“Casa di spedizioni Billitz”, sta scritto sulla
facciata del Palazzo,
che sembra trasportato dal centro di Vienna a
Trieste, e di nuovo Herbert ripiomba nella Trieste di Verne. Fondata a Budapest
nel 1895, la Billitz opera inizialmente nel
Porto di Fiume, sbocco marittimo naturale dell’Ungheria. Nel 1898 Sandor
Billitz, il fondatore, incarica Heinrich Stellmann, proveniente dall’agenzia
marittima Theodor F. Eimbcke di Hamburg, di aprire un nuovo ufficio a Trieste,
uno dei piu importanti porti del Mediterraneo ed all’epoca il Porto dell’
Austria e dell’ Ungheria.
Dall’inizio del ventesimo secolo, la Billitz
rappresenta quale agente marittimo la Mediterranean and New York Steamship Company
Limited, che si occupa della rotta New York-Mediterraneo.
Questa società, con grande orgoglio nazionale di
Herbert nasce
dalla apertura di una nuova filiale a New York
da parte della
Phelps Brothers & Company di Liverpool. Ecco
le tracce
dell’impero britannico.
Girato l’angolo al secondo portone dovrebbe
esserci l’ambasciata
austriaca, o meglio l’ufficio del console
onorario.
Il
console onorario non distingueva nel racconto le vicende della città dalle sue
vicende personali, le une confermavano le altre e viceversa. Questo modo di
narrare ovviamente non annoiava l’ascoltatore e forniva immediati riscontri ed
applicazioni pratiche al racconto stesso. “Ho accompagnato mio padre in porto
fin da quando avevo quindici anni. Mi ha sempre insegnato che il porto va
amato. Pensi che circa sessanta anni dopo, quando ero responsabile di una
società di gestione ferroviaria all’interno del porto, alcuni lavoratori
pretendevano di spiegarmi problemi e disposizione dei vari magazzini e binari.
Molte volte ho dovuto trattenermi dal ricordare che io già imparavo il porto e
lo amavo, mentre loro facevano ancora la pipì a letto. Le ferrovie italiane
hanno smantellato binari e scambi, hanno sempre penalizzato lo scalo e i suoi
collegamenti.
Un
porto scollegato diventa un magazzino inservibile o meglio qualcuno lo ha
utilizzato per deposito di materiali su cui speculare quando i prezzi
variavano, visto il regime di punto franco (magazzinaggio: Le merci terze
possono sostare nei magazzini dei concessionari per un tempo indeterminato e
senza obbligo di costituzione di garanzie fideiussorie. Negli altri porti
doganali, invece, vige il regime di temporanea custodia che obbliga alla
presentazione della dichiarazione doganale entro 45 giorni dall’arrivo delle
merci via mare).
Lei
mi chiede di questa manifestazione a Vienna. Il nostro porto è il vostro porto.
Mi ha chiesto notizie anche la nostra console a Milano per l’Italia. Mi ha
telefonato chiedendomi chi sono questi triestini? Di che movimento si tratta?
Cosa potevo rispondere? Come faccio a raccontare il T.L.T.?
Io
mi sono diplomato al Petrarca, frequentavo la scuola in Acquedotto, il Viale.
Il mio diploma è stato rilasciato dal Territorio Libero di Trieste. Con quel
diploma mio padre mi ha iscritto ad una università inglese, il diploma era
valido e riconosciuto anche all’estero. Non Cambridge od Oxford, mi ha iscritto
alla London School of Economics and Political Science che era una università
dei laburisti, o meglio dei socialisti fabiani. Quella laurea mi ha quindi
identificato come uno di sinistra, cosa che non risponde al vero.
Pensi che
anche in famiglia questo mio modo di argomentare, che avevo appreso
all’università, mi è costato la definizione di laburista e la nomea di essere
di sinistra. Ricordo che mia madre si divertiva a prendermi in giro affermando
che con me non si poteva parlare per colpa del fatto che ero scontroso e che
ero socialista, dove la colpa non era del mio carattere ma risiedeva nel fatto
di sembrare di sinistra.
Non
sono mai stato di destra. Mio padre è stato tra gli alpini italiani che
rifiutandosi di aderire alla Repubblica Sociale di Salò finirono la guerra nei
campi di concentramento tedeschi. Come potevo essere di destra?
Quando
ritornò dalla guerra, o meglio dalla prigionia, mio padre acquisì la Casa di
spedizioni Billitz di cui poi con gli anni divenni proprietario.
Il
tedesco è stata una lingua importante che si parlava da qui ai confini della
Russia. Per anni ho collaborato con una compagnia cecoslovacca, è stata una
esperienza interessantissima. La collaborazione è iniziata nel 1965, quindi ho
condiviso tutto il periodo della primavera di Praga, l’invasione sovietica e
tutto il seguito fino ai giorni nostri. Ora la lingua tedesca ha perso un po’
rispetto all’inglese ma questo è un peccato. Conoscere le lingue significa
conoscere la cultura di un popolo.
Per
quanto riguarda gli indipendentisti triestini forse avranno pure ragione dal
punto di vista del diritto internazionale, non sono categorico su questo punto.
Per quanto riguarda lo specifico del porto io dico che un paese senza mare come
l’Austria, finisce per essere avvantaggiato. I porti costano agli stati, sono un
investimento di capitali, servono gru, banchine, collegamenti e manutenzione.
Loro, gli austriaci, stanno lì a centro dell’Europa e possono scegliere da dove
spedire la merce e da dove farla arrivare. Stanno li al centro d’Europa
chiedendo il prezzo della spedizione a Rotterdam, Amburgo, Venezia, Trieste,
Koper, Rijeka e poi decidono. Non hanno problemi di dragaggi o di fondali, sono
li al centro. Per questo penso sia difficile che scelgano di investire in un
porto unico.
Certamente
gli italiani avrebbero potuto aiutare Trieste legandola più strettamente
all’Austria. Sono stati concessi dei rilevanti sconti sulle tariffe
dell’oleodotto che dal porto petroli di Trieste raggiunge Ingolstadt, sarebbe
bastato vincolare questi sconti ad un impegno di far transitare una determinata
quantità di merci attraverso Trieste. Invece sull’accordo conclusivo venne
scritto un generico impegno a privilegiare il porto triestino per le merci
austriache. Parole al vento buone solo per qualche comunicato stampa o
diplomatico.
Le
mie due figlie hanno studiato e scelto due professioni importanti, al momento
giusto ho ceduto la casa di spedizioni. Ecco che in questa occasione mi è stata
attaccata la seconda etichetta immeritata quanto quella di essere di sinistra.
Era da anni che io avevo già impostato la cessione della ditta di spedizioni
con accordi che facilitavano il passaggio di proprietà. Per semplice
coincidenza subito dopo la cessione della mia società sono cominciati i primi
grossi problemi per la categoria degli spedizionieri. Da qui la fama di essere
un profondo conoscitore dell’andamento dei mercati, perché avevo ceduto
l’azienda al momento giusto, tanto immeritata quanto quella di essere un
laburista”.
A
questo punto della conversazione Herbert ebbe una intuizione e volle fare
subito una verifica. Iniziò quindi a parlare dell’impero austroungarico, dei
movimenti di nostalgici dell’Austria, di ammiratori postumi dell’imperatore
Francesco Giuseppe.
Senza
abbandonare la gentilezza formale il console onorario lo guardò fisso negli
occhi e gli spiegò:“Guardi che io sono il console onorario della Repubblica
d’Austria, non sono l’ambasciatore di Cecco Beppe, non c’è niente di nostalgico
in quello che le racconto”.
L’intuizione
era stata confermata, il console aveva lasciato intravedere il mastino che era
la vera essenza di quella generazione. Uomini che avevano attraversato il
dopoguerra e i decenni successivi con le regole di una “vecchia scuola” che
solo loro si portavano dentro, che solo loro avevano potuto aggiornare vivendo.
Una generazione caparbia, che aveva visto il mondo e parlato le sue lingue, che
era più curiosa che dogmatica, che era laica fino al midollo anche nella sua
religiosità. Una generazione globale molti anni prima della globalizzazione.
Degni continuatori dei saggi visionari del passato.
Uscendo,
ormai in piedi vicino alla porta, infilò senza dar peso un’ultima domanda: “La
società che ha rilevato la sua azienda è molto grande? Gestisce l’autostrada
del mare con la Turchia, il fondo d’investimenti ha incaricato il generale
Petraeus di fornire consulenza sui paesi emergenti vista la sua esperienza. Si
tratta del generale legato alla guerra in Iraq, legato alle agenzie di
spionaggio. Ho trovato la notizia nelle pagine del vostro quotidiano locale.
Gli americani sono sbarcati in porto?”
“Credo
proprio che non voglia dire niente. I fondi d’investimento non sanno
distinguere un’autostrada del mare da una di terra e non sanno nemmeno dove si
trova Trieste. I fondi d’investimento hanno gli occhi foderati di denaro. E’
stata una conversazione piacevole e interessante. La saluto. Buon lavoro”.
Tratto
dal libro : “L’insurrezione di Trieste. Il romanzo”
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