giovedì 11 giugno 2015

IMPATTO MEGA NAVI PORTACONTAINER (3)


MEGA PORTACONTAINER UNO                                                 MEGA PORTACONTAINER DUE


Abbiamo già scritto in due post precedenti dello studio sull'impatto delle meganavi portacontainer. Nel post di oggi vi proponiamo due pezzi da TrasportoEuropa e del Medi Telegraph che elenca alcuni punti chiave della questione.



Maersk, le rotte container globali in mano di pochi


Martedì 09 Giugno 2015

Il Ceo di A.P. Møller-Mærsk, Nils Andersen, ha dichiarato in un'intervista che entro pochi anni spariranno le piccole medie compagnie di navigazione dalle principali rotte dei container, che saranno dominate da pochi operatori.

L'affermazione non sorprende gli analisti, che da tempo hanno individuato questa tendenza, ma indubbiamente colpisce se detta dal dirigente della più grande compagnia mondiale del container. L'intervista di Andersen al Wall Street Journal arriva in concomitanza con l'annuncio ufficiale che Maersk Line ha ordinato undici unità da 19.630 teu, per una fattura totale di 1,8 miliardi di dollari. 

E proprio il varo delle mega-portacontainer è il fattore principale che sta determinando l'oligopolio sulle rotte intercontinentali e, in particolare, su quella tra Asia ed Europa.
Andersen ha spiegato che la medie e piccole compagnie, ossia quelle che hanno una quota fino al 5% del mercato, stanno lavorando in perdita negli ultimi anni, una situazione che non potrà continuare per molto tempo. 

Aggiungiamo che gli stessi colossi sono in difficoltà, a causa dal collasso dei noli causato dall'eccesso di offerta, che a sua volta deriva dall'introduzione di navi sempre più grandi. Quindi, le principali compagnie si stanno aggregando in consorzi, che rendono ancora più difficile la vita alle società più piccole.

Alla domanda su quanto continuerà questa condizione di offerta di stiva superiore alla domanda, Andersen risponde che proseguirà per almeno i prossimi cinque anni. Nei prossimi dodici mesi, il Ceo di Maersk prevede che la crescita dei volumi sarà "relativamente lenta", ossia compresa fra il tre ed il cinque percento. 

Comunque, egli ritiene che gli enormi investimenti attuati in mega-portacontainer renderanno. "Comportano dei rischi, ma il nostro orizzonte raggiunge i trent'anni", egli spiega.




Le mega-navi ci costano mezzo miliardo / FOCUS
Genova - Uno studio dell’Ocse (il suo autore, Olaf Merk, sarà a Genova venerdì in occasione dell’assemblea di Feport, l’associazione europea dei terminalisti) boccia la corsa degli armatori alle mega-portacontainer. 

ALBERTO QUARATI - GIUGNO 06, 2015

Genova - Uno studio dell’Ocse (il suo autore, Olaf Merk, sarà a Genova venerdì in occasione dell’assemblea Feport, l’associazione europea dei terminalisti) boccia la corsa degli armatori alle mega-portacontainer.

Navi più grandi, più economie di scala. Ma anche più possibilità di controllare il trasporto dei container via acqua, un terzo dei traffici marittimi mondiali, il 90% di tutto ciò che è veicolato dentro contenitore. Nemmeno negli anni Settanta, ai tempi delle super-petroliere, era così evidente che in mare vale solo la legge del più forte. Costruire mega-navi comporta rischi economici, affrontati dai big del settore per mettere all’angolo i concorrenti più deboli.

Ma - primo problema rilevato dall’Ocse - le economie di scala prodotte dalle mega-portacontainer si stanno esaurendo. Il passaggio da una capacità da 9.000 a 15 mila teu ha ridotto di un terzo i costi di gestione in 10 anni, mentre il passaggio da 19 mila a 24 mila teu darà agli armatori risparmi da quattro a sei volte inferiori, e già oggi - rispetto alle navi del passato - il 60% delle ridotte spese è dato dalla maggiore efficienza dei motori associata alle tecniche di slow steaming.

Due: le economie di scala sono esclusivamente a favore degli armatori. Il consumatore finale anzi rischia di pagare di più: la corsa dei porti a intercettare il traffico delle mega-navi è pagata per buona parte con i soldi dei contribuenti. Secondo le stime dell’Ocse, nella spesa generale annuale dei trasporti, le mega-navi incidono per circa 400 milioni di dollari: un terzo per nuove gru, un terzo per dragaggi, un terzo per nuove banchine e retroporti. Inoltre in molti Stati non esiste pianificazione territoriale. 

Tre : I costi a carico della collettività si duplicano in per rivalità di campanile o distribuzione di fondi a pioggia. Problema italiano? No, europeo: l’Ue ha razionalizzato i porti con l’istituzione degli scali “core” sulle maggiori reti infrastrutturali del Continente (Ten-T), ma tra una spintarella e l’altra questi porti “core” sono diventati 104 in luogo di 83.

Quattro: assicurazioni. È stato calcolato che l’affondamento di una nave da 19 mila teu costa un miliardo di dollari, e questo incide in termini di costi di P&I. Senza contare che oggi non esistono al mondo mezzi in grado di poter rimuovere i relitti, e sono pochissimi i bacini di carenaggio dove riparare queste navi.

Infine, l’armonizzazione del lavoro: le mega-portacontainer sin qui ordinate e saranno immesse sul mercato nei prossimi cinque anni ignorando non solo il ciclo economico attuale (assestamento di consumi e trasporti) ma più banalmente l’organizzazione dei porti, benché molti armatori siano anche terminalisti. 

Le maggiori dimensioni aumentano i movimenti-ora progressivamente ridotti in questi anni dagli investimenti dei terminalisti. I maggiori tempi di carico e scarico non tengono conto delle rigidità degli uffici pubblici, delle pause riposto degli autotrasportatori, della chiusura della dogana nel week end (anche in Nord Europa). Il braccio di ferro tra realtà e ambizioni dei super-armatori è insomma appena cominciato.


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