Per questo motivo la rilanciamo dopo Ferragosto. Lentamente, ma non troppo, sarebbe bene riaprire e trovare un luogo adatto al dibattito per evitare che ognuno parli al vento o per se stesso. Nel confronto si nascondono le soluzioni possibili.
A seguire il testo:
TRIESTE. Dal 2020 dovrebbe nascere
Confindustria Alto Adriatico, la grande aggregazione fra Trieste-Gorizia e
Pordenone mentre Udine resta per il momento al palo. In ballo c’è la
rappresentanza delle 380 imprese associate a Confindustria Venezia Giulia e altre
820 a Pordenone che porta in dote gli elettrodomestici e il comparto del legno
arredo.
Al fondo della questione c’è il
nuovo assetto dell’economia regionale. Trieste, per anni grande addormentata,
sembra avere acquistato un peso specifico superiore grazie anche alla crescente
integrazione fra industria e realtà scientifiche (Area di ricerca e Sissa in
primis). Ma soprattutto il porto è “l’antico che avanza” perché rappresenta
ancora una volta le ambizioni di sviluppo della città come hub per la movimentazione
delle merci del Nordest. Per questo, dietro le quinte, c’è chi sta lavorando
per una grande alleanza confindustriale a Nordest.
Federico Pacorini, storico
imprenditore portuale triestino, ex presidente della Confindustria triestina
con un ruolo da vero protagonista (nel 1997 guidò la prima «marcia per la
liberazione del Porto Vecchio» dove immaginava di insediare un grande campus
per le facoltà scientifiche),non ha dubbi: «Io penso che le
rappresentanze sociali in Italia, dalla
Confindustria ai sindacati, siano in grave difficoltà. I problemi che
rallentano la crescita del Paese si aggravano velocemente ed è sempre più
difficile mettere in campo strumenti adeguati per risolverli. Questo è lo
scenario anche in regione. Di conseguenza è giusto creare alleanze sempre più
ampie, anche a livello di territori, per colmare questo vuoto di
rappresentanza.
Nel caso di Confindustria vedo
positivamente la creazione di un’unica realtà per la nostra regione».
Pacorini, Unindustria Pordenone ha
spiazzato tutti interrompendo di fatto un percorso che doveva portare alla
creazione di un’unica associazione regionale. Un obiettivo da raggiungere al
più presto?
Prima possibile. Il motivo l’ho
detto prima. Viviamo un’epoca di crisi delle rappresentanze sociali. Serve una
Confindustria unica, autorevole e forte per poter dialogare con la politica.
Purtroppo i campanilismi continuano a sopravvivere.
Come vede gli equilibri economici in
regione?
Udine ha perso la sua centralità
perchè sono cambiati i paradigmi dello sviluppo e fatica ad adattarsi.
L’integrazione fra Trieste e Pordenone mi sembra però una soluzione ibrida e
limitata. É vero che sono due territori che possono avere vocazioni industriali
complementari ma il vero obiettivo deve essere quello di
una aggregazione unica su scala
regionale. Ho sempre pensato a Confindustria come un importante soggetto
economico per il suo territorio di riferimento. Per questo servono obiettivi
strategici condivisi. Bisogna lavorare su questa strada.
Per Riccardo Illy è finita la stagione
dei localismi. Ha anche definito Trieste “città post-industriale”. Lei è
d’accordo?
Certamente. Ormai da anni
l’industria tradizionale è in ritirata. Il modello è cambiato: Trieste può
diventare una città dove prevale un’economia avanzata dei servizi. Pensiamo
alla crescita del turismo, alla realtà di una ricerca scientifica che diventa
un motore fondamentale per la creazione di nuove imprese.
Trieste sta aumentando di peso
specifico grazie al porto..
Il porto ha ritrovato il suo ruolo
come snodo fondamentale verso il Centro Est Europa per la movimentazione delle
merci. La gestione attuale del porto sotto la guida di Zeno D’Agostino con il
segretario generale Mario Sommariva è molto capace e sta ottenendo risultati
importanti che in altri tempi sarebbe stato ben difficile portare a casa. Penso
anche al recente ingresso di una società pubblica ungherese che ha acquisito
un'area di 320 mila mq. Tuttavia il porto deve essere un soggetto neutrale e
aperto a tutti gli operatori, come peraltro recita anche lo statuto del punto
franco. Per questo avrei preferito che al posto di un soggetto pubblico
controllato dal governo di Budapest ci fosse stato un investitore privato.
Detto questo è un accordo che apre prospettive molto interessanti nei rapporti
commerciali.
Anche la Via Della Seta è un processo
di complicata lettura..
La Cina ha programmato
investimenti colossali per una filiera molto lunga che dalla Cina arriva al Mediterraneo.
Trieste ha una posizione strategica fortunata e può attirare nuovi investimenti
soprattutto se saprà integrare le agevolazioni di punto franco con la ricca
produzione scientifica che gravita sulla città.
Come vede l’economia fra protezionismi
e nuovi dazi commerciali?
Siamo entrati in una fase molto
difficile e negativa di chiusure e protezionismi sui mercati globali. Sembra di
essere tornati indietro di un secolo. Vedo un preoccupante clima di
instabilità.
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