venerdì 9 agosto 2019

POLEMICHE ESTIVE FIRMATE BECCE E COSTA



Genova.
       Il porto di Capodistria ha lanciato la sfida agli scali italiani. Lo scorso 25 luglio è stato dato il via ai lavori per l’ampliamento del terminal container, che porterà la capacità dello scalo a raggiungere 1,5 milioni di teu, il 50 per cento in più di oggi. Si tratta della somma del traffico dei tre grandi porti italiani dell’Alto Adriatico nel 2018: Trieste (724 mila), Venezia (632 mila) e Ravenna (216 mila), a cui vanno aggiunti 260 mila teu dello scalo croato di Fiume. Complessivamente, quest’area nel 2018 ha movimentato circa 2,8 milioni di teu.

       


Quando venne progettata la piattaforma offshore di Venezia, poi congelata dall’Authority nel 2017, si prevedeva che avrebbe movimentato 2-3 milioni di teu su un traffico complessivo dell’area che sarebbe arrivato a 6 milioni di teu. Quelle previsioni sono state poi contestate e la piattaforma congelata per timore di creare un eccesso di offerta portuale che non avrebbe consentito di ripagare i costi. Come vedono oggi gli operatori italiani la crescita di capacità di uno scalo concorrente al di là dell’Adriatico? «Temo - afferma Luca Becce, presidente di Assiterminal - che si tratti dell’ennesima iniziativa locale che non tiene conto del contesto generale e che sarà un boomerang per tutti. Più si ha eccesso di offerta, più la domanda ne approfitta».
       Secondo Becce servirebbe invece «una regia sovranazionale sul mercato che serve la costiera adriatica e che è rivolto principalmente all’Europa centrale e orientale. Il rischio è che si crei ulteriore offerta dove la domanda è già forte. In Italia l’offerta di spazio è già più che sufficiente per il mercato attuale e per quello dei prossimi anni». Il terminalista punta anche il dito contro il governo italiano e la sua assenza di politica portuale, che rischia di aggravare gli squilibri esistenti: «Il ministro dei Trasporti non capisce la portualità ed è totalmente fermo e assente. Si dice che la riforma Delrio non funziona.       
       E’ vero che in alcuni punti suscita perplessità, ma come facciamo a giudicarla se non viene neanche applicata? Alla conferenza delle Authority la riforma attribuisce almeno alcuni poteri, ma non viene mai riunita. L’impasse è totale». Critico verso la mancanza di una visione unitaria per l’Alto Adriatico è anche Paolo Costa, il padre del progetto del terminal offshore che varò quando era presidente dell’Autorità portuale di Venezia. «Il problema - dice Costa - non è il singolo porto, che sia Capodistria o Trieste, ma che questo progetto di ampliare il terminal sloveno diventa uno dei tanti. Non c’è il salto di scala. Nel 2013 abbiamo avuto una grandissima occasione per un progetto da 6 milioni di teu, quando il presidente cinese Xi Jinping ha messo l’Alto Adriatico sulla mappa della Nuova via della seta. Invece l’Italia ha detto no al terminal offshore, che avrebbe appunto consentito il salto di scala. Adesso Capodistria gioca la propria partita, che non è la partita che avremmo potuto giocare tutti insieme». L’espansione del terminal (238 milioni di euro finanziati anche dall’Ue) è cominciata prove di carotaggio del Molo I, a cui seguirà la realizzazione di 100 metri di banchina e di un piazzale di 25 mila metri quadrati. la lunghezza complessiva della banchina sarà di circa 700 metri.

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