Quando
si varca la soglia degli 80 anni ci si chiede spesso quanto tempo ancora ci
resta. Non vorrei che qualcuno pensasse che questi scritti sono il frutto di
una patetica corsa contro il tempo. No, no, la gran parte delle cose che scrivo
è determinata da situazioni contingenti, da sollecitazioni di altre persone,
perlopiù da richieste d’interventi a convegni o incontri oppure da proposte di
collaborazione a opere collettive. Spesso però sono prosecuzioni di discorsi
iniziati da lungo tempo, precisazioni di tesi enunciate in altri
contesti storici.
Perciò danno l’impressione ogni tanto di essere le classiche
ripetizioni, tipiche di chi, in età senile, suole tediare gli ascoltatori
raccontando tre volte di seguito, nella stessa serata, la medesima storia. Pur
consapevole del rischio cui vado incontro pubblicando queste cose prodotte da
ottantenne – rischio di annoiare o di apparire troppo narcisista, essendo in
parte già pubblicate qua e là – mi pare che valga la pena metterle insieme, per
verificare se sono riuscito in questi anni ad esprimerle in modo che, pur
trattando temi diversissimi, risulti chiaro il filo che le unisce.
Sono
tre i campi d’interesse cui fanno riferimento: la storia contemporanea, le
trasformazioni del lavoro e la logistica, in particolare il suo segmento marittimo-portuale.
La
storia contemporanea è la materia in cui mi sono laureato e che ho insegnato
all’università, ma di essa fa parte anche la mia esperienza politica, la mia
attività di militante, è storia che ho ricostruito dai documenti e storia che ho
vissuto. Gli altri due campi d’interesse sono invece capitati per caso nel mio
percorso, si sono materializzati quando a 50 anni ho dovuto ricominciare
daccapo. A questa frattura esistenziale però non ha fatto riscontro alcuna
frattura mentale, culturale. Anzi, il mio metodo di pensiero è rimasto lo
stesso. Ed è questo che conferisce unitarietà al trattamento di argomenti così distanti
tra loro, sia pure con notevolissimi intrecci.
Sergio Bologna
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