I CINESI E TRIESTE
FRA RISCHI E OPPORTUNITA’
L'interesse della Cina per
Trieste si è spostato dal cono di luce e fatto più discreto. Ma non per questo
è meno forte: anzi, mira a fare dell'Alto Adriatico un ganglio della Via della
Seta, il colossale progetto di sviluppo e controllo delle infrastrutture di
trasporto euroasiatiche. Pechino ha solo compreso che in Italia, diversamente
da quanto fatto in Repubblica Ceca e in Grecia, è meglio muoversi con passi
felpati. Ma l'Italia è cruciale per la Via della Seta, e Trieste è
dichiaratamente il porto preferito dal governo cinese.
E se i progetti andranno
a compimento, la città dei prossimi dieci anni potrebbe essere molto diversa da
quella attuale. Nel bene e nel male: sviluppo economico contro
"cinesizzazione" strisciante. senza che la svolta si possa giudicare
con un taglio netto.
SCENARI E CONCRETEZZA
Sembra
uno scenario da risiko, eppure è un insieme di azioni concrete. China Merchant
Group, uno dei più grandi terminalisti del mondo, riconducibile al governo di
Pechino, si appresta ad acquisire la maggioranza della Piattaforma logistica
del porto di Trieste dagli attuali soci (Parisi e Icop): si tratta della più
grande opera in costruzione tra gli scali italiani, di fatto un enorme piazzale
che, congiungendosi allo Scalo Legami, comporrà un'infrastruttura sul mare da
26 ettari. Sarà completata tra circa sei mesi e sarà decisiva per lo sviluppo
del porto, giacché per uno scalo moderno gli spazi a terra sono altrettanto
importanti di quelli a mare.
Ma il boccone ancor più
grosso è un altro: la Ferriera.
Davanti a un Arvedi scorato e scocciato per la
pressione alla chiusura a cui è sottoposto, e con la mediazione lungimirante di
un'Autorità portuale che ben comprende la valenza strategica di quella
potenziale area di scalo, tutto lascia credere che un'offerta d'acquisto da
parte dei cinesi di Cmg prima o poi pioverà sul tavolo.
Offerta provvidenziale:
nessuno in Italia (men che meno lo Stato) avrebbe le risorse a nove zeri per
bonificare e rilanciare Servola che, senza l'intervento di un colosso
straniero, sarebbe destinata a rimanere un fantasma di cemento per decenni. La
bonifica, la trasformazione in terminale anche ferroviario e la fusione con la
Piattaforma logistica ne farebbero uno spazio portuale di dimensioni e
opportunità oggi inimmaginabili.
Sarebbe un bene, sarà un
male? Dipende da come la città si attrezzerà. Per l'economia locale sarebbe una
manna dal cielo, poiché potrebbe restituire gradualmente a Trieste la
centralità dei traffici che non ha più avuto dall'inizio del Novecento. Pechino
riprenderebbe quel che Vienna lasciò: è il paradosso di una città fatta grande
dagli stranieri.
Ma con una miriade di punti interrogativi: lo sbarco cinese in
Europa, che ha per ora nella Repubblica Ceca la base strategica (con presenza
massiccia nell'energia, la finanza, i trasporti), rivela che i nuovi gestori
tendono a costruire e lavorare con personale cinese. Un'ipotesi da contrastare
dal bel principio, con accordi chiari condotti dall'Autorità portuale.
Ma è la componente culturale
e sociale quella destinata a sconcertare di più, se mai un disegno siffatto si
avvererà. Cmg gestisce 53 porti, tra cui quello di Atene. Ebbene non solo il
Pireo, ma anche l'aeroporto Venizelos e il centro della capitale sono
punteggiati da negozi, cartellonistica e pubblicità nella sola lingua cinese,
del tutto incomprensibili a greci ed europei.
CONSAPEVOLI DELLE PROPRIE
RADICI
Siamo preparati a una
trasformazione del genere? Nessuno può esserlo. Contrastare i capitali
stranieri sarebbe una reazione sciocca e masochista, per chi ama pensare al
futuro dei propri figli qui. Abdicare alla propria identità, storia e cultura
lo sarebbe altrettanto. È in questa consapevolezza di sé e delle proprie
radici, se mai il risiko diventerà attuale, che Trieste potrà prosperare senza
negarsi e abbruttire in una dimensione indistinta.
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