Per questo motivo abbiamo pensato di fare una cosa utile proponendo all'attenzione dei nostri lettori alcuni passaggi dell'intervista. Si tratta di farla arrivare sulle scrivanie dei giornali e siti dello shipping nazionale.
ITALIA MARITTIMA FA I CONTI CON LA CRISI
«Le nuove dimensioni sono necessarie per consentire
alla compagnia di affrontare la durissima crisi dello shipping internazionale,
una crisi che da anni schiaccia i noli e si fa pesantemente sentire sui bilanci
aziendali.
Anche la prima semestrale del 2018 conferma questo trend di grande
fatica, nessun gruppo armatoriale guadagna».
Pierluigi Maneschi, da quarant'anni agente del colosso
taiwanese Evergreen in Italia e da venti presidente dell'ex Lloyd Triestino ora
Italia Marittima, spiega l'energica cura dimagrante che nel quinquennio 2014-18
ha portato alla ristrutturazione della compagnia, che ha sede nel Palazzo della
marineria in passeggio Sant'Andrea, nella "cittadella direzionale"
dove operano Allianz, Fincantieri, Friulia, Autovie Venete.
Le cifre, indicate da Maneschi, sono eloquenti:
nell'arco temporale interessato il personale amministrativo è sceso da circa 180
a 130 dipendenti, avendo così perso circa un quarto dell'organico.
Oggi la
flotta, che dieci anni fa schierava una quarantina di full container lungo le
rotte da/per l'Estremo Oriente, naviga con 27 navi: 9 unità oceaniche di
proprietà battenti bandiera italiana; 7 oceaniche noleggiate; 11 di portata
minore, noleggiate, battenti bandiera maltese e operanti nel contesto
mediterraneo. La logica è quella seguita un po' in tutto il mondo dello
shipping: «Meno navi nostre - argomenta - e accordi intensificati con altre
compagnie».
Più Mediterraneo e meno Asia.
Maneschi ci tiene a
sottolineare che l'intervento sul personale è stato condotto, dal punto di
vista sociale, in maniera indolore, con l'assenso dei sindacati, attraverso
pensionamenti, buone uscite, trasferimenti nella società terminalistica Trieste
Marine Terminal al Molo VII, di cui l'imprenditore è azionista.
Negli ultimi esercizi Italia Marittima, che fattura
circa un miliardo di dollari, ha perso - ha detto ancora Maneschi una media di
50 milioni di dollari all'anno: la ristrutturazione si è rivelata
indispensabile per salvaguardare l'esistenza della compagnia. Italia Marittima
è una delle quattro società di navigazione su cui si impernia Evergreen, le
altre sono Taiwan, United Kingdom, Singapore.
La ristrutturazione ha consentito alla compagnia di
prendere un po' di ossigeno, ma Maneschi continua a non essere ottimista sul
quadro generale del settore.
Perchè le difficoltà strutturali non sono cambiate,
rimandano sempre alla sovracapacità produttiva e alla conseguente sovracapacità
commerciale: troppe le navi costruite, troppo grandi le dimensioni, il
"gigantismo" non ha giovato allo shipping.
La concorrenza è spietata e il dumping tariffario fa
male ai noli.
A questo si aggiunge una certa insipienza nostrana:
«Troppa burocrazia, non è conveniente tenere le navi sotto la bandiera
italiana. Non abbiamo neanche un ministero dedicato al mare, con cui
confrontarsi. E realtà come Malta, più agili, sono le nostre più temibili
competitrici».
FAQTRIESTE :
Abbiamo evidenziato alcuni passaggi dell'intervista che ci rimandano a giudizi e ragionamenti che abbiamo pubblicato in questi anni. Questa intervista per il nostro blog potrebbe essere la chiusura del dibattito sulla crisi dello shipping e sul gigantismo navale. Le super porta container. Chi voleva capire ha capito e chi non voleva farlo non merita ulteriori attenzioni.
Se non sono stati sufficienti finora i ragionamenti proposti su questo blog, se non sono bastati i documenti e perfino il libro di Sergio Bologna sulla crisi dello shipping, cos'altro possiamo pubblicare ?
Pierluigi Maneschi a capo di Italia Marittima e concessionario del Molo VII è pur sempre socio di MSC e di Aponte. Se neanche i suoi giudizi netti contenuti in questa intervista non riescono a chiudere il dibattito vuol dire che anche la "prova del 9" in matematica non è più affidabile.
Considerazioni sulla comunicazione : Anche il Macchiavelli, che era il Macchiavelli e non un teorico qualunque, sosteneva che una dose di fortuna è necessaria. Questa intervista non ha avuto il rilievo che merita ed è nata sfortunata. L'imprenditore e il giornalista hanno costruito un prodotto chiaro e comprensibile, che però è stato sfortunato.
Non è stato visto e letto dai siti di settore, non è stato ospitato sulle rassegne stampa che in questo periodo sono in ferie, non è stato messo in chiaro neanche da IL PICCOLO online, per sapere che esiste questa intervista serve che qualcuno te lo racconti e poi ... non riesci a trovarla. A voler essere maligni non è stata segnalata nemmeno sul sito Adriaport che è legato a società del gruppo Maneschi.
Noi abbiamo dato una piccola spinta con la pubblicazione su questo blog di alcuni passaggi che ci sembrano interessanti.... staremo a vedere.
Non è stata pubblicizzata per mantenere, secondo me, una sorta di "alone" di successo attorno ad un imprenditore a cui negli anni è stata affidata la sorte di aziende cardine della nostra portualità e che, in fondo, ha disatteso le attese (anche se ha confermato i trend ottenuti in altri porti in cui è stato "protagonista", vedi Taranto).
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