martedì 3 luglio 2018

RINFRESCARE LA MEMORIA SULL'ART. 16



Sono oramai passati 24 anni dal varo della legge di riforma della portualità italiana. 

Su spinta della Comunità Europea, l'Italia licenziò nel 1994 la Legge n° 84. Di fatto si passava da una gestione pubblica ad una gestione privata, in regime di libera concorrenza, del bene Porto. 

Con l'abrogazione dell'art. 110 del codice di navigazione si tolse il monopolio alle Compagnie Portuali e le stesse dovettero trasformarsi in Imprese di diritto privato (art. 21 L. 84/94). 


Nuovi soggetti arrivarono sotto forma di Imprese: Terminalisti, Concessionari di aree e banchine, con libertà di fissazione delle tariffe (art. 16 e 18 L. 84/94). A regolare tutto il processo di trasformazione erano è sono i vecchi Enti Portuali trasformati in Autorità Portuali (art. 6 L. 84/94). Nel 1995 venne emanato, con decreto ministeriale n° 585, il regolamento che fissava i requisiti per le attività di Impresa Portuale. In particolare all'art. 3 lettera "C" del regolamento, i richiedenti devono essere in possesso di capacità tecnica, basata sulla sussistenza di beni mobili ed immobili: macchinari o mezzi meccanici o navi o altri strumenti NECESSARI allo svolgimento delle attività programmate, in proprietà, in leasing o in locazione per un periodo non inferiore ad un anno. 

La lettera "G" del regolamento recita: Organigramma dei dipendenti, comprensivo dei quadri dirigenziali, NECESSARIO ALL'ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITÀ PROGRAMMATE, suddivisi per livelli e profili professionali ecc.. 

Quindi riassumendo, per essere autorizzati ai sensi di legge, il richiedente deve essere in possesso di mezzi e dipendenti necessari a garantire il piano operativo presentato. Nel caso di picchi operativi le imprese autorizzate possono avvalersi, ai sensi dell'art. 17 L. 84/94, del così detto Pool di manodopera, unico soggetto non vincolato dalla L. 1369/60 che vieta l'intermediazione di manodopera nello svolgimento di operazioni e servizi portuali e come ribadito anche dal D.L. 276/2003 (L. Biagi). 

Queste le famose regole da sempre rivendicate dai lavoratori portuali. Semplici chiare incontrovertibili, suffragate dal CCNL UNICO DEI LAVORATORI PORTUALI. Ma allora come mai ancora oggi dopo 24 anni accadono fatti come quelli di Livorno? Le Autorità Portuali sono il soggetto deputato a garantire il rispetto delle norme e possono sanzionare le Imprese inadempienti anche se la L. 186 del 2000 che integra l'art. 16 L. 84/94 introducendo la categoria dei Servizi portuali e definendoli come prestazioni specialistiche, complementari ed accessorie al ciclo delle operazioni portuali aumentano la discrezionalità di ogni singola Autorità. 

In tutti i Porti ci sono state, negli anni, forzature autorizzative pur di scardinare il potere contrattuale dei lavoratori portuali. Ad essi è stata piegata la schiena ma non spezzata ed è per questo che solo attraverso la loro lotta, continua, unitaria e solidale, a livello nazionale e locale, si potranno garantire un futuro di benessere.

Nessun commento:

Posta un commento