TRIESTE, 8 GIU - Il problema è sempre lo stesso, l'impossibilità di marchiare i tubi semilavorati prodotti in India e perfezionati in Italia con la dicitura 'Made in Italy'.
Sarà questa la causa dell'ormai certo ridimensionamento della Sertubi, di proprietà dell'indiana Jindal Saw. Ma non è escluso che lo stabilimento chiuda. Sono le notizie comunicate agli attuali 68 occupati dai vertici dell'azienda. L'ipotesi che la Sertubi rimanga aperta - ma soltanto con una ventina di occupati - è legata a un problema di natura doganale: "Se sarà concesso dall'Ue l'annullamento dei dazi sul tubo indiano finito, entro fine giugno, l'impianto potrebbe restare aperto dando lavoro al massimo a una ventina di persone, con la richiesta di cassa integrazione straordinaria per tutti gli altri - spiega il delegato aziendale della Fim, Michele Pepe - In caso negativo entro settembre ci sarà la chiusura totale dello stabilimento".
Questo recita il comunicato Ansa ma è necessario leggere Massimo Greco su IL PICCOLO per capire il meccanismo e la funzione del "made in Italy" , lo spiega bene.
"Per Sertubi è una questione vitale,poichè il marchio le consentirebbe la partecipazione alle gare dove è indispensabile il riferimento produttivo a un Paese UE."
Quindi esistono vincoli che non sono solo dazi per evitare la concorrenza nel mercato europeo. Si comincia a delineare la potenzialità del porto libero di Trieste.
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