NO
AL LAVORO PRECARIO NEL PORTO DI GENOVA!
PIANO
DELL'ORGANICO SUBITO!
A
TUTTI I LAVORATORI
Che
cosa succede nel porto di Genova?
Da
una parte c'è il racconto mediatico dei progetti dell'Autorità di sistema che
gestisce i soldi pubblici per gli investimenti, moltiplicati dal Decreto Genova
per il Morandi: diga, tombamenti, raccordi stradali e ferroviari, ribaltamento
a mare, aree di servizio, elettrificazione delle banchine.
Per lo più progetti
finanziati e fermi da 20anni a Palazzo San Giorgio. Ma a ogni annuncio i media
esultano come se fossero nuovi, con interviste e fotografie a Signorini, Bucci,
Toti e compagnia cantando. Mentre i preventivi aumentano, per cui
l'inefficienza dell'AdSP, denunciata ogni anno da Corte dei conti e Revisori,
lievita i costi del porto, che più che di trasporto e di commercio si è
trasformato nella più grande agenzia di finanza immobiliare della Liguria, e
non solo.
Dall'altra
parte c'è il racconto mediatico dei terminalisti: gru gigantesche, navi
supergiganti, rese record, proroghe decennali delle concessioni dietro
investimenti peraltro ordinari, e poi la compravendita delle concessioni con
plusvalenze record, l'afflusso di fondi di investimento da tutto il mondo, le
concentrazioni societarie in barba alla legge 84/94 (art.18c7: In ciascun porto
l'impresa concessionaria di un'area demaniale non può essere al tempo stesso
concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto). E poi, ancora, le
magnifiche sorti e progressive della Blue economy, con numeri moltiplicati,
ricchezza e occupazione annunciate per la città e la regione e illustrate in
studi insulsi commissionati a consulenti superpagati.
C'è
una terza parte per la quale invece regna il silenzio oppure l'antico rancore
piccolo-borghese contro il portuale libero e autonomo che non esiste più dalla
fine del “Secolo breve”. È la parte del lavoro che fa funzionare il porto, che
produce i record, che sbarca le navi record con le rese record, che rende possibile
i profitti. Sono i 2300 operativi dei Terminal e della Culmv. Quel lavoro
portuale che ha il record di essere l'unico fattore che non cresce. Non cresce
l'occupazione in assoluto, non crescono i salari se non strettamente collegati
alla produttività (sorte di cottimi collettivi), non cresce anzi peggiora la
salute né la sicurezza, quella sul lavoro e del posto di lavoro. Invece,
aumentano i contratti precari e ogni giorno dobbiamo sorbirci la promessa
dell'automazione che manderà tutti a casa, perché così va il mondo dei padroni.
Nel 2007, prima della crisi, il porto movimentava circa 1,9 milioni di teus,
oggi ne movimenta circa 2,6, ossia il 40% di più, ma lo fa con lo stesso numero
di operativi di allora. Grazie alle gru giganti e ai computer, oppure grazie
allo sfruttamento moltiplicato della manodopera? Prendendo a esempio il VTE che
è il principale terminal di Genova e d'Italia, che produce da solo il 60% dei
container del porto, negli ultimi 10 anni il suo organico è diminuito di circa
40 dipendenti. Nel frattempo ha moltiplicato i suoi profitti. Nel 2018 l'utile
netto di PSA-VTE distribuito ai suoi azionisti è stato di 35 milioni di euro
pari al 21% del fatturato.
Grazie a chi?
Se
non sono i lavoratori a farsi sentire, non si parla di lavoro: dopo avere
redatto un "Piano dell'organico" indecente per la sua inutilità (ma
per cui il dirigente estensore è stato premiato), l'Autorità assiste al mercato
del lavoro portuale senza intervenire, in maniera pilatesca come si addice a
Signorini, che concede però il primato della decisione non al
"popolo", ma sempre e solo ai terminalisti. Invece di svolgere il
ruolo di arbitro pubblico e garante della legge: che si tratti di allerta
rossa, di trasporto di armi, di autoproduzione, di sicurezza sul lavoro, di assunzioni
di forza lavoro con contratti precari, di allungamento di turni e orari di
lavoro e di straordinari, di garantire la clausola sociale ai lavoratori della
Manovra ferroviaria alla vigilia della gara di rinnovo. Decidono le imprese,
sempre, mentre Signorini è a Ginevra o vola in Cina.
Guardiamo
in particolare al lavoro precario, che sta crescendo nel porto commerciale come
mai in passato. La precarietà è giustificata dai terminalisti con la
flessibilità. Ma in porto la flessibilità è già assicurata dalla Culmv, come in
nessun altro comparto produttivo avviene: potere disporre della forza lavoro
solo se e quando serve, potendo deciderlo anche poche ore prima, e pagare solo
per il tempo di lavoro prodotto. Il sogno capitalistico del "Just in time"
assicurato dalla legge e dal lavoro dei soci della Culmv. Se non bastasse, se i
soci della Culmv non sono sufficienti, essa si deve rivolgere agli interinali
che costituiscono quindi un ulteriore serbatoio di precarietà per la
flessibilità delle imprese.
Il
modello Genova, celebrato da tutti, prevede appunto che il lavoro flessibile
sia fornito dalla CULMV oppure che il terminalista assuma a Tempo
indeterminato. Allora perché i terminalisti, Spinelli, GNV, San Giorgio,
Messina, CSM, assumono lavoratori con contratti a Tempo determinato? Vogliono
creare una concorrenza al ribasso anche sul piano della flessibilità? Perché
PSA-VTE sta assumendo 15 lavoratori a TD per 6 mesi, come primo lotto di
ulteriori decine di assunzioni precarie?
È pur vero che in passato VTE aveva
dichiarato che a fine 2019, con l'entrata in funzione del terminal Maersk-Cosco
a Vado Ligure, avrebbe verificato il rischio di una diminuzione dei volumi di
attività. Ma a soli 4 mesi dalla scadenza VTE assume 15 precari, con
l'obiettivo è di 50 o più lavoratori a TD: pare quasi la prova generale per una
sorta di impresa di appalto ex art.16, il sogno mai abbandonato della dirigenza
VTE con il quale continua a blandire una fronda secessionista sinora perdente
dentro la Culmv.
Perché d’altro canto il sindacato non si oppone o pretende che
i lavoratori siano assunti dal serbatoio degli interinali, che la Culmv impiega
quando le chiamate eccedono le disponibilità, dove ci sono quasi 100 lavoratori
in attesa di una stabilizzazione occupazione?
Oppure, perché il sindacato non
pretende un aumento dell'organico della Culmv che già deve rinunciare al
personale inidoneo per età o salute?
Una mossa sindacale nefanda l'ha fatta
comunque la CISL-FELSA che ha cercato di ricavare soldi e tessere dalla selezione
VTE organizzando un corso di formazione per i disoccupati e gli interinali
rivelatosi una truffa.
Ieri
poi la ciliegina sulla torta. La dirigenza PSA-VTE annuncia di volere
incorporare il SECH (alla faccia solita della legge, vedi l'art.18c7 citato
prima). Quel SECH che i vecchi proprietari, Negri in prima fila, avevano
venduto pochi anni fa a fondi anglo-americani una volta ottenuta la proroga
"secolare" di una concessione mai gareggiata (il SECH fu dato nel
1993 "a gratis" a Negri e ai suoi amici). Il SECH che aveva già
incrociato una quota minoritaria con il PSA-VTE anni orsono. Altro che
"porto delle nebbie", viene da dire, questo è il "porto dei
cazzi propri"! Salvo denunciarlo da parte dei media solo quando c'è da
dare dei "califfi" ai portuali. Alle spalle del SECH nel frattempo è
stato tombato Bettolo, concesso a MSC in società con lo stesso SECH in maniera
anch'essa del tutto discrezionale a seguito del "troiaio" del
Multipurpose. L'anno scorso MSC e SECH hanno litigato e Bettolo è rimasto a
MSC, salvo scoprire che è inutilizzabile sia per l'accosto che per ospitare gru
e deposito container in quantità indispensabili per servire le supernavi tanto
agognate (a dispetto delle belle cerimonie di inaugurazione con Signorini e
compagnia cantando). Nel frattempo nel 2018 SECH ha chiuso nuovamente il
bilancio in perdita, nel 2017 di 560 mila e nel 2018 di 830 mila euro,
nonostante l'aumento dell'attività. Guardando i numeri del bilancio si scopre
che il problema della perdita del SECH è il costo del personale, pari al doppio
in percentuale rispetto ai ricavi (50 contro 25%), di quello del VTE, a parità
di impiego in proporzione del lavoro flessibile della CULMV e di tutti gli
altri fattori di costo. Insomma, direbbero i padroni, un problema o di esubero
di personale o di volumi di produzione (e non pare che a calata Sanità si possa
aumentare di molto).
In
attesa che qualcuno ce lo spieghi, e prima che al precariato si aggiunga la
mobilità senza regole dei lavoratori tra i terminal, tutto in nome della
flessibilità ma ai danni di chi il lavoro flessibile lo fornisce
istituzionalmente a suo totale rischio di occupazione e di salario (le proroghe
della Culmv sono di pochi anni, quelle dei terminal di 30-50 anni), chiediamo:
-l'immediata
trasformazione dei contratti a Tempo Determinato accesi in porto in contratti a Tempo
indeterminato,
-in
subordine, l’impegno a salvaguardare la continuità del rapporto di lavoro per
tutti i lavoratori alla scadenza del contratto a tempo determinato
-l'adeguamento
dell'organico della Culmv con la stabilizzazione dei soci speciali e una
prospettiva di continuità di lavoro degli interinali,
-l'immediata
convocazione della commissione del Piano dell'organico a cui partecipino i
delegati dei lavoratori di tutte le imprese del porto, in cui sia data informazione
pubblica sullo stato delle concessioni e del mercato del lavoro portuale, e per
affrontare i prossimi scenari produttivi soprattutto a seguito dell'avvio del
terminal di Vado e dell'introduzione di tecnologie per l'automazione.
CALP
COLLETTIVO AUTONOMO LAVORATORI DEL PORTO DI GENOVA
25
settembre 2019
Nessun commento:
Posta un commento