mercoledì 28 marzo 2018

LA SILK ROAD E L'EUROPA FERROVIARIA NELL'ANALISI DI ANTONIO MANESCHI

Come abbiamo pubblicato ieri su questo blog oggi pomeriggio il Propeller Club di Trieste organizza un incontro sui collegamenti ferroviari e i progetti in tal senso del Porto di Trieste. Puntualmente la Gazzetta Marittima di Livorno "partecipa" alla discussione pubblicando un intervento di analisi sul rapporto tra la Silk Road e il sistema ferroviario europeo di Antonio Maneschi.


La “Silk Road” e l’Europa ferroviaria l’analisi di Antonio Maneschi (Sisam)

LUGANO – La Svizzera punta sul “terzo valico” con Genova, ma tiene gli occhi aperti anche su quella che è la “Silk Road” già da tempo operativa, la nuova via della Seta che la Cina ha lanciato in termini estremamente concreti (e aggressivi) con l’Europa. A conferma che i tanti interventi nei convegni e nei talk-show sul nuovo espansionismo cinese non parlano del sesso degli angeli, ma di una rivoluzione mondiale che non è solo logistica.




Abbiamo riferito di recente del convegno a Lugano su “Un mare di Svizzera”. Il terzo valico su Genova fa parte di quei progetti che la Liguria chiede con sempre maggiore affanno e che sul piano della fattibilità sembra cozzare con un’alternativa più veloce e più logica, quella dell’alta capacità ferroviaria da Bologna a Firenze e da Firenze su Livorno, La Spezia e Piombino. Una soluzione sulla quale la Toscana e non solo puntano forte.

Ma diatribe a parte, bisogna davvero valutare quanto valga la nuova “Sik Road”: e nessuno meglio di Antonio Maneschi, livornese figlio d’arte (Pierluigi Maneschi è stato e rimane uno dei big della logistica navale, uomo di punta non solo di Evergreen ma anche dell’hub europeo della compagna di Taiwan) per lungo tempo pendolare con la Cina per Sisam ed oggi stabilmente a Lugano sempre per Sisam dove ha fondato ed è CEO della sua compagnia “Suan”, ha tenuto una attenta analisi dello stato dell’arte. 

Che ha una sintesi lapidaria ma significativa: “Dalla Cina l’Europa importa volume ma esporta valore”. 

Tradotto, sempre con le parole di Maneschi: “Il commercio non è un gioco in una sola direzione, one-way game: e sulla ferrovia per avere un senso commerciale bisogna lavorare in entrambe le direzioni. Ma avere un sufficiente carico cargo da spedire verso la Cina – ha sottolineato – è un problema persistente”. Prima del 2012 le ferrovie trasportavano merci quattro volte maggiori dalla Cina verso l’Europa: ma sul piano del valore adesso i cinesi stanno acquistando merci europee di alta quotazione come vini francesi, whisky scozzesi e prodotti tessili italiani, particolarmente graditi alle classi medie in crescita”.

Se questa è la situazione dei traffici, quali sono i reali “hub” europei per la nuova strada della seta? Antonio Maneschi è stato chiaro: è la Germania, e l’hub di Duisborg in Renania, è il nodo focale. Lo stesso presidente Xi Jinping ha visitato Duisburg nel 2014 e da allora c’è un crescente numero di compagnie cinesi con sedi in quella città. 

Nel 2016 sono stati almeno 40 mila i container transitati su quella direttrice, ma si prevede che nel 2020 saranno almeno 100 mila – ha riferito Maneschi – secondo quanto ha detto Zhong Cheng, vice direttore generale della compagnia cinese per il trasporto dei contenitori. 

La spedizione di questi ultimi via ferrovia – ha ricordato Maneschi – è due volte più veloce che per mare e molto più economica rispetto al trasporto aereo: il che privilegia i binari specie per merci che devono operare con il sistema del just in time, come ricambi per auto e confezioni della moda.

In conclusione, la nuova “Silk Road” ha enormi potenzialità, ma in Europa i suoi principali sbocchi sono oggi la Germania e i punti intermedi sull’est Europa, mentre sul piano marittimo l’hub del Pireo, oggi Cosco, deve essere attentamente valutato dai porti italiani interessati a quel settore.

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