di riforma portuale. A quanto risulta al Secolo XIX/The MediTelegraph, sul tavolo della presidenza del Consiglio, ci sarebbero già ora due bozze di decreto. I due dossier sono all’esame di Antonella Manzione, a capo dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi e braccio destro tecnico di Renzi. Il primo documento è noto e già anticipato: si tratta del progetto che prevede la riduzione a quattordici Autorità di sistema dalle attuali 24, mentre il resto degli scali viene classificato come “direzione portuale”: meri presidi territoriali, svuotati di quasi tutte le funzioni. Il secondo decreto che invece Renzi si troverà a dover esaminare, ricalca lo schema degli otto distretti elaborato a maggio dello scorso anno dallo stesso ministero, già scritti in forma di bozza e poi in fretta accantonati per le imminenti elezioni regionali e la rivolta sui territori che rischiavano l’accorpamento. Oggi quei distretti, che prevedevano ampi spazi manovra geografici e operativi per le nuove super Autorità portuali, si sono ridotti in un numero variabile da 5 a 7, «ma dobbiamo ancora decidere» confidano due fonti romane, «perché se a livello politico ci fosse un accordo su un’unica Authority nazionale, non è detto che non si possa fare» spiega un altro parlamentare.

Ora è tutto in mano a palazzo Chigi che, ricevute le due proposte di Delrio, dovrà decidere quale presentare nella prossima riunione del consiglio dei Ministri. 

Una scelta resa più difficile dalla sentenza della Consulta. Una delle ipotesi sulla data è che il decreto sulla governance dei porti potrebbe essere discusso già la settimana prossima, ma è più probabile che il testo del decreto arrivi sul tavolo del Cdm il 21 dicembre. Renzi, in accordo con il sottosegretario Lotti e la Manzione, sceglierà il documento ritenuto migliore, ma c’è una terza possibilità, non ancora da scartare. Alla fine il premier potrebbe anche non operare una scelta e decidere di rimandare ulteriormente la questione, non soddisfatto dalle due ipotesi che Delrio ha presentato. 

In mezzo, anche questa volta, ci sono elezioni amministrative: il nuovo decreto che prevede le 14 Authority di sistema ha portato, come è noto, ad una rivolta dei porti declassati a direzione di scalo. La proposta dei distretti portuali, sotto il profilo degli accorpamenti, è ancora più stringente, visto che ne prevederebbe un minimo di cinque e un massimo di sette: l’Alto Tirreno andrebbe da Savona a Piombino, Civitavecchia ingloberebbe Napoli e Salerno, la Sardegna rimarrebbe da sola così come la Sicilia che farebbe distretto a sé. Poi Gioia Tauro, i porti pugliesi e una mega Authority a gestire da Ancona a Trieste.

C’è spazio ancora per un paio di ritocchi: qualche Autorità potrebbe salvarsi, altre potrebbero finire accorpate. Questa seconda ipotesi di decreto mira a rendere i distretti un’emanazione diretta del ministero, perché alla guida, confida un’altra fonte, potrebbero insediarsi figure del tutto comparabili ai direttori generali del Mit. I due testi di fronte a Renzi sono all’opposto: uno prevede ancora una forma di governo territoriale, l’altro accentrerebbe quasi tutto. «Io nel merito non posso dire nulla – spiega Maurizio Maresca, consigliere giuridico economico del premier – ma confido che questa volta ci siano le condizioni per una riforma vera che promuova trasparenza, crescita e traffici».

Simone Gallotti



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