Trieste
tira dritto: «La nostra forza? I treni»
D’Agostino:
«La concorrenza si fa a terra, non sul mare. E noi abbiamo una vocazione
internazionale»
Oggi la vera concorrenza dei porti si
fa a terra e non sul mare.
Il sistema non si crea con chi fa il
tuo stesso mestiere, ma con chi fa un mestiere diverso, perché chi fa il tuo
stesso mestiere è naturalmente in concorrenza con te.
Per questo, le vere sinergie che
dobbiamo cercare sono tra porti e interporti e non tra porti e porti. Noi
stiamo, quindi, lavorando con Cervignano, Fernetti e Opicina perché la nostra
competitività si gioca sulla capacità di fare networking a livello interno.
Non mi appassiona, invece, il
ragionamento delle alleanze sul mare con altri porti dell’Adriatico» .
Sono parole di Zeno D’Agostino,
presidente dell’Autorità portuale del mare Adriatico orientale (ossia il Porto di Trieste), che senza astio,
ma in modo netto, chiudono all’ipotesi di una collaborazione stretta con Venezia.
«Intanto va detto – chiarisce – che
come autorità portuali possiamo fare tutti gli accordi che vogliamo, io posso
anche cenare ogni sera con Paolo Costa, ma poi le vere decisioni di collaborare
o di contrastarsi spettano agli operatori privati a cui noi diamo le
concessioni».
C’è poi la questione della
differente vocazione fra i due porti: «Trieste – afferma D’Agostino - è l’unico porto italiano
che ha una vocazione prevalentemente internazionale, mentre Venezia, che lavora
molto bene, tant’è che lo scoro anno ha aumentato i Teu di container da 500 a
600
mila, movimenta prevalentemente
merci legate al sistema produttivo nordestino e nazionale.
Noi, invece – specifica –,
scarichiamo soprattutto su treni in partenza verso la Germania, il Lussemburgo,
l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e in generale verso tutto l’Est
Europeo.
Inoltre – aggiunge – Venezia vede il
suo futuro nell’aumento della movimentazione di container, noi invece siamo
felici di avere un porto polivalente dove movimentiamo sì 500mila Teu di
container, ma siamo anche il primo porto petrolifero del Mediterraneo, con i
42milioni di tonnellate
di petrolio che, grazie alla Siot,
sono immesse nell’oleodotto che dal 1967 ci collega direttamente a Ingolstadt
(in Baviera). Movimentiamo poi circa 700mila Teu equivalenti, grazie al
traffico Ro-Ro (semirimorchi) dei due gestori turchi che sfruttano il porto
franco, che c’è soltanto a Trieste (gestori che hanno comprato le quote
di maggioranza dei due terminal che utilizzano) e ben oltre 10 milioni di
tonnellate fra merci varie e rinfuse secche».
Trieste, dunque, riscopre la sua
vocazione mitteleuropea e con i suoi 18 metri di fondali naturali, ma
soprattutto migliorando la movimentazione interna, punta decisamente a
sfruttare le sinergie con il trasporto ferroviario: «Pur rispettando il valore
della rivoluzione portata nella logistica mondiale dai container, il mio
obiettivo – spiega D’Agostino - non è andare ai convegni a dire che movimento
tanti container, ma creare lavoro e sviluppo nel sistema che fa riferimento a
questo porto.
In tal senso abbiamo scelto di investire sui treni, perché
abbiamo la fortuna di poter contare su una rete ferroviaria verso il Centro-Est
Europa, che è ben lungi dall’essere saturata. Lo scorso anno – dice ancora -,
abbiamo ridotto i costi di movimentazione del 35% e i tempi di oltre il 50% e
siamo così passati da 5.000 treni a 7.600. Oggi abbiamo una capacità di 11.300
treni e prevediamo di portarla a 20mila quando sarà completata la nuova
stazione di Campo Marzio. Tutto ciò ci ha permesso di aumentare il personale
della società ferroviaria interna dai 26 dipendenti del 2015 ai 62 odierni, che
diventeranno 75 il prossimo anno».
Il ritorno alla vocazione mitteleuropea di
Trieste, sgombra il campo anche dall’idea di una concorrenza «suicida» con
Venezia: «Certamente – chiarisce D’Agostino – tutt’e due miriamo ad attrarre le
navi portacontainer che arrivano da Suez, evitando che allunghino la strada
raggiungendo altri porti del Mediterraneo o del Nord- Europa.
Noi, però,
guardiamo soprattutto a movimentare merci verso il Centro-Est Europa, ma
possiamo anche svolgere, come in effetti già facciamo, il ruolo di transhipment
con le mega portacontainer, che scaricano su navi più piccole dirette verso
porti con fondali più bassi come Rijeka, Ancona, Ravenna, Venezia, Pescara,
Ortona ».
Ovvio, tuttavia, che a Trieste non
si veda di buon occhio l’idea di Venezia di realizzare un’isola- terminal off
shore per far attraccare le grandi portacontainer: «Noi – afferma il
presidente dell’autorità portuale
triestina - abbiamo avuto sul porto centinaia di milioni di euro di investimenti
privati, come per esempio i 188
milioni per il raddoppio del molo VII, e se Venezia ha i privati che vogliono
investire faccia pure la sua isola-terminal.
Ma capisco chi non con condivide il
fatto che si vogliano chiedere alle casse dello Stato un miliardo di fondi
pubblici per far concorrenza ai privati che hanno investito su Trieste o
altrove».
Insomma, la collaborazione con
Venezia non è alle porte, «anche perché – aggiunge D’Agostino – per una vera
collaborazione ci vorrebbe un’autorità portuale unica, ma alla fine, comunque,
le dinamiche sono decise dal mercato e io ho scoperto dai giornali che l’unica
linea con il Far East
che aveva Venezia, con una nave da
4mila Teu, sarebbe stata spostata su Trieste con una nave da 10mila Teu».
Carlo Tomaso Parmegiani
Collegamenti Ferroviari e futuro della Portualità Triestina.
RispondiEliminaUn Porto moderno non vive chiaramente soltanto di banchine e fondali, e quindi penso che per far si che lo Scalo Triestino possa diventare un vero Hub bisogna metter mano ai suoi attuali vetusti "ultra centenari" tracciati ferroviari, che potendo contare su soltanto due binari non credo sarebbero in grado di smaltire i notevoli volumi di movimentazione annua quantificabili in alcuni milioni di Teu in entrata/uscita Scalo, che un moderno Hub che può contare su fondali da 18 ml dovrebbe essere chiaramente in grado di generare, e quindi credo sia utopico pensare "che basti rammendare l'esistente" per eliminare le attuali carenze in fatto di Collegamenti Ferroviari e poter realmente materializzare quello che per ora è soltanto un nostro pur giustificato sogno "diventare in futuro uno dei fulcri di riferimento del Corridoi Baltico Adriatico".
Le perplessità sul possibile futuro dei collegamenti ferroviari per lo Scalo Triestino, sono da imputare principalmente alle particolari caratteristiche ambientali del Territorio Carsico, ed al livello d'urbanizzazione presente lungo tutto il Ciglione ed alle conseguenti significative difficoltà per poter cantierizzare delle soluzioni percorribili che consentano di realizzare il raddoppio dei binari esistenti portandoli a quattro, in quanto soltanto in questo modo saremo in grado d'incrementare notevolmente la capacità/velocità della vetusta "linea bassa Aurisina / Trieste Centrale" per poter migliorare sensibilmente le sue potenzialità da porre al servizio sia del Comparto delle Merci che per quello dei Passeggeri.
BRUNELLO ZANITTI Giuliano
Nb. Ulteriori approfondimenti ed immagini si possono trovare sfogliano il mio Sito http://sceltemancate.trieste.it