martedì 24 gennaio 2017

IN VENDITA LA PIU' IMPORTANTE BANCA TEDESCA PER LO "SHIPPING"

CREPUSCOLO ANSEATICO

di Sergio Bologna

Da 24 ore è iniziato il conto alla rovescia. HSH Nordbank è stata messa in vendita. Per chi bazzica il mondo della cosiddetta “economia del mare” il nome HSH Nordbank vuol dire qualcosa. Posseduta in parti eguali dai due Länder tedeschi, lo Schleswig Holstein e la città-stato di Amburgo, HSH Nordbank è riuscita ad essere la banca con il maggiore volume di crediti concessi all’armamento navale. 

Una potenza finanziaria che sintetizzava l’ambizione della Germania di avere un potere sullo shipping mondiale superiore a quello tradizionale dei greci e dei norvegesi messi assieme, un potere nella finanza, nella proprietà di navi (in particolare portacontainer), nel risparmio privato investito (con il famoso KG System fatto di centinaia di fondi d’investimento aperti al piccolo risparmiatore), con compagnie marittime di secolare origine (grandi come Hapag Lloyd e Hamburg Süd o piccole come tante altre) e con le centinaia di società del terziario, di ship and crew management – il tutto concentrato tra Amburgo e Brema. 

La crisi del 2008 e le successive vicende dello shipping mondiale hanno mandato all’aria questo vero e proprio “sogno tedesco”, di cui l’ambiente marittimo italiano ed i suoi opinionisti poco si sono resi conto. Prima hanno cominciato a fallire uno dopo l’altro i fondi del KG System, poi sono andate in crisi le piccole compagnie marittime, Hamburg Süd è stata acquisita dai danesi della Maersk di recente, ma il cedimento del pilastro HSH Nordbank è stato il segnale di un disastro molto maggiore.



Due-tre anni dopo l’inizio della crisi emerse in tutta la sua serietà la dimensione dei crediti inesigibili della banca, sono saltati interi consigli d’amministrazione, ma ogni nuovo CEO che arrivava lasciava dietro a sé una situazione peggiorata tanto che uno di questi, un certo Nonnenmacher, viene identificato, come scrisse “Die Zeit”, come la figura simbolo della crisi finanziaria che ha colpito la Germania. 
Fu mandato con altri manager a processo, riuscirono a cavarsela. Ma intanto la stampa più attenta, come quella che fa capo all’emittente NDR, cominciò a chiedersi quanto sarebbe costata ai cittadini dei due Länder la bancarotta di HSH. Perché è bene sapere che la banca ricorse alle finanze del Bund, prontamente messe a disposizione, ma che queste risorse non solo non sono servite a rimetterla in sesto, ma hanno provocato un ricorso alla Corte Europea per sapere se il salvataggio di una banca può essere o no considerato aiuto di stato e quindi contrario alle regole dell’Unione. E qui avviene una decisione epocale, l’azione non è considerata aiuto di stato, via libera quindi della UE ai salvataggi di istituti che hanno creato danni enormi alla società e all’economia. Protetta dalla sentenza europea, HSH Nordbank – i suoi amministratori ma soprattutto la classe politica dei due Länder – inizia a fare ricorso alle diavolerie contabili che non risolvono un bel niente, si costituisce una bad bank dove vengono concentrati i crediti inesigibili. 

Ma qualcosa comincia a non funzionare in questa complicità tra amministratori incapaci e classe politica indifferenziata, regionale o centrale: la Suprema Corte tedesca annulla la sentenza con cui il signor Nonnenmacher e soci erano stati assolti e li rimanda davanti al giudice. “Die Zeit” e altri organi di stampa, interpretando la rabbia dei cittadini che sta montando, scrivono: “Ben fatto” (Hanna Grabbe su “Die Zeit” Der ehemalige Vorstand der HSH Nordbank muss erneut vor Gericht. Gut so)

L’Unione Europea però aveva preso anche un’altra decisione: entro il 28 febbraio 2018 la banca avrebbe dovuto essere privatizzata. Ed è questa decisione che spiega l’annuncio della vendita fatta a Berlino 24 ore fa. Adesso se ne vedranno delle belle, anzi si cominciano già a vedere perché – secondo quanto scrive “Handelsblatt” – uno dei primi pretendenti che si è fatto avanti sarebbe la Norddeutsche Landesbank (abbr. NORD/LB), della Bassa Sassonia e della Sassonia-Anhalt, che già aveva incorporato la Bremer Landesbank. 


Se uno clicca sul sito della banca, nella prima frase in alto legge che l’istituto ha concluso i primi nove mesi dell’anno finanziario 2016 con una perdita consolidata after taxes di 736 milioni di euro, dovuta essenzialmente all’ulteriore peggioramento della finanza dello shipping (this was mainly due to a further increase in risk provisioning for ship finance). 

Hanno trovato proprio quello giusto, si direbbe! Ma se NORD/LB è sempre pubblica, come fa ad acquisire HSH Nordbank? La realtà è che forse noi non ci rendiamo conto quanto il cluster marittimo-portuale conti nel Nord della Germania come lobby che per decenni ha condizionato tutti i partiti, esercitando un potere nemmeno tanto occulto soprattutto sulla SPD ma anche su CDU e chiunque si presentasse sulla scena politica, come i Grünen. Una lobby che ha potuto contare su istituti finanziari del peso di HSH Nordbank (Amburgo e Kiel), NORD/LB (Hannover) e Bremer Landesbank (Brema), che oggi sono tutti insieme stretti nella morsa dell’eccesso di offerta di stiva, noli ai minimi storici, cantieri in sofferenza, fallimenti di compagnie marittime a livello mondiale (Hanjin) e morìa di piccoli armatori. 


Come farà il ceto politico tedesco a mollare la presa su questo settore che formalmente controlla ma da cui in effetti è in parte controllato? Come farà la Germania a rinunciare al suo “sogno”? Tra i tanti grattacapi della signora Merkel, questo non è tra gli ultimi. 

Ma per dare un’idea del problema a livello di mercato sarebbe opportuno dare un’occhiata a un articolo sul sito dell’emittente NDR Welle Nord apparso il 12 gennaio 2017, che prende spunto da un documento riservato di cui la redazione sarebbe venuta in possesso. Si tratta di un report della società che deve gestire i crediti inesigibili di HSH Nordbank, crediti con i quali sono state finanziate le costruzioni di 252 navi, per la maggioranza della classe Handymax e Panamax. Solo il due per cento di questi crediti può considerarsi relativamente tranquillo, in alcuni casi si può tentare una ristrutturazione, ma nella grande maggioranza dei casi la situazione è irrimediabile. 

Il problema è che il valore della flotta costituita da queste 252 navi, quindi il collaterale del portafoglio crediti,  scende di giorno in giorno (Ex-HSH-Schiffe: Staatsflotte auf Crashkurs?). Se le avessero vendute un anno fa avrebbero procurato un certo terremoto nel mercato dell’usato, oggi che se ne faranno? E’ la stessa situazione in cui si trova una parte della flotta Hanjin di proprietà. Quindi aspettiamo di vedere come va a finire questa cessione di HSH Nordbank, un capitolo che probabilmente riserverà molte più sorprese di quelle causate dal fallimento della compagnia sudcoreana. Una storia che, come al solito, graverà soprattutto sulle spalle dei contribuenti.

Su piccola scala, in Italia succedono le stesse cose. Il governo, così risicato nell’elargire risorse pubbliche, ha trovato subito il modo di regalare 20 miliardi a MPS, una banca che si era affacciata anche nella finanza dello shipping e aveva avuto l’eccellente idea d’investire in….Deiulemar.  

Consoliamoci coi dati sul traffico container nei porti italiani, cresciuto del 4,3% nel 2016 rispetto al 2015 e che ha superato la soglia dei 10 milioni di TEU. E’ ship-to-shore che ci dà questi dati, raccolti presso i terminalisti e le Autorità, chiedendosi nel riportarli. 

“Crisi. Quale crisi?”. 

Personalmente non mi riempiono d’entusiasmo, le dimensioni del problema port&shipping sono più complesse, la più importante riguarda la redditività di questo business ed i numeri sui volumi non ci dicono nulla a questo proposito. 

Preferisco chiudere con un’altra buona notizia, perché riguarda gli uomini, i lavoratori: l’emendamento IMO alla Maritime Labour Convention, che obbliga chi gestisce una nave ad avere una polizza assicurativa contro l’abbandono dell’equipaggio in caso di fallimento, è davvero un passo avanti, perché gli abbandoni sono aumentati negli ultimi tempi. Per l’entrata in vigore dell’emendamento è stata concessa una proroga di due anni all’Italia. Se anche questa sia una buona notizia o meno, valuti il lettore.

Sergio Bologna





Nessun commento:

Posta un commento