lunedì 14 gennaio 2019

TASSA EUROPEA SUI PORTI ?

Ne abbiamo già scritto di questa decisione europea di far pagare le tasse come qualsiasi impresa economica alle Autorità di Sistema Portuale ma continueremo a farlo convinti che sia una pessima iniziativa.

Lo facciamo con metodo citando due articoli (uno datato e uno di questi giorni) che ci mettano in grado di ricostruire i tempi e i modi di questa decisione.

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maggio 2018 

Trieste - I porti italiani sono sotto accusa per aiuti di Stato. ... 
Il presidente di Assoporti Zeno D’Agostino - si legge oggi su Il Piccolo di Trieste - si prepara così a una dura battaglia con le autorità Ue. «Così - afferma D’Agostino - si sconvolge l’assetto complessivo di tutta la portualità nazionale anche perché si mette a rischio la gestione demaniale delle nostre coste». ...
Ma quale è il possibile impatto economico di una ipotetica tassa sugli utili del sistema portuale? Per D’Agostino è difficile quantificare le conseguenze sui bilanci delle Authority portuali che potrebbero essere pesanti.

Oltretutto la nota non cita neppure la riforma delle Autorità portuali del 2016. Una riforma che rafforza e conferma la natura di ente pubblico delle Auhority proprio perché gestiscono per conto dello Stato il demanio. Imporre una tassa sugli utili - precisa - comprometterebbe uno stato di diritto sul quale si fondano molti atti, comprese le concessioni». Per questa ragione Assoporti si sta mobilitando: «Non possiamo accettare l’interpretazione secondo la quale le attività svolte dalle Autorità di Sistema Portuale nel riscuotere canoni concessori sia da considerarsi attività economica soggetta a imposizione fiscale». 






pubblicato da PortNews








11 Gennaio 2019  
Cosa succede dopo la decisione di Bruxelles
Tassa comune nessun gaudio
di Davide Santini

Avvocato, già segretario generale dell’Autorità Portuale di La Spezia

Alla fine è andata come temevamo: la Commissione Europea, pur avendo torto nella sostanza e in punto di diritto, ha invitato l’Italia a modificare la propria normativa in modo da garantire che a partire dal 1 gennaio 2020 i porti corrispondano i tributi previsti per le entità commerciali.
La decisione della Commissione è coerente con la linea generale delle argomentazioni proposte da chi ritiene che «qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento, può essere considerata un’impresa ai fini del diritto UE sulla concorrenza».
Sulla base di questo già di per sé discutibile assunto – che estende il concetto di impresa addirittura alle onlus – la Commissione distingue lo Stato dall’Autorità di Sistema Portuale, considerando erroneamente quest’ultima alla stregua di un’impresa sovvenzionata o partecipata, quindi assoggettabile alla disciplina degli aiuti di Stato.
La Commissione non tiene però conto del fatto che l’entità che esercita l’attività economica è lo stesso Stato mediante una delle sue varie articolazioni. Lo prova il fatto che i fondi assegnati in conto capitale dallo Stato alle singole Autorità di Sistema Portuale sono depositati su conti infruttiferi presso la Banca d’Italia, a garanzia dei titoli del debito pubblico. L’utilizzo degli introiti aventi natura di tributi dell’Ente è inoltre soggetto a stretti vincoli e l’Ente effettua un rendiconto annuale di entrate e di uscite, non un bilancio civilistico con investimenti e ammortamenti, con obbligo di pareggio.
Non si tratta pertanto di arrivare a discutere se l’AdSP sia da considerarsi impresa o se eserciti attività economica: è sufficiente prendere atto che si tratta di un organo dello Stato che ovviamente non può essere tenuto a corrispondere tributi a sé stesso. Diciamo la verità, la Commissione non è un mostro ma agisce secondo protocolli e procedure (meno fantasiose rispetto a quelle cui alcuni sono abituati) e a domande precise si aspetta risposte circostanziate, non lettere interlocutorie o trattative da mercato rionale.
La questione è drammaticamente semplice: la Commissione ha fatto domande, non ha ottenuto risposte nei termini concessi e prorogati, di conseguenza ha provveduto. Ora è molto più complicato proporre controdeduzioni efficaci nel termine assegnato di due mesi e, verosimilmente, occorrerà adire la Corte di Giustizia per ottenere in punto di diritto il riconoscimento della correttezza dello status tributario dell’Ente che poteva essere riconosciuta nell’ambito del confronto tra Amministrazioni.


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