venerdì 30 novembre 2018

NORDBANK E CRISI DELLO SHIPPING - INTERVISTA A SERGIO BOLOGNA



FAQTRIESTE Abbiamo letto sulla Newsletter di Handelsblatt di qualche giorno fa: “Con il trasferimento di circa un miliardo di euro ai suoi proprietari, il Land di Amburgo e il Land dello Schleswig-Holstein, HSH Nordbank è passata ai nuovi proprietari, i fondi d’investimento Cerberus e J.C. Flowers”. Secondo Lei si conclude così la vicenda tormentata della prima banca al mondo per crediti allo shipping, travolta dalla crisi dei noli e tenuta in piedi con un salasso di soldi pubblici ancora non quantificato?


R. C’è da dubitarne. Si è concluso il primo capitolo di questa storia e si apre quello della  Hamburg Commercial Bank, come dovrebbe chiamarsi in futuro l’Istituto. Sembra che sia già stato depositato il nuovo logo. Lo sconquasso che HSH Nordbank e la sua analoga Norddeutsche Landesbank, controllata dai Länder della Bassa Sassonia e di Sachsen-Anhalt, hanno creato con i loro crediti deteriorati allo shipping, non solo colpisce la finanza pubblica di ben quattro Länder tedeschi ma anche quella parte del sistema bancario tedesco rappresentato dalle Casse di risparmio, che detengono un’importante quota di capitale delle due banche. 


La NordLB, come viene chiamato l’Istituto di Hannover, sottoposta allo stress test delle autorità monetarie europee, ha dato i peggiori risultati tra le banche tedesche esaminate. Da tempo cerca dei soci di capitale, si sono fatti anche i nomi di Cerberus, di Apollo e di altri fondi americani, per un certo tempo si è parlato della sua acquisizione da parte della Commerzbank, ma ogni volta sono arrivate le smentite dai diretti interessati. Si ritiene che per raddrizzarsi l’istituto ha bisogno di tre miliardi di euro. I suoi crediti deteriorati allo shipping sono valutati 6,5 miliardi.

FAQTRIESTE Abbiamo letto che anche Commerzbank era molto esposta nei crediti allo shipping, è riuscita nel frattempo a cederne una buona parte. Poi Lei, nei suoi scritti, aveva parlato di centinaia di fallimenti di società in accomandita che avevano raccolto risparmi d’investitori e li avevano messi nell’acquisto di navi portacontainer che venivano poi noleggiate alle grandi compagnie. Aveva parlato anche di parecchi fallimenti di società di noleggio, alcune molto grosse con centinaia di navi di proprietà, i cosiddetti non operating owner. Lì lo tsunami è finito?

R. Tutt’altro. Quest’anno, a marzo, il mondo degli investitori del trasporto marittimo in Germania ha subito un altro trauma. E’ fallito il fondo P&R, 54 mila investitori rischiano di perdere i loro soldi, 3.5 miliardi di euro. Il titolare del fondo, Heinz Roth, 75 anni, è finito in galera. 


Cosa proponeva P&R? Di acquistare container. Il fondo li noleggiava, trasferiva il ricavato all’investitore dopo aver prelevato la sua commissione, alla fine del ciclo di vita il container veniva venduto e 2/3 del ricavato andavano all’investitore che in tal modo guadagnava due volte. Con la crisi del 2008 le cose hanno cominciato ad andar male, i container non trovavano più mercato e si accumulavano nei depositi, P&R è riuscito tuttavia ancora nel 2013 ad acquisire nuovi investitori e sono questi, ultimi arrivati, che ora stanno pagando il prezzo più alto perché il fondo, coi soldi che raggranellava, pagava prima i vecchi investitori, ovviamente. Ma come raccoglieva questi soldi? In parte col ricavato, sempre più magro, del noleggio ma soprattutto….vendendo i container. Sicché, alla fine, del milione e 600 mila container acquistati non ne restavano che 600 mila. Quindi gli ultimi investitori avevano acquistato container che esistevano solo sulla carta. Il meccanismo è ben spiegato in un video curato da Handelsblatt 


La stampa tedesca ha parlato di questo episodio come della più grande frode del dopoguerra.

FAQTRIESTE Peggio di quanto è successo in Italia con Veneto Banca, MPS, Popolare di Vicenza, Banca Etruria?

R. Molto peggio. Basti pensare a Deutsche Bank. Il valore delle sue azioni si sta evaporando, i cambi ai vertici non sembrano aver ottenuto alcun effetto positivo, la gestione del britannico John Cryan è stata disastrosa. Il suo successore, Christian Sewing, 48 anni, non sa da che parte voltarsi. Di recente la polizia ha fatto irruzione negli uffici della banca alla ricerca di prove che possano convalidare l’ipotesi che la banca abbia partecipato alla colossale operazione di riciclaggio di denaro sporco che faceva capo alla filiale estone di Danske Bank, la prima banca danese (detto tra parentesi, Danske Bank è un polmone finanziario di Maersk). E’ di oggi (30 novembre) la notizia che la polizia ha fatto nuovamente irruzione negli uffici dell’Istituto di Francoforte accusato di aver aiutato un migliaio e passa di grandi evasori ad aprire conti e società nelle Isole Vergini. Sono elementi emersi, pare, dalla famosa inchiesta Panama Papers. Se cade Deutsche Bank il rischio è sistemico, ci va di mezzo l’euro.

FAQTRIESTE E la politica tedesca come reagisce? I risultati delle ultime elezioni regionali hanno segnato la fine della carriera politica di Angela Merkel, sembra che anche in Germania come in Italia la politica dei grandi partiti tradizionali sia in crisi.

R. La prima cosa che va detta è che le autorità di regolazione e vigilanza – la cosiddetta Bafin, (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht) - non abbiano funzionato a dovere. E’ contro questa istituzione che si è indirizzata la rabbia dei creditori di P&R. Che la Bafin fosse un guardiano assente lo avevano già messo in luce le inchieste dell’associazione dei giornalisti investigativi a proposito di HNA, cioè della conglomerata cinese che era entrata nel capitale di Deutsche Bank con il 9,9% diventandone il primo azionista. E’ ben vero che solo chi entra con una quota dal 10% in su finisce sotto la lente della Bafin ma comunque se io fossi l’autorità di regolazione in qualche modo aprirei gli occhi se vedo che qualcuno entra nel principale Istituto sottoposto alla mia vigilanza con una quota esattamente inferiore di quel tanto che gli permette di agire al riparo dai miei sguardi. E qui comincia il bello. Prima l’inchiesta giornalistica, riportata dal “Financial Times”, rivela che questa HNA è una compagnia aerea regionale attorno alla quale si è formata una galassia di almeno 60 società. Capire in quale di queste società sia nascosta la partecipazione in Deutsche Bank è un’impresa, ma alla fine i giornalisti ci riescono e salta fuori il nome di uno strano uomo d’affari austriaco come l’intermediario delle operazioni poco trasparenti di questi cinesi. Agli inizi di quest’anno la notizia bomba: HNA è in pessime acque e vende asset a più non posso, tra cui una parte della partecipazione in Deutsche Bank, che la fa scendere al 7,6% (notizie di stampa di settembre). Il 1 novembre, un mese fa, il fondo americano Hudson Executive annuncia di aver acquistato il 3,1% del capitale della banca, diventandone così uno dei maggiori azionisti. Forse una nuova storia, con enormi conseguenze sul futuro politico della Germania e dell’Europa, è già cominciata?

FAQTRIESTE Si spieghi meglio

R. Mi riferisco al nuovo tipo di rapporti tra Germania e Stati Uniti. Se Angela Merkel ha rappresentato il simbolo di un’Europa unita e potenza mondiale alla pari di Russia, Stati Uniti e Cina, l’uomo che si candida alla sua successione e ha buone probabilità di successo, Friedrich Merz, rappresenta in un certo senso l’esatto contrario, perché è figlio della finanza internazionale senza bandiera e senza regole. Anche Macron viene da quel mondo ma, rispetto a Merz, non è più che un travet. Friedrich Merz è a capo del consiglio di sorveglianza della filiale tedesca di Blackrock, uno dei più potenti fondi mondiali di gestione dei patrimoni. Non solo, è anche il direttore di Atlantik Brücke (Atlantic Bridge), un think thank tedesco-americano che tiene in piedi una diplomazia parallela a quella delle cancellerie, una specie di secondo livello della Casa Bianca, come lui stesso ha ammesso in un’intervista televisiva facilmente rintracciabile su You Tube. Angela Merkel è una democristiana cresciuta nella DDR, con una particolare visione “sociale” della politica, che si riallaccia al pensiero di Erhard, il famoso ministro dell’economia di Adenauer, il cui motto era: benessere per tutti. La parola d’ordine del mondo della finanza cui Merz appartiene è: diseguaglianza, ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Il modello tedesco di cogestione, che ha assicurato parte del successo al sistema manifatturiero, lo stesso ambientalismo radicale fortemente presente nella mentalità del popolo tedesco, come possono andare d’accordo con la cultura rapace di un fondo d’investimento? Forse non è la Gran Bretagna, con la sua stolida Brexit, non è la Francia, con il suo traballante Presidente, forse nemmeno l’Italia con il suo governo sovranista, a mettere in pericolo l’esistenza dell’Unione Europea. Forse il pericolo maggiore viene proprio dal suo principale pilastro: la Germania.

FAQTRIESTE Quindi avremo Merz come prossimo cancelliere?

R. Non è detto al 100%. Anche lui comincia ad avere grane. Il 7 novembre la polizia ha fatto irruzione negli uffici di Blackrock a Monaco. Anche lì ci dev’essere del marcio.

UN PETTEGOLEZZO PER CURIOSI !

FAQTRIESTE  L'intervista di oggi ha un precedente in uno scambio di mail del marzo di quest'anno relativo ai contenuti del libro del prof. Bologna : " Tempesta perfetta sui mari " . All'epoca quello scambio di mail di cui vi offriamo un estratto aveva prodotto un testo che doveva finire pubblicato su una rivista dello shipping nazionale ma che poi si deve essere perso cammin facendo. Noi che salviamo in archivio un po' di tutto e abbiamo una buona memoria vi proponiamo quindi questa domanda e risposta secche del marzo di quest'anno che hanno un legame diretto con l'intervista di oggi.

FAQTRIESTE : Professor Bologna, nel suo libro “Tempesta perfetta sui mari” Lei preconizzava una crisi irreversibile dello shipping nei traffici container e addirittura diceva di considerare il gigantismo navale uno dei fattori di questa crisi. Nel 2017 i porti hanno battuto tutti i record, di navi in disarmo non ce ne sono quasi più, l’economia mondiale è di nuovo in ascesa, crescono gli ordinativi per nuove portacontainer. E cresce anche il numero di coloro che ritengono che Lei abbia “cannato” completamente le previsioni. Come risponde?

SERGIO BOLOGNA :  Non bisogna lasciarsi ipnotizzare dalla crescita dei volumi. Occorre chiedersi piuttosto se dietro quella crescita c’è qualcosa di solido o siamo alle solite montagne russe. E’ vero, i volumi sono in crescita e le compagnie hanno ripreso a guadagnare, ma già a metà 2017 l’atteso GRI (General Rate Increase) non c’è stato. Dopo un anno di stasi (il 2016) si è ripreso ad ordinare navi all’impazzata. Secondo i dati di Clarkson nel primo mese del 2018 la flotta mondiale ha superato già l’aumento che aveva avuto in tutto il 2016. Quindi la sovraofferta di stiva rimane, anzi potrebbe aggravarsi, con le conseguenze negative sui noli che ben conosciamo. Le compagnie guadagnano ma hanno indebitamenti paurosi (Maersk prima di tutte). E poi vengono a scadenza certe cambiali. L’epicentro è sempre la Germania e la sua HSH Nordbank, che è stata ripulita delle sofferenze, scaricate sulle spalle dei contribuenti con il solito sistema della bad bank, ed è stata ceduta per un misero miliardo a un fondo americano. 

Ma ecco che qualche giorno fa spunta una nuova bancarotta. L’Istituto di servizi finanziari P&R, che si era specializzato nell’investimento in navi container, sta vacillando e minaccia di trascinare con sé i soldi, si parla di 3,5 miliardi di euro, di circa 50 mila piccoli investitori (come il pensionato di Amburgo che si vede nel video). “Il più grande scandalo finanziario della Repubblica Federale dopo la guerra”, scrive “Handelsblatt”. Con quest’altra botta la somma che il contribuente/risparmiatore/investitore tedesco si è dovuto sobbarcare per pagare le spese della bolla dello shipping si avvicina ai 20 miliardi di euro. Secondo Lei a questi poveracci importa tanto che i volumi siano in crescita? I partiti di governo, CDU e SPD – ma più i socialdemocratici che i democristiani - hanno pagato un prezzo anche per questo, alle ultime elezioni. 

Purtroppo, da quel che sembra, la politica non ha imparato niente. Continua a sovvenzionare armatori senza prospettive che per di più, appena incassate le sovvenzioni, portano le loro navi sotto bandiere di comodo e buttano sul lastrico centinaia di marittimi tedeschi. 

L’industria dello shipping esce – si fa per dire - da questa crisi con un grado di concentrazione mai visto. L’oligopolio, dicono la storia e la dottrina, non ha mai fatto un gran bene ai consumatori o agli utenti di un servizio. L’industria dello shipping esce – si fa per dire – da questa crisi con tante belle navi giganti. Ne fanno le spese un sacco di porti di medio-piccola dimensione e quelli grandi scoppiano di traffico al punto che non riescono a gestirlo o a smaltirlo. Scioperi di camionisti stufi di fare code di ore ai gate dei terminal non ci sono solo a Genova. 

Ho “cannato” le previsioni? Non m’interessava fare la Pizia o la Cassandra, m’interessava allargare lo sguardo, non fermarmi al numero dei TEU, m’interessava guardare ad un contesto più ampio e così facendo non mi pare proprio di aver “cannato”. 


1 commento:

  1. Salve
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