Continua il dibattito genovese sulla riforma dei porti, e oggi vi proponiamo l'intervista a Duci realizzata dalla Gazzetta Marittima. Il dibattito genovese influenza pesantemente la discussione nazionale sullo stato della riforma dei porti. Buona lettura e attenzione ai riferimenti a Trieste.
GENOVA – Abbiamo chiesto a Gian Enzo Duci, presidente di
Assagenti e uno dei più esperti conoscitori delle problematiche portuali, di
concludere il nostro giro di interviste su riforma e rilancio della logistica.
E nell’intervista che segue, lo fa davvero in modo esaustivo.
Presidente, la riforma si fa attendere mentre urge decidere.
E’ indispensabile fare una premessa: la riforma del sistema
di governance all’interno delle
Autorità portuali era ritenuta necessaria da
tutti ma di fatto, in sua attesa, si è paralizzata l’attività di nomina delle
cariche in scadenza. Così oggi metà delle Autorità portuali risultano
commissariate. Ed intanto anche il ministro Delrio, dopo il ministro Lupi, si
giustifica con l’uscita “a breve termine” della riforma che, a ben vedere,
attendiamo da quasi un decennio. Nutro forti dubbi che si possa continuare in
questa direzione.
Secondo il presidente Merlo per la riforma non si andrà
oltre i primi mesi del 2016.
La attendevamo già dallo scorso agosto e c’è un continuo
rinvio. Non esiste certezza di quando si arriverà ad una conclusione poiché le
promesse fatte – ricordo i famosi primi 100 giorni di Maurizio Lupi – non sono
state rispettate. Da quel momento in poi i porti sono stati commissariati uno
ad uno – anche se nel caso di Trieste il commissario, per parere unanime, è già
stato designato come presidente – creando rilevanti problemi per la loro
gestione: e qui penso a Napoli su tutti.
Altro elemento che ritengo importante è quello che riguarda
il contenuto sulla riforma: dai rumors che si sentono questo sembra essere
sempre più annacquato da interventi di natura prettamente politica e
politico-locale. Gli accorpamenti sovraregionali, in termini di autorità di
sistema, sembra stiano saltando tutti ed a questo punto la riforma della
governance servirebbe per accorpare solo un paio di autorità portuali,
nondimeno fra le più efficienti, come Savona e Salerno. Si lasciano invece
separate autorità portuali come La Spezia e Marina di Carrara che, per bacino
di utenza e tipo di traffici, dovrebbero essere assolutamente unite.
Quest’ultima poi non la vedo adatta ad un accorpamento con Livorno e Piombino:
l’eventuale governance rischia di dover gestire situazioni potenzialmente in
concorrenza. Anche nella dorsale adriatica è venuto meno l’accorpamento fra
Ancona e Ravenna, due realtà che invece ritenevo adatte per un governance
comune. Sono consapevole delle ragioni di tipo politico che creano queste
situazioni ma resta il fatto che la finalità dell’operazione era quella di
aumentare la competitività del sistema portuale italiano rispetto a quello
internazionale. Oggi quello scopo sembra essere stato messo da parte e con una
riforma senza quel fondamentale connotato si rischia di perdere anche la spinta
necessaria per portarla a termine.
Cosa pensa che succederà a Genova?
Il presidente Merlo ha dato le dimissioni; in realtà si sta
avvicinando la naturale scadenza del suo mandato prevista per febbraio. E
sembra che nel prossimo mese si debba andare alla scelta di un commissario.
Ripeto che c’è il timore che questo tipo di gestione – in attesa della riforma
e dei suoi tempi incerti – possa avere una durata superiore a quella che il
porto può permettersi. Un po’ più di collaborazione fra le parti avrebbe
permesso di non trovarci in questa situazione: le dimissioni a termine date dal
presidente Merlo lasciavano il tempo per procedere alla nomina di un presidente
sulla base delle regole vigenti. Sarebbe stata la procedura migliore dato che,
nell’attesa, abbiamo vigente la legge, che prevede una terna di nomi. Sono
estremamente perplesso sia sotto il profilo dell’opportunità che della
legittimità. Ritengo infatti che il commissariamento sia giustificato in attesa
di una nuova legge ma non sia legittimo mantenere questo stato oltre un certo
limite di tempo come sta succedendo a molte Autorità portuali. Non è davvero questo
il modo migliore per amministrare una componente fondamentale dell’economia
nazionale quale è quella dei porti.
Secondo Assagenti come dovrà essere il futuro presidente del
porto di Genova?
Il nostro porto ha necessità di interventi enormi che il prossimo
presidente dovrà portare avanti con una logica quasi epocale. Stiamo ancora
operando in un contesto che è della fine dell’800 ed abbiamo la necessità di
traguardare il porto del prossimo secolo. Necessita un presidente che sia una
figura chiave e non sono consentiti errori nella sua scelta. Mi si conceda una
metafora di natura calcistica: non si va ad allenare il Real Madrid se prima
non si è allenata con validi risultati un’altra squadra. Alla guida del primo
porto italiano occorre una persona con conoscenza dell’amministrazione
pubblica, un background di livello ed esperienza nel settore in ambito
internazionale. A mio parere Zeno D’Agostino rappresentava questo tipo di
figura, così come la rappresenta Francesco Messineo. Molti dei nomi che sono stati
fatti non sembrano avere queste caratteristiche mentre le avrebbe Sandro
Biasotti, se non fosse per i suoi connotati politici, diversi da quelli del
ministro. Il presidente dovrà muoversi a livello locale, regionale, nazionale
ed internazionale con un’unica bandiera: quella degli interessi del porto;
avere un marcato flag politico non rappresenta un vantaggio.
La priorità da affrontare una volta insediato?
Da un punto di vista temporale la sua priorità sarà quella
di portare a termine il rinnovo delle concessioni che sono richieste da parte
di diversi terminalisti. Il presidente Merlo ha iniziato questa opera e
pubblicato le istanze. Ribadisco che in assenza della riforma deve essere
applicata la legge vigente, che piaccia o meno. E se ci sono delle norme
vigenti in materia di concessioni, il nuovo presidente dovrà applicarle.
Cinzia Garofoli LA GAZZETTA MARITTIMA 13 ottobre 2015
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