Così Trieste lancia la sfida ai giganti europei
Monaco di Baviera - Circondato da confini, Trieste è l’unico porto che oggi sfida Amburgo e
Rotterdam sui loro mercati naturali, invece di subirne la concorrenza nel
proprio bacino. Dopo aver incassato tre diversi accordi al Transport Logistic,
lunedì il presidente del porto, Zeno D’Agostino, firmerà l’intesa con Rfi
ALBERTO
QUARATI, INVIATO - GIUGNO 08, 2019
Monaco di Baviera - Circondato da confini, Trieste è
l’unico porto che oggi sfida Amburgo e Rotterdam sui loro mercati naturali,
invece di subirne la concorrenza nel proprio bacino.
Questo grazie
all’intermodalità: dopo aver incassato tre diversi accordi al Transport
Logistic di Monaco, lunedì il presidente del porto, Zeno D’Agostino, firmerà
l’intesa con Rfi per il potenziamento della ferrovia a Trieste, per un valore
di 200 milioni di euro, con l’obiettivo di portare la capacità dello scalo a 25
mila treni movimentati l’anno entro il 2025. Per fare un confronto su quanto
sia focalizzato l’impegno di questo porto sul traffico ro-ro, basti pensare che
Genova (con un traffico container più di tre volte maggiore rispetto a
Trieste) muove circa 7.000 treni l’anno.
Ma per Trieste, il gioco vale la candela: lo scalo ha
chiuso il 2018 movimentando circa 10 mila treni ( +12%, con 210 mila camion
tolti dalla strada); quest’anno, dice D’Agostino, si andrà verso 14 mila unità
a fronte di una capacità complessiva di 18 mila. Sotto il profilo politico, gli
accordi di Monaco si dividono in due tipi: quello con Dfds per avviare da fine
luglio un servizio di treni bisettimanale con Norimberga ha un taglio più
operativo, quelli con Kombiverkher e Ferrovie lussemburghesi sono invece più
politici, «perché - spiega D’Agostino - aprono alla possibilità di una
partecipazione azionaria presso i mega-retroporti di Neuss e Bettembourg» con
cui Trieste ha già avviato da tempo numerosi collegamenti ferroviari e con cui
ora però - tramite «partecipazioni piccole, intorno al 5%» - il porto vuole
consolidare la sua rete nel pieno delle aree di influenza dei big Nordeuropei.
Il patto con Rfi riguarda invece tre stazioni merci nel porto giuliano, Campo
Marzio, Servola e Aquilinia. A fine interventi, la prima infrastruttura sarà
predisposta per i treni da 750 metri e da sola potrà gestire potenzialmente
19.500 treni l’anno.
Servola - a ridosso della Piattaforma logistica dove è
in corso la trattativa per l’ingresso di China Merchants - avrà quattro binari
e nel medio termine gestirà 3.000 treni; infine Aquilinia con 20 tracce, spazio
per i treni da 750 per 1.200 unità l’anno. Il tutto accompagnato dalla
riapertura di alcune linee che passano nel ventre di Trieste, e che serviranno
a collegare le tre stazioni. Sulla base dell’accordo Trihub, siglato con la visita
del presidente cinese Xi Jinping a marzo, nel potenziamento del nodo triestino
dovrebbe essere coinvolta anche la società cinese Cccc: e qui si completa la
strategia di D’Agostino, con l’estensione della rete verso Est.
Trihub infatti prevede la partecipazione di Trieste
all’interporto di Kosice, che il gruppo orientale sta realizzando in
Slovacchia, ma anche, in futuro, in strutture analoghe in Cina. Lo stesso
accordo con le Ferrovie lussemburghesi prevede in futuro l’inoltro della merce
da e per Trieste verso Oriente, in particolare sono in corso contatti con la
città cinese di Chengdu.
La spinta sul fronte intermodale è arrivata da Trieste
grazie agli investimenti delle compagnie turche, il gruppo Ekol in particolare,
che hanno fatto di queste banchine il crocevia dei traffici tra Germania e
Penisola Anatolica. Non solo. Come sottolinea D’Agostino, Trieste è sempre più
il porto della manifattura europea, ormai tutta a Est: «Da qui parte ad esempio
la componentistica, realizzata in Ungheria, delle Case automobilistiche coreane
da assembleare in America». Il viaggio più corto sarebbe via Amburgo, ma per
una volta, a soffiare traffico, c’è un porto italiano.
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