lunedì 10 dicembre 2018

EDITORIALE DELLA DISCORDIA - SENZA COMMENTI PER ORA


I CINESI E TRIESTE

FRA RISCHI E OPPORTUNITA’

L'interesse della Cina per Trieste si è spostato dal cono di luce e fatto più discreto. Ma non per questo è meno forte: anzi, mira a fare dell'Alto Adriatico un ganglio della Via della Seta, il colossale progetto di sviluppo e controllo delle infrastrutture di trasporto euroasiatiche. Pechino ha solo compreso che in Italia, diversamente da quanto fatto in Repubblica Ceca e in Grecia, è meglio muoversi con passi felpati. Ma l'Italia è cruciale per la Via della Seta, e Trieste è dichiaratamente il porto preferito dal governo cinese. 

E se i progetti andranno a compimento, la città dei prossimi dieci anni potrebbe essere molto diversa da quella attuale. Nel bene e nel male: sviluppo economico contro "cinesizzazione" strisciante. senza che la svolta si possa giudicare con un taglio netto.

SCENARI E CONCRETEZZA 


Sembra uno scenario da risiko, eppure è un insieme di azioni concrete. China Merchant Group, uno dei più grandi terminalisti del mondo, riconducibile al governo di Pechino, si appresta ad acquisire la maggioranza della Piattaforma logistica del porto di Trieste dagli attuali soci (Parisi e Icop): si tratta della più grande opera in costruzione tra gli scali italiani, di fatto un enorme piazzale che, congiungendosi allo Scalo Legami, comporrà un'infrastruttura sul mare da 26 ettari. Sarà completata tra circa sei mesi e sarà decisiva per lo sviluppo del porto, giacché per uno scalo moderno gli spazi a terra sono altrettanto importanti di quelli a mare.

Ma il boccone ancor più grosso è un altro: la Ferriera. 

Davanti a un Arvedi scorato e scocciato per la pressione alla chiusura a cui è sottoposto, e con la mediazione lungimirante di un'Autorità portuale che ben comprende la valenza strategica di quella potenziale area di scalo, tutto lascia credere che un'offerta d'acquisto da parte dei cinesi di Cmg prima o poi pioverà sul tavolo. 

Offerta provvidenziale: nessuno in Italia (men che meno lo Stato) avrebbe le risorse a nove zeri per bonificare e rilanciare Servola che, senza l'intervento di un colosso straniero, sarebbe destinata a rimanere un fantasma di cemento per decenni. La bonifica, la trasformazione in terminale anche ferroviario e la fusione con la Piattaforma logistica ne farebbero uno spazio portuale di dimensioni e opportunità oggi inimmaginabili.

Sarebbe un bene, sarà un male? Dipende da come la città si attrezzerà. Per l'economia locale sarebbe una manna dal cielo, poiché potrebbe restituire gradualmente a Trieste la centralità dei traffici che non ha più avuto dall'inizio del Novecento. Pechino riprenderebbe quel che Vienna lasciò: è il paradosso di una città fatta grande dagli stranieri. 

Ma con una miriade di punti interrogativi: lo sbarco cinese in Europa, che ha per ora nella Repubblica Ceca la base strategica (con presenza massiccia nell'energia, la finanza, i trasporti), rivela che i nuovi gestori tendono a costruire e lavorare con personale cinese. Un'ipotesi da contrastare dal bel principio, con accordi chiari condotti dall'Autorità portuale.
Ma è la componente culturale e sociale quella destinata a sconcertare di più, se mai un disegno siffatto si avvererà. Cmg gestisce 53 porti, tra cui quello di Atene. Ebbene non solo il Pireo, ma anche l'aeroporto Venizelos e il centro della capitale sono punteggiati da negozi, cartellonistica e pubblicità nella sola lingua cinese, del tutto incomprensibili a greci ed europei.

CONSAPEVOLI DELLE PROPRIE RADICI

Siamo preparati a una trasformazione del genere? Nessuno può esserlo. Contrastare i capitali stranieri sarebbe una reazione sciocca e masochista, per chi ama pensare al futuro dei propri figli qui. Abdicare alla propria identità, storia e cultura lo sarebbe altrettanto. È in questa consapevolezza di sé e delle proprie radici, se mai il risiko diventerà attuale, che Trieste potrà prosperare senza negarsi e abbruttire in una dimensione indistinta.

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