I triestini non vogliono prenderne atto. Abbiamo voluto
essere italiani anche nell'assetto statuale. Tra le tante schizofrenie c'è
anche questa.
Io ricordo le rive nereggianti di folla per accogliere Franz
Josep Strauss, che atterrava sul molo
San Carlo, poi Audace.
Qualche tempo dopo incontrai il senatore Gramser, tedesco di
modi e disinvoltura napoletana, che era il rappresentante del porto in Baviera
e in Germania.
Gli dissi, senatore dalla visita di Strauss a Trieste i carichi
dalla Baviera non sono aumentati neanche
di un chilo di patate.
Poi ero già da tempo all'Autorità portuale, cedetti , non
sempre personalmente, ai soliti pellegrinaggi a Mosca, Praga e Budapest, e
molti altri. L'unico dato acquisito fu quello relativo alla mancanza di
collegamenti con Trieste.
Non ti dico dei viaggi enogastronomici della Camera di
Commercio di Trieste, formidabili , mi raccontavano, per la ricchezza dei
banchetti e per l'avvenenza delle hostess.
Non dovrei raccontarti della
missione di due emissari a Mosca che ritornarono entusiasti della possibilità
di fare una linea diretta tra Trieste Porto e Mosca. Quando il solito rovina
feste chiese loro come avevano risolto il problema dello scartamento diverso dei binari russi ( sono più larghi e quindi locomotiva e vagoni vanno
sostituiti ) si guardarono interdetti e smarriti. Questa storiella portuale
viene ricordata con il titolo: “ Già Tolstoj in Guerra e pace spiegava la
differente larghezza dei binari “.
Manca nel quadro il comitato portuale, allegra combriccola di buontemponi, pronta a votare tutto e il contrario di tutto, al canto di " viva la' e po' bon" ,immortale canto che accompagnerà anche la sua scomparsa quando sarà attuata la riforma dei porti.
A proposito della visita Di Franz Josep Strauss a Trieste ecco la cronaca pubblicata da

6 ottobre 1987
PER KAISER STRAUSS UN TRIONFO A TRIESTE
Il presidente del Land bavarese vuole stabilire un rapporto
privilegiato con il porto adriatico.
Il problema più difficile da risolvere è
quello delle tariffe ferroviarie onerose
Non ha l' eleganza del rimpianto Francesco Giuseppe.
Basterebbe il collo da mungitore a testimoniarlo. Rappresenta la grassa
Baviera, non l' Austria raffinata dell' epoca d' oro. Sa di birra e di salsicce
più che di valzer e di Philiph Roth. Ma lo hanno accolto come un imperatore e,
vedendo dall' alto dell' elicottero la folla (5-6 mila persone) sul lungomare
dal molo Audace alla Stazione Marittima, Franz Joseph Strauss ne è rimasto
trasecolato.
Ripeteva: E' incredibile, è incredibile. Nostalgia di un antico
cordone ombelicale? Vocazione mitteleuropea? Sberleffo all' Italia, alla madre patria che
proprio qui, sul molo Audace, sbarcò a tricolori spiegati per poi ripiegarli in
una lunga disattenzione ai problemi di questa città e delle terre di confine?
Forse. Ma, più che altro, quell' assedio di folla deve essere stato motivato
dalla sensazione di un evento non formale e determinante per la rinascita di
Trieste.
Conservatore e pragmatico Kaiser del libero Stato della
Baviera e da quarant' anni ringhiante protagonista della politica tedesca all'
insegna di un conservatorismo capace di attenuazioni pragmatiche, Strauss
portava qualcosa di concreto e di ben più sostanzioso di un Oktoberfest in
edizione adriatica, allestito negli spazi della Stazione Marittima a spese (un
milione di marchi) del Land.
La più grande manifestazione promozionale
organizzata all' estero dalla Baviera, con generosità di boccali, di wurstel e
seguito di mostre, concerti e bande di piazza per una settimana. Portava la
volontà dichiarata di stabilire un rapporto privilegiato con il porto di
Trieste, di riaprire al Centro Europa, alla Baviera lo sbocco al mare
Adriatico, fisiologica porta del Sud, e di farlo imponendo ai governi centrali
e alla Comunità europea di districare alcuni nodi che ancora soffocano questa
naturale via di traffico. Non ci sono grossi problemi sul tappeto.
Solo alcuni dettagli, ha detto. I problemi sono stati
archiviati nel luglio dell' anno scorso, dal completamento dell' autostrada
Udine-Tarvisio. Adesso, Monaco è più vicina di Roma a Trieste, ha ricordato il
presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, Adriano Biasutti, quattro ore.
Chiedevamo il traforo di Monte Croce Carnico, per accorciare ancora di più la
distanza. Ma l' ostilità del Tirolo, che teme un' inflazione di traffico, non
lo permette. Entro il 1990, sarà ultimato il raddoppio della ferrovia
Pontebbana. Trieste ha ormai le carte in regola per recuperare il suo antico
ruolo di terminale del Centro Europa verso le rotte dell' Africa, del Medio e
dell' Estremo Oriente. Manca ancora qualche atout.
Per esempio, mancano tariffe ferroviarie competitive. E'
inutile fare una grande, illuminata politica dei trasporti, autostrade e strade
ferrate, se i costi di utenza non sono concorrenziali. E' questo il tipo di
dettagli che Strauss è venuto ad affrontare, con i suoi modi pragmaticamente
spicci e nella convinzione che Roma, Bonn e Bruxelles, quest' ultima come sede
del governo europeo debbano essere pungolate dalle alleanze regionali. Il
kaiser di Monaco si muove con l' autorità che gli viene anche dal rappresentare
l' area più ricca d' Europa, il land che traina la trainante economia tedesca,
con un tasso di sviluppo del 3,2 per cento nel 1986 rispetto al 2,5 della
Germania Federale.
Annodare un rapporto privilegiato con Trieste è alla portata
delle nostre rispettive competenze, ha detto, si tratta di accordarsi sulle
tariffe portuali. La regione Friuli Venezia Giulia e la Baviera possono
arrivarci in velocità. Le autonomie servono a questo: soluzioni locali a problemi
locali, senza sottostare ai tempi lunghi del centralismo che, lo vado ripetendo
da sempre, è una forma di governo superata. E' anche il guaio della Comunità
europea che viene sommersa e buttata in un vicolo cieco dall' ansia di dirigere
tutto, senza lasciare spazio alle regioni, alle province, ai land. Altri
grovigli chiedono la mano delle capitali e della Comunità europea. Ma la nostra
alleanza può avere un enorme peso nell' accelerare il processo. Il groviglio
più intricato sta nelle tariffe ferroviarie. Le nostre sono care e fuori
mercato rispetto a quelle, stracciatissime, delle strade ferrate tedesche per i
trasporti di merci verso i porti del Nord, verso Amburgo.
E' una politica,
quella tedesca, al limite del dumping. Al di là dell' efficienza di Amburgo,
della concorrenza a bassi prezzi di fiume e dei nostri ritardi tecnologici,
questa è stata una causa primaria della decadenza portuale di Trieste. Strauss,
senza riguardi per Bonn, ha parlato di un coltello a doppio taglio per la
Baviera: Non abbiamo grande interesse a difenderlo. Se la Comunità europea si
decide a intervenire per equilibrare le tariffe, staremo alla finestra sperando
che Roma faccia altrettanto. Strauss e la Baviera guardano, dunque, a Trieste,
al suo porto franco. Può essere, per la città, il giro di boa. E' legittima una
certa euforia.
Le speranze stanno diventando realtà, dice il presidente dell'
Ente Porto Michele Zanetti, prima, l' accordo Fiat-Generali per il rilancio del
nostro scalo. Adesso, questa volontà, questa offensiva della Baviera. C' è
qualche lentezza negli investimenti tecnologici. Ma, sin d' ora, il porto ha
una capacità inespressa del 5O per cento. L' isolamento è spezzato. Non è
velleità pensare a Trieste come il relais marittimo fra il Centro Europa e il Sud
del mondo. E un pensierino lo facciamo anche per quel che riguarda l' Est
europeo.
Scommettiamo sulla politica di Gorbaciov e l' Urss è quasi sprovvista
di porti. Baltico e Mar Nero sono devianti rispetto alle rotte più economiche.
Il porto di Odessa è inflazionato. Non firmiamo cambiali E' un pensierino su
cui Franz Joseph Strauss, criticissimo sull' accordo nucleare Reagan-Gorbaciov
butta l' acqua dello scetticismo: Non firmiamo cambiali. C' è troppa fiducia in
quel nuovo corso. Gorbaciov non vuole cambiare il sistema ma renderlo più
efficiente. Ma migliorare il sistema senza cambiarlo è come voler cuocere palle
di neve.
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