CREPUSCOLO ANSEATICO
di Sergio Bologna
Da 24 ore è
iniziato il conto alla rovescia. HSH Nordbank è stata messa in vendita. Per chi
bazzica il mondo della cosiddetta “economia del mare” il nome HSH Nordbank vuol
dire qualcosa. Posseduta in parti eguali dai due Länder tedeschi, lo Schleswig Holstein e la città-stato di Amburgo, HSH
Nordbank è riuscita ad essere la banca con il maggiore volume di crediti
concessi all’armamento navale.
Una potenza finanziaria che sintetizzava
l’ambizione della Germania di avere un potere sullo shipping mondiale superiore
a quello tradizionale dei greci e dei norvegesi messi assieme, un potere nella
finanza, nella proprietà di navi (in particolare portacontainer), nel risparmio
privato investito (con il famoso KG System fatto di centinaia di fondi
d’investimento aperti al piccolo risparmiatore), con compagnie marittime di
secolare origine (grandi come Hapag Lloyd e Hamburg Süd o piccole come tante altre) e con le centinaia
di società del terziario, di ship and crew management – il tutto concentrato tra Amburgo e
Brema.
La crisi del 2008 e le successive vicende dello shipping mondiale hanno
mandato all’aria questo vero e proprio “sogno tedesco”, di cui l’ambiente
marittimo italiano ed i suoi opinionisti poco si sono resi conto. Prima hanno
cominciato a fallire uno dopo l’altro i fondi del KG System, poi sono andate in
crisi le piccole compagnie marittime, Hamburg Süd è stata acquisita dai danesi della Maersk di recente, ma il
cedimento del pilastro HSH Nordbank è stato il segnale di un disastro molto
maggiore.
Due-tre anni dopo l’inizio della crisi emerse
in tutta la sua serietà la dimensione dei crediti inesigibili della banca, sono
saltati interi consigli d’amministrazione, ma ogni nuovo CEO che arrivava
lasciava dietro a sé una situazione peggiorata tanto che uno di questi, un
certo Nonnenmacher, viene identificato, come scrisse “Die Zeit”, come la figura
simbolo della crisi finanziaria che ha colpito la Germania.
Fu mandato con
altri manager a processo, riuscirono a cavarsela. Ma intanto la stampa più
attenta, come quella che fa capo all’emittente NDR, cominciò a chiedersi quanto
sarebbe costata ai cittadini dei due Länder la bancarotta di HSH. Perché è bene
sapere che la banca ricorse alle finanze del Bund, prontamente messe a disposizione,
ma che queste risorse non solo non sono servite a rimetterla in sesto, ma hanno
provocato un ricorso alla Corte Europea per sapere se il salvataggio di una
banca può essere o no considerato aiuto di stato e quindi contrario alle regole
dell’Unione. E qui avviene una decisione epocale, l’azione non è considerata
aiuto di stato, via libera quindi della UE ai salvataggi di istituti che hanno
creato danni enormi alla società e all’economia. Protetta dalla sentenza
europea, HSH Nordbank – i suoi amministratori ma soprattutto la classe politica
dei due Länder – inizia a fare ricorso alle diavolerie contabili che non
risolvono un bel niente, si costituisce una bad bank dove vengono concentrati i
crediti inesigibili.
Ma qualcosa comincia a non funzionare in questa complicità
tra amministratori incapaci e classe politica indifferenziata, regionale o
centrale: la Suprema Corte tedesca annulla la sentenza con cui il signor Nonnenmacher
e soci erano stati assolti e li rimanda davanti al giudice. “Die Zeit” e altri
organi di stampa, interpretando la rabbia dei cittadini che sta montando,
scrivono: “Ben fatto” (Hanna Grabbe su “Die Zeit” Der ehemalige Vorstand der HSH
Nordbank muss erneut vor Gericht. Gut so).
L’Unione Europea però aveva preso anche un’altra decisione: entro il 28
febbraio 2018 la banca avrebbe dovuto essere privatizzata. Ed è questa
decisione che spiega l’annuncio della vendita fatta a Berlino 24 ore fa. Adesso
se ne vedranno delle belle, anzi si cominciano già a vedere perché – secondo
quanto scrive “Handelsblatt” – uno dei primi pretendenti che si è fatto avanti
sarebbe la Norddeutsche Landesbank (abbr. NORD/LB), della Bassa Sassonia e
della Sassonia-Anhalt, che già aveva incorporato la Bremer Landesbank.
Se uno
clicca sul sito della banca, nella prima frase in alto legge che l’istituto ha
concluso i primi nove mesi dell’anno finanziario 2016 con una perdita consolidata
after taxes di 736 milioni di euro, dovuta essenzialmente all’ulteriore
peggioramento della finanza dello shipping (this was mainly due to a further
increase in risk provisioning for ship finance).
Hanno trovato proprio
quello giusto, si direbbe! Ma se NORD/LB è sempre pubblica, come fa ad
acquisire HSH Nordbank? La realtà è che forse noi non ci rendiamo conto quanto
il cluster marittimo-portuale conti nel Nord della Germania come lobby che per
decenni ha condizionato tutti i partiti, esercitando un potere nemmeno tanto
occulto soprattutto sulla SPD ma anche su CDU e chiunque si presentasse sulla
scena politica, come i Grünen. Una lobby che ha potuto contare su istituti
finanziari del peso di HSH Nordbank (Amburgo e Kiel), NORD/LB (Hannover) e
Bremer Landesbank (Brema), che oggi sono tutti insieme stretti nella morsa
dell’eccesso di offerta di stiva, noli ai minimi storici, cantieri in
sofferenza, fallimenti di compagnie marittime a livello mondiale (Hanjin) e
morìa di piccoli armatori.
Come farà il ceto politico tedesco a mollare la
presa su questo settore che formalmente controlla ma da cui in effetti è in
parte controllato? Come farà la Germania a rinunciare al suo “sogno”? Tra i
tanti grattacapi della signora Merkel, questo non è tra gli ultimi.
Ma per dare
un’idea del problema a livello di mercato sarebbe opportuno dare un’occhiata a
un articolo sul sito dell’emittente NDR Welle Nord apparso il 12 gennaio 2017,
che prende spunto da un documento riservato di cui la redazione sarebbe venuta
in possesso. Si tratta di un report della società che deve gestire i crediti
inesigibili di HSH Nordbank, crediti con i quali sono state finanziate le
costruzioni di 252 navi, per la maggioranza della classe Handymax e Panamax. Solo
il due per cento di questi crediti può considerarsi relativamente tranquillo,
in alcuni casi si può tentare una ristrutturazione, ma nella grande maggioranza
dei casi la situazione è irrimediabile.
Il problema è che il valore della
flotta costituita da queste 252 navi, quindi il collaterale del portafoglio
crediti, scende di giorno in giorno (Ex-HSH-Schiffe: Staatsflotte auf Crashkurs?). Se le avessero vendute un anno
fa avrebbero procurato un certo terremoto nel mercato dell’usato, oggi che se
ne faranno? E’ la stessa situazione in cui si trova una parte della flotta
Hanjin di proprietà. Quindi aspettiamo di vedere come va a finire questa
cessione di HSH Nordbank, un capitolo che probabilmente riserverà molte più
sorprese di quelle causate dal fallimento della compagnia sudcoreana. Una
storia che, come al solito, graverà soprattutto sulle spalle dei contribuenti.
Su piccola scala, in Italia succedono le stesse
cose. Il governo, così risicato nell’elargire risorse pubbliche, ha trovato
subito il modo di regalare 20 miliardi a MPS, una banca che si era affacciata
anche nella finanza dello shipping e aveva avuto l’eccellente idea d’investire
in….Deiulemar.
Consoliamoci coi dati sul traffico container nei porti italiani, cresciuto del 4,3% nel 2016 rispetto al 2015 e che ha superato la soglia dei 10 milioni di TEU. E’ ship-to-shore che ci dà questi dati, raccolti presso i terminalisti e le Autorità, chiedendosi nel riportarli.
“Crisi. Quale crisi?”.
Personalmente non mi riempiono
d’entusiasmo, le dimensioni del problema port&shipping sono più complesse,
la più importante riguarda la redditività di questo business ed i numeri sui
volumi non ci dicono nulla a questo proposito.
Preferisco chiudere con un’altra
buona notizia, perché riguarda gli uomini, i lavoratori: l’emendamento IMO alla
Maritime Labour Convention, che obbliga chi gestisce una nave ad avere una
polizza assicurativa contro l’abbandono dell’equipaggio in caso di fallimento, è
davvero un passo avanti, perché gli abbandoni sono aumentati negli ultimi tempi.
Per l’entrata in vigore dell’emendamento è stata concessa una proroga di due
anni all’Italia. Se anche questa sia una buona notizia o meno, valuti il
lettore.
Sergio Bologna
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