martedì 12 maggio 2015

TAV A 200 KM/H E TAV A 300 KM/H COSTO UGUALE ?

DUE PRODOTTI DIVERSI : LO STESSO COSTO. COME E' POSSIBILE ?

La Tav a 220 km/h  che costa come quella a 300

DI FRANCO MIGLIORINI


Ci risiamo. Sulla Verona Padova parte il balletto delle cifre. E non si tratta di spiccioli ma di miliardi, con al centro il nodo di Vicenza che torna ad essere quello che è sempre stato: la forca caudina della intera tratta. Se non si risolve Vicenza non se ne parla proprio.
E qui inizia il balletto delle cifre. Il nuovo DEF aprile 2015, al capitolo opere prioritarie per infrastrutture strategiche, riporta  la cifra globale  prevista per la intera tratta di 5,402 miliardi - a fronte di una disponibilità dichiarata di 1,869 miliardi -. 

Si tratta in tutto di 82 km: 28 tra Vicenza e Padova e 54 tra Vicenza e Verona.
La cifra disponibile divisa per gli 82 km fa circa 22,8 milioni/km. Perfettamente congrua con la spesa già sostenuta per il  quadruplicamento veloce  in affiancamento (220 km/ora) Mestre-Padova, che per i suoi 23 km di percorrenza è costata 467 milioni. Cifra comprensiva dei 28 milioni pagati per il Progetto esecutivo e per la penale di realizzazione a stralcio a favore del General Contractor.  

Un quadruplicamento completato nel 2007 con 20,3 milioni/km, comprese le opere complementari di una tratta di complessità pari alla Verona-Padova.
Resta dunque da spiegare il senso di quella differenza di 3,5 miliardi,  tra spesa prevista nel DEF e disponibilità dichiarata: praticamente due volte il costo standard del quadruplicamento veloce applicato alla Verona Padova.

Dove andranno tutti questi soldi?

A prima vista si direbbe che il costo previsto della TAV nel 1991, in versione 300 km/ora con bypass di Vicenza, sia destinato comunque a permanere, al lordo delle rivalutazioni che oggi lo quotano a 6,1 miliardi, ma a fronte della realizzazione di  un progetto che in realtà costa solo un terzo di quelle cifra, come indicano gli 1,869 miliardi dichiarati nel DEF.
Tra l’altro nel periodo 2014-2017 il contratto di Programma con le ferrovie prevede, ma ancora non stanzia,  369 milioni per avviare le opere.  Una cifra che rapportata al dichiarato del DEF corrisponde al 20% del costo reale del quadruplicamento veloce da realizzare.
Dal balletto delle cifre, che non è ancora terminato, si evince ora la notizia che così facendo si conseguirebbe  persino un risparmio di circa 600 milioni sul progetto originario del 1991, che dai 6,1 miliardi rivalutati scenderebbe a “soli” 5,4 miliardi. 

Un vero affare! In pratica ti triplico il costo e poi ti sottraggo il 10% e compio un miracolo finanziario. In piena spending review!

Tentiamo allora una spiegazione. Per non disdire l’impegno col General Contractor del 1991 si manterrebbe la cifra originaria con un marginale abbattimento di 600 milioni del costo dell’opera portando l’ammontare ai 5,4 miliardi. 

Coi 3,5 miliardi che residuano dal quadruplicamento  si finanzierebbe  il passaggio a Vicenza con qualche “piccola” aggiunta: 2 nuove stazioni, interramento di 4 km di ferrovia con soprastante nuova sede stradale e sottostante tombinamento del Retrone. Un ardito sandwich tecnologico di elevato rango metropolitano. 

Ma anche con tutto questo i conti non tornano.

Se infatti così dovesse essere riusciremmo a superare un primato che già appartiene all’Italia: quello del più alto costo chilometrico europeo per la “TAV”: 65,9 milioni /km per una tratta di pianura come tra Verona e Padova.

C’è forse un vizio? Certamente sì. Proporre progetti faraonici, come la TAV 1991 in versione Necci/Incalza alla vigilia di tangentopoli; attribuire la sua esecuzione ad un General Contractor, e poi attendere, anche un quarto di secolo, che tanto il pesce resta attaccato all’amo per quando si deciderà di trarlo dalla peschiera (di fondi pubblici).

La prima repubblica che aggancia e tiene al guinzaglio la seconda per sbarcare nella terza. Questa sì che è programmazione. Ma questo è il linguaggio delle cifre in campo.
Oggi però c’è un nuovo ministro al MIT che porta la responsabilità di riallineare i programmi faraonici del suo predecessore alle disponibilità reali del paese e a quello che di strategico i territori possono pretendere.

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