E’ assolutamente
incomprensibile come ci si possa trastullare con robe come il ‘Parco del Mare ‘
e con le più cervellotiche destinazioni sulle aree di Porto Franco Internazionale
date per acquisite anche se su basi che non rispettano la procedura della
trattatistica internazionale.
Ma non sentono i cupi brontolii di temporale in
Europa? Non sentono come l’Italia stia diventando un sorvegliato speciale? Non
leggono come in Germania per fior di economisti ormai l’alternativa è se sia
meglio cacciare a pedate l’Italia dall’Eurozona (ma anche la Francia viene bene
monitorata!) oppure fare in modo che sia la stessa Germania ad uscirne
velocemente e di sua volontà a salvarsi le chiappe, portandosi via il bottino
accumulato, prima che tutta la baracca crolli? Sarà così, non sarà così?
E’giusto? E’ sbagliato o meglio ancora più che sbagliato, iniquo? Sono domande
di lana caprina che non portano a nulla!
La questione meccanica è
che la Germania ha – ora e in questo scacchiere, cioè hic et nunc – la possibilità di scelta perché domina la
situazione ; l’Italia ha solo chiacchiere e tabacchiere di legno o al massimo,
se ci fosse un qualche Talleyrand o un Bismarck, potrebbe grattare con
difficoltà un po’ di spazio di manovra per qualche dilazione. La Germania
potrebbe essere messa in riga solamente da un potere più forte ma le
superpotenze adesso hanno altre cose cui pensare. Ma non solo non abbiamo non
dico né Talleyrand né Bismarck, ma purtroppo nella generalità senza distinzione
politica, appaiono come fuochi fatui e senza consistenza le solite note facce
di gente che pare avere sbagliato strada e mestiere.
Sicché, quale che sia
l’ideologia (ammesso che ce ne siano ancora!)
il materiale umano in Italia, e non da adesso, appare di scarsissimo
spessore, improvvisato, dedito alle esibizioni e sostanzialmente ignorante e
indisciplinato. Sì, indisciplinato! La disciplina non è sopraffazione in quanto
chi comanda deve non solo farla valere sul subordinato ma deve lui stesso
assoggettarsene senza sconti; la disciplina è la condizione - necessaria ma non
sufficiente - su cui poter lavorare in maniera chiara e ordinata e perciò
onesta, responsabile e produttiva.
Dunque la posizione dell’Italia
è precaria. E allora, dato che per noi il primario interesse è quello della
nostra comunità cittadina, possiamo fare qualche cosa per noi stessi e se sì,
cosa?
Quanto conta e cosa può fare un agglomerato umano che è 1/12 non di New
York ma della sola Brooklyn?
Per prima cosa fare una revisione delle idee
correnti! Non permettere spese futili e dal dubbio guadagno e che non siano
destinate alla redditività del lungo periodo e al benessere del cittadino.
Perciò né Parco del Mare, né un uso delle aree di Porto Franco che sia difforme
alla loro natura portuale o paraportuale. Tutto deve essere indirizzato allo
Schwerpunkt dove applicare tutta la forza possibile: Porto e Ferrovie. Il Porto
non deve essere ceduto di un metro quadrato e casomai dato in concessione a
Nazioni marittime mentre le Ferrovie devono essere portate ad una condizione di
modernità che ci dia almeno trenta o quaranta anni di operatività certa.
Anche se mai potremo
raggiungere le dimensioni di un solo porto del Nord Europa, anche se è concreta
l’eventualità di poter essere compressi da un efficiente sistema ferroviario
che da Vladivostock o dalla Manciuria
raggiunga l’Europa, anche se la via d’acqua artica a nord della Siberia –
previsioni climatiche permettendo- potrà servire solo i porti del Nord Europa, qualche piccola
chance di sopravvivenza la abbiamo anche noi.
Il porto è il solo volano
di cui disponiamo e che per necessità di vita e non per un ottuso incaponimento
deve essere affiancato dalle possibilità che i Trattati ci danno e la cui
applicazione deve essere reclamata. La questione del porto non è legata solo
alla creazione di ricchezza quanto alla stessa sopravvivenza economica e fisica
di Trieste. Essa ha anche un alto valore strategico che in tempi come questi
diventa dirimente.
Il valore di Trieste con i suoi trattati da un lato consente
una penetrazione nel cuore dell’Europa che in qualche misura allevia le
suddette eventualità contrarie ma allo stesso tempo consolida la sua
appetibilità a interessi dei più diversi che potrebbero richiedere di
servirsene. Per ora l’approvvigionamento di crudo per la Germania è un chiodo
importante ma anche questo, pur con perdite secche, sostituibile. Per cui non
dobbiamo assolutamente affossare l’aspetto strategico anzi dobbiamo fare in
modo di enfatizzarlo e ancorarlo solidamente; e dobbiamo farlo soprattutto in
questi momenti dove rischiamo di essere ancora di più conculcati da possibili
situazioni di pesantezza cui l’Italia potrebbe essere obbligata.
Allo stesso modo, dobbiamo
cercare che le strutture sensibili e di alta qualità competitiva – se ci
saranno le opportunità e i soldi per costruirle - siano insediate entro il
Comune di Trieste o almeno entro la vecchia Zona ’A’ del TLT.
Opere portuali,
opere foranee, opere ferroviarie, il bacino di carenaggio allo stato dell’arte
di cui nessuno parla neppure per contestarlo, devono il più possibile stare a
Trieste per ricadere certamente entro i disposti internazionali.
Per questa
ragione io, per quello che ne capisco di fronte a tanti esperti di grandi
destini, sostengo che con Monfalcone avremo dei problemi: nulla ci può dare,
molto ci può chiedere creando condizioni di tensione e di blocco; ma
soprattutto si tratta di un’area fuori dalla Zona ‘A’ che – per quello che
serve - è il limite ideale del sedime di cui si tratta.
Lo ripeto: non è tanto e
non solo il vantaggio di riavere le opportunità scritte nei Trattati, quanto
dal metterci al vento se qualche cosa di pesante dovesse accadere. Troppi rospi
stanno ribollendo nel pentolone delle streghe e ogni previsione è impossibile
in quanto le variabili sono numerose. Ma dobbiamo garantirci una lancia di
salvataggio.
Adriano Verani
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