Negli ultimi anni Trieste ha recuperato e rilanciato la sua grande tradizione marinara e portuale. Ha ricostruito un’identità nei suoi cittadini ed ha dato nuove occasioni di lavoro.
Il glorioso Istituto Nautico è tornato ad attrarre giovani, molte sono donne, e da quel ceppo è nata l’Accademia Nautica dell’Adriatico, che ha trovato sede a pochi metri da quella dell’Autorità di Sistema Portuale e vicino alla sede di Fincantieri, che ospita anche gli spazi di Italia Marittima. Su un unico fronte, in faccia alle gru e agli scali ferroviari, sono allineati i tre pilastri dell’economia del mare: shipping, cantieristica, portualità.
L’Accademia
Nautica, scuola di specializzazione per allievi ufficiali,
progettisti navali, tecnici della mobilità sostenibile, ormai è
entrata nella formazione del settore della logistica e si è
avvicinata con corsi decentrati alle grandi concentrazioni di
magazzini (Interporto di Pordenone) ed ai territori
dell’industrializzazione diffusa del FVG (Udine).
Si
stava preparando a un nuovo salto, prima dello scoppio della
pandemia, quello di offrire le sue strutture, riconosciute
d’eccellenza dal MIUR, per la formazione di macchinisti ferroviari
necessari alle diverse Imprese Ferroviarie operanti nel territorio
del Friuli Venezia Giulia, tenuto conto del grande sviluppo
dell’intermodalità a cui ha dato impulso la politica della
direzione dell’AdSP del porto di Trieste e Monfalcone. Sugli scali
del porto convergono i locomotori di almeno sette diverse imprese
ferroviarie.
L’ambizione
è di creare un Centro di Formazione Ferroviaria, oggi mancante nella
Regione, progetto per il quale è difficile indicare ora un tempo
esatto di realizzazione, ma comunque la strada è tracciata.
Abbiamo cercato di capire con Pino Casini di Adriafer quali sono i
problemi per chi affronta questo percorso, dando per scontato che il
servizio della formazione deve essere prestato a condizioni eque e
non discriminatorie, rispettando le esigenze di tutti gli operatori
ferroviari interessati.
Nel
mondo ferroviario bisogna distinguere nettamente le professionalità
del Gestore dell’Infrastruttura, da quelle delle Imprese
Ferroviarie per la trazione dei treni o dei convogli in manovra.
Per
formare un macchinista di linea sono necessari cinque mesi d’aula
per la parte teorica (circa 100 giornate), alla fine dei quali
il futuro operatore deve superare due esami teorici (uno per la
licenza comunitaria di condotta ed uno per il certificato
complementare armonizzato) che gli conferiscono il requisito
professionale ancora solo teorico. Poi deve affrontare
l’addestramento pratico sulla macchina (120 turni di guida
per discenti inesperti, o 80 turni di guida, per discenti già
macchinisti di manovra) alla fine del quale deve sostenere un esame
pratico. In caso di esito positivo svolgerà il tirocinio pratico
sulla macchina (la cui durata è stabilita dall’istruttore che
effettua la supervisione, normalmente una settimana) ed ancora,
successivamente, sarà sottoposto a una valutazione da parte di un
Esaminatore di condotta certificato, per il conseguente rilascio
dell’abilitazione alla condotta.
Alla
fine del ciclo riceverà una “Licenza Europea” (di cui è
titolare il macchinista ed a lui rimane) ed un “certificato
complementare armonizzato” di categoria B2 (di cui è titolare
l’Impresa Ferroviaria).
Da
notare che la sola Licenza Europea non autorizza alla condotta dei
Locomotori.
La
maggior parte del carico didattico sarà concentrato sugli aspetti
riguardanti la sicurezza dell’esercizio ferroviario, la gestione
delle varie condizioni per il distanziamento dei treni
sull’infrastruttura e di velocità sull’itinerario da percorrere
e le caratteristiche dei veicoli da trainare.
Il
percorso formativo di un macchinista per macchine di manovra, invece,
è più breve. Infatti, pur avendo in comune la parte della Licenza
Europea, tutto il percorso descritto precedentemente può concludersi
in quattro mesi.
Il
macchinista di manovra si trova ad operare in un sistema delimitato
dal punto di vista fisico e tecnologico, come una Località di
Servizio o una Stazione di RFI o un Raccordo, interconnesso
all’Infrastruttura Ferroviaria Nazionale (IFN).
Di
norma gli istradamenti dei convogli avvengono ad una velocità
ridotta, che al massimo può raggiungere i 30 Km/h (salvo
disposizioni più restrittive, es. nei raccordi è di 6 Km/h).
Nella
manovra la valutazione del rischio richiede in molti casi
l’intervento dell’uomo, mentre in linea, sia per la normale
circolazione che quella ad Alta Capacità/Velocità, c’è il
prevalente supporto tecnologico per la guida; il controllo viene
effettuato con sistemi che intervengono automaticamente (es. SCMT ed
ERTMS).
Il
personale ferroviario operativo nell’esercizio è soggetto ad un
costante controllo (sia sanitario che professionale) ed a un costante
aggiornamento/mantenimento delle sue conoscenze e competenze, di cui
si farà garante nei confronti degli enti Europei (ERA) o nazionali
(ANSF), l’impresa ferroviaria che lo assume, una volta ottenute le
abilitazioni.
Il
problema dei controlli, delle autorizzazioni, delle licenze, delle
certificazioni in materia ferroviaria si è ovviamente presentato con
maggiore complessità quando è stato liberalizzato l‘accesso al
mercato della trazione. L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle
Ferrovie (www.ansf.it), inizialmente stabilita a Firenze, ma poi
riportata a Roma, ha competenze anche in materia di formazione, e per
il riconoscimento degli istruttori ed esaminatori. Dopo il crollo del
ponte Morandi di Genova è stato istituito un nuovo ente che dovrebbe
accorpare il controllo della sicurezza ferroviaria e quello della
sicurezza stradale: l'Agenzia nazionale per la sicurezza
delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e
autostradali (Ansfisa).
Che
cosa offre l’Accademia Nautica per rendere attrattivi i suoi corsi
alle imprese ferroviarie che hanno bisogno di personale? Innanzitutto
un’attrezzatura tecnologicamente molto avanzata, uno spazio dove
poter ospitare le commissioni di esame e poi la possibilità di
alleggerire le imprese stesse da alcuni costi (es. controlli sanitari
semestrali) che debbono sopportare nei processi di reclutamento,
formazione, aggiornamento oltre a percorsi linguistici mirati per
coloro che operano sui transiti di confine e che potrebbero, tramite
l’Accademia, essere ricompresi nel progetto presentato alla
Regione.
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