venerdì 16 agosto 2019

IL CONSOLE ONORARIO D'AUSTRIA FRANCO GROPAIZ IN UN ROMANZO


“Casa di spedizioni Billitz”, sta scritto sulla facciata del Palazzo,
che sembra trasportato dal centro di Vienna a Trieste, e di nuovo Herbert ripiomba nella Trieste di Verne. Fondata a Budapest
nel 1895, la Billitz opera inizialmente nel Porto di Fiume, sbocco marittimo naturale dell’Ungheria. Nel 1898 Sandor Billitz, il fondatore, incarica Heinrich Stellmann, proveniente dall’agenzia marittima Theodor F. Eimbcke di Hamburg, di aprire un nuovo ufficio a Trieste, uno dei piu importanti porti del Mediterraneo ed all’epoca il Porto dell’ Austria e dell’ Ungheria.


Dall’inizio del ventesimo secolo, la Billitz rappresenta quale agente marittimo la Mediterranean and New York Steamship Company Limited, che si occupa della rotta New York-Mediterraneo.
Questa società, con grande orgoglio nazionale di Herbert nasce
dalla apertura di una nuova filiale a New York da parte della
Phelps Brothers & Company di Liverpool. Ecco le tracce
dell’impero britannico.


Girato l’angolo al secondo portone dovrebbe esserci l’ambasciata
austriaca, o meglio l’ufficio del console onorario.
Il console onorario non distingueva nel racconto le vicende della città dalle sue vicende personali, le une confermavano le altre e viceversa. Questo modo di narrare ovviamente non annoiava l’ascoltatore e forniva immediati riscontri ed applicazioni pratiche al racconto stesso. “Ho accompagnato mio padre in porto fin da quando avevo quindici anni. Mi ha sempre insegnato che il porto va amato. Pensi che circa sessanta anni dopo, quando ero responsabile di una società di gestione ferroviaria all’interno del porto, alcuni lavoratori pretendevano di spiegarmi problemi e disposizione dei vari magazzini e binari. Molte volte ho dovuto trattenermi dal ricordare che io già imparavo il porto e lo amavo, mentre loro facevano ancora la pipì a letto. Le ferrovie italiane hanno smantellato binari e scambi, hanno sempre penalizzato lo scalo e i suoi collegamenti.

Un porto scollegato diventa un magazzino inservibile o meglio qualcuno lo ha utilizzato per deposito di materiali su cui speculare quando i prezzi variavano, visto il regime di punto franco (magazzinaggio: Le merci terze possono sostare nei magazzini dei concessionari per un tempo indeterminato e senza obbligo di costituzione di garanzie fideiussorie. Negli altri porti doganali, invece, vige il regime di temporanea custodia che obbliga alla presentazione della dichiarazione doganale entro 45 giorni dall’arrivo delle merci via mare).

Lei mi chiede di questa manifestazione a Vienna. Il nostro porto è il vostro porto. Mi ha chiesto notizie anche la nostra console a Milano per l’Italia. Mi ha telefonato chiedendomi chi sono questi triestini? Di che movimento si tratta? Cosa potevo rispondere? Come faccio a raccontare il T.L.T.?

Io mi sono diplomato al Petrarca, frequentavo la scuola in Acquedotto, il Viale. Il mio diploma è stato rilasciato dal Territorio Libero di Trieste. Con quel diploma mio padre mi ha iscritto ad una università inglese, il diploma era valido e riconosciuto anche all’estero. Non Cambridge od Oxford, mi ha iscritto alla London School of Economics and Political Science che era una università dei laburisti, o meglio dei socialisti fabiani. Quella laurea mi ha quindi identificato come uno di sinistra, cosa che non risponde al vero. 

Pensi che anche in famiglia questo mio modo di argomentare, che avevo appreso all’università, mi è costato la definizione di laburista e la nomea di essere di sinistra. Ricordo che mia madre si divertiva a prendermi in giro affermando che con me non si poteva parlare per colpa del fatto che ero scontroso e che ero socialista, dove la colpa non era del mio carattere ma risiedeva nel fatto di sembrare di sinistra.

Non sono mai stato di destra. Mio padre è stato tra gli alpini italiani che rifiutandosi di aderire alla Repubblica Sociale di Salò finirono la guerra nei campi di concentramento tedeschi. Come potevo essere di destra?

Quando ritornò dalla guerra, o meglio dalla prigionia, mio padre acquisì la Casa di spedizioni Billitz di cui poi con gli anni divenni proprietario.

Il tedesco è stata una lingua importante che si parlava da qui ai confini della Russia. Per anni ho collaborato con una compagnia cecoslovacca, è stata una esperienza interessantissima. La collaborazione è iniziata nel 1965, quindi ho condiviso tutto il periodo della primavera di Praga, l’invasione sovietica e tutto il seguito fino ai giorni nostri. Ora la lingua tedesca ha perso un po’ rispetto all’inglese ma questo è un peccato. Conoscere le lingue significa conoscere la cultura di un popolo.

Per quanto riguarda gli indipendentisti triestini forse avranno pure ragione dal punto di vista del diritto internazionale, non sono categorico su questo punto. Per quanto riguarda lo specifico del porto io dico che un paese senza mare come l’Austria, finisce per essere avvantaggiato. I porti costano agli stati, sono un investimento di capitali, servono gru, banchine, collegamenti e manutenzione. Loro, gli austriaci, stanno lì a centro dell’Europa e possono scegliere da dove spedire la merce e da dove farla arrivare. Stanno li al centro d’Europa chiedendo il prezzo della spedizione a Rotterdam, Amburgo, Venezia, Trieste, Koper, Rijeka e poi decidono. Non hanno problemi di dragaggi o di fondali, sono li al centro. Per questo penso sia difficile che scelgano di investire in un porto unico.

Certamente gli italiani avrebbero potuto aiutare Trieste legandola più strettamente all’Austria. Sono stati concessi dei rilevanti sconti sulle tariffe dell’oleodotto che dal porto petroli di Trieste raggiunge Ingolstadt, sarebbe bastato vincolare questi sconti ad un impegno di far transitare una determinata quantità di merci attraverso Trieste. Invece sull’accordo conclusivo venne scritto un generico impegno a privilegiare il porto triestino per le merci austriache. Parole al vento buone solo per qualche comunicato stampa o diplomatico.

Le mie due figlie hanno studiato e scelto due professioni importanti, al momento giusto ho ceduto la casa di spedizioni. Ecco che in questa occasione mi è stata attaccata la seconda etichetta immeritata quanto quella di essere di sinistra. Era da anni che io avevo già impostato la cessione della ditta di spedizioni con accordi che facilitavano il passaggio di proprietà. Per semplice coincidenza subito dopo la cessione della mia società sono cominciati i primi grossi problemi per la categoria degli spedizionieri. Da qui la fama di essere un profondo conoscitore dell’andamento dei mercati, perché avevo ceduto l’azienda al momento giusto, tanto immeritata quanto quella di essere un laburista”.

A questo punto della conversazione Herbert ebbe una intuizione e volle fare subito una verifica. Iniziò quindi a parlare dell’impero austroungarico, dei movimenti di nostalgici dell’Austria, di ammiratori postumi dell’imperatore Francesco Giuseppe.

Senza abbandonare la gentilezza formale il console onorario lo guardò fisso negli occhi e gli spiegò:“Guardi che io sono il console onorario della Repubblica d’Austria, non sono l’ambasciatore di Cecco Beppe, non c’è niente di nostalgico in quello che le racconto”.

L’intuizione era stata confermata, il console aveva lasciato intravedere il mastino che era la vera essenza di quella generazione. Uomini che avevano attraversato il dopoguerra e i decenni successivi con le regole di una “vecchia scuola” che solo loro si portavano dentro, che solo loro avevano potuto aggiornare vivendo. Una generazione caparbia, che aveva visto il mondo e parlato le sue lingue, che era più curiosa che dogmatica, che era laica fino al midollo anche nella sua religiosità. Una generazione globale molti anni prima della globalizzazione. Degni continuatori dei saggi visionari del passato.
Uscendo, ormai in piedi vicino alla porta, infilò senza dar peso un’ultima domanda: “La società che ha rilevato la sua azienda è molto grande? Gestisce l’autostrada del mare con la Turchia, il fondo d’investimenti ha incaricato il generale Petraeus di fornire consulenza sui paesi emergenti vista la sua esperienza. Si tratta del generale legato alla guerra in Iraq, legato alle agenzie di spionaggio. Ho trovato la notizia nelle pagine del vostro quotidiano locale. Gli americani sono sbarcati in porto?”
“Credo proprio che non voglia dire niente. I fondi d’investimento non sanno distinguere un’autostrada del mare da una di terra e non sanno nemmeno dove si trova Trieste. I fondi d’investimento hanno gli occhi foderati di denaro. E’ stata una conversazione piacevole e interessante. La saluto. Buon lavoro”.


Tratto dal libro : “L’insurrezione di Trieste. Il romanzo”


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