venerdì 23 febbraio 2018

TRIESTE NGO COMMENTA E CRITICA LA PRESIDENTE DELLA REGIONE FVG SERRACCHIANI SUL PORTO

 Benvenuto, inevitabile e puntuale è arrivato il commento di TRIEST NGO alle dichiarazioni della presidente Serracchiani di sabato scorso nell'incontro organizzato dal Coordinamento Lavoratori Portuali Trieste. ( che noi di FAQ Trieste abbiamo documentato con dieci brevi video divisi per argomento su questo blog )


DAL SITO DI TRIEST NGO      
( clicca per andare al sito originale )


Riportiamo e doverosamente correggiamo le parti peggiori di un recente intervento #raccattavoti recitato da una sconcertante Debora Serracchiani riguardanti il Porto franco internazionale di Trieste. Frottole che costei riesce a rifilare tutte in una volta sola (link al video).

Serracchiani: “…come abbiamo lavorato all’attuazione dell’Allegato VIII e del decreto attuativo”

FALSO. Lo Strumento per il Porto franco di Trieste, titolo esatto dell’Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi del 1947, è stato approvato come Strumento del Territorio Libero di Trieste nella 16 Risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 10 gennaio 1947 (vedi risoluzione S/RES/16 ) congiuntamente allo Statuto Permanente del Territorio Libero di Trieste (Allegato VI) e allo Strumento per il regime provvisorio del Territorio Libero di Trieste (Allegato VII) e dopo un mese, imposto alla soccombente Italia dai venti Stati vincitori e firmatari del Trattato di Pace stesso.


L’Allegato VIII non è lo Strumento ideato per un porto soggetto alle disposizioni delle leggi italiane, ma riguarda solo ed unicamente uno Stato terzo, il Territorio Libero di Trieste . La Serracchiani potrà stupirsi per quante volte nell’Allegato VIII l’esplicita menzione al TLT vi appare.

Forse non lo ha mai letto? Oppure finge di non conoscerne il contenuto?

La ragione per cui l’Allegato VIII si trova ad essere nel 2018 integro e in vigore come legge recepita dallo Stato italiano fin dal 1947, trae origine solamente dal fatto che l’Italia, duramente sconfitta nel secondo conflitto mondiale, ha dovuto accettare la perdita definitiva di Trieste, del Territorio e del nostro Porto franco, ed è stata obbligata perciò dalla comunità internazionale, a recepire in toto il Trattato di Pace nella propria legislazione, assieme a tutti i suoi allegati che ne sono correntemente parte integrante.

Nel decreto ministeriale – e NON attuativo dell’Allegato VIII – come dal piddì e supporters ingannevolmente contrabbandato, viene incredibilmente inserito come fonte di legge una non-legge: il Memorandum of Understanding of London del 1954 , rendendo questo atto amministrativo già viziato alla fonte ed illegittimo . Volete cortesemente indicarci, egregi sig.ri Debora Serracchiani e Zeno d’Agostino, quando e come questo Protocollo d’intesa (denominazione in lingua italiana dal significato diverso da “Trattato”) è stato recepito nella legislazione italiana? 

Può un decreto ministeriale fondarsi su una “non-legge”, che in ogni caso, riguarderebbe l’amministrazione civile di un altro Stato?

Serracchiani: “…diciamoci la verità (sic!)… lo stimolo, la spinta a fare (??) l’Allegato VIII è arrivato dai lavoratori portuali…. (pausa riflessione)”

FALSO. Con tutto il rispetto per le lotte sindacali dei lavoratori portuali, Le ricordiamo che fin dal 2011 c’è stata una spontanea e crescente mobilitazione popolare dei Cittadini di Trieste , che ha portato migliaia e migliaia di persone nelle piazze, nelle strade, nel Porto Vecchio e nelle aule del tribunale di Foro Ulpiano, tutti uniti al fine di ottenere il rispetto – e non la finta attuazione – dell’Allegato VIII (e non solo…).

In questi cinque anni è stata davvero così distratta da quanto accadeva a Trieste? Era forse troppo impegnata nella sua Roma e/o in Friuli per accorgersi della più significativa mobilitazione democratica avvenuta a Trieste nell’ultimo quarto di secolo?

Serracchiani: “…senza questo (nota: decreto) non stavamo neanche qui a discutere, ma adesso che ce lo abbiamo (nota bis: ma ce lo abbiamo che?), che quindi abbiamo potuto cambiare, spostare il punto franco, che il punto franco si potrebbe, dice, anche allargarsi, che si può fare un tipo di lavoro anche dentro il porto”

Se avesse letto l’Allegato VIII (le consigliamo nuovamente la lettura, peraltro non difficoltosa e non troppo impegnativa: le facilitiamo il compito, vedi qui), saprebbe che i cinque punti franchi del Porto internazionale di Trieste non si possono né sopprimere né spostare, ma soltanto ampliare previa consultazione con l’Assemblea popolare dei Cittadini del Territorio Libero.

Serracchiani: “quindi, e chiudo per non farla troppo lunga: rapporto con l’Agenzia delle Dogane fondamentale…”

Dogane italiane in una zona franca internazionale? Geniale! Ecco cosa mancava! Che ci stanno a fare le Dogane nazionali italiane in un zona franca ed extraterritoriale? Non le sembra si tratti di un contrasto insanabile nei fatti ed anche in contraddizione di termini ? Tutto ciò ricorda terribilmente il paradosso del porto franco internazionale (ma) italiano che state andando a tentar di rifilare in giro per il mondo.

Si fa notare inoltre, che nel fantomatico decreto ministeriale del 13 luglio 2017 per l’ “Organizzazione amministrativa per la gestione dei punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste”, lo scribacchino menziona anche il Decreto del Presidente della Repubblica del 23/01/1973 n. 43. Importante: tale decreto del 1973 indica la Legge 1430, quella che contempla per l’Italia l’ottemperanza del Trattato di pace, compreso l’all. VIII dal primo al ventiseiesimo punto. Altro che Memorandum.




Nuova recente ed incredibile apparizione all’interno del Porto franco internazionale di Trieste: un impossibile Ufficio dell’Agenzia delle Dogane italiane per una zona extradoganale ed extraterritoriale.

Crediamo a ragion veduta, vada censurata questa sua goffa performance. Non appare affatto migliore di quella precedente del 27 giugno 2017, quando davanti ad una folta platea di figuranti, finse sfacciatamente di firmare il “decreto attuativo” (assieme alla sua fedele spalla Zeno D’Agostino) , documento risultato essere in realtà, dopo qualche giorno, un “decreto ministeriale” gravemente viziato e sottoscritto dai ministri italiani Padoan/Delrio, non da lei e neppure dal direttore del Porto.

In seguito a tutto il bailamme che ci propinate ultimamente, una domanda sorge spontanea: gli operatori delle società operanti nel Porto franco di Trieste, sono tutti sprovveduti quanto lei? Oppure qualcuno la sa più lunga e magari sta già da tempo operando come da Allegato VIII in regime *estero su estero*?

Nessun problema: stiamo continuando a seguirvi con attenzione, in primis perché le leggi per Trieste le conosciamo meglio di voi e poi perché ci è stato chiesto di farlo per rapportare dettagliatamente quanto l’Italia sta combinando dalle nostre parti.

NOTA DI FAQTRIESTE : La questione del Porto Franco Internazionale di Trieste e di come si è giunti alla situazione attuale non è materia per storici. Capire perchè e come dopo tutti questi anni qualcosa si è effettivamente mosso non serve per il passato.

Conoscere cosa ha determinato un cambiamento serve anche a capire cosa è bene fare per garantire continuità o per attuare le necessarie correzioni. Che poi lo si giudichi positivo o negativo a nostro avviso, e non solo nostro, è innegabile che un cambiamento c'è stato. Possiamo spingerci ad affermare che il cambiamento è nella direzione del miglioramento.

Per questa nostra convinzione siamo molto interessati a raccogliere pezzi di verità per ricostruire al meglio il rilancio in atto.

2 commenti:

  1. Contestare “Trieste NGO” – come fa FAQ TRIESTE, dicendo che.”..di come si è giunti alla situazione attuale non è materia per storici..” e “Capire perché…qualche cosa si è effettivamente mosso non serve il passato.” sono puntualizzazioni di poco spessore. Questa è materia per gli studiosi del Diritto e non un pedante elenco di atti formali, in quanto si richiamano le basi fondanti del diritto che a quanto pare sono tuttora attive. Cosa vuol dire “..non serve il passato” ? E no,perbacco! O non si capisce il rapporto filogenetico oppure si vuole limitare la discussione a quanto conviene. Sono d’accordo che resta da capire perché certe azioni solo oggi sono state messe in opera; ma mentre il giudizio deve essere dato su atti formali , qui si scivola nel grande mare delle ipotesi – sulle quali ognuno di noi può lambiccarsi – e sulle quali certamente il solito ‘bene informato’ avrà da dire la sua. Il Memorandum di Intesa recita all’art.5:” The Italian Government undertakes to maintain the Free Port at Trieste in general accordance with the provisions of Articles 1-20 of Annex VIII of the Italian Peace Treaty”. E questa una delle pietre fisse, uno dei paracarri da cui partire. L’onere del rispetto del disposto del Memorandum e perciò anche dell’Allegato VIII ricade non sullo Stato italiano – che nessun diritto ha sulla Zona A del T.L.T. – ma solamente sui Governi italiani quali amministratori. E’ stato forse considerato nullo e senza valore il Memorandum di Intesa? Non mi pare, anzi l’ONU lo ha accettato senza alcuna obiezione e così anche le Potenze firmatarie del Trattato di Pace. Che l’Italia, con il Decreto Del Rio, abbia concesso qualche cosa è vero (è il bicchiere mezzo pieno) ma che abbia diritto di concedere è un’altra faccenda. La sola linea guida oggi operativa (in mancanza della nomina del Governatore) è il rispetto del Memorandum di Intesa e quindi l’applicazione dell’Allegato VIII dagli articoli 1 al 20 compreso; tutto il resto, concessioni, sorrisini, discorsetti sono fuori dal Diritto e non valgono una pipa di tabacco. Ma sarebbe ingenuo (o una forzatura ‘pour-cause’) pensare che anche il Diritto più adamantino non soggiaccia agli interessi e agli equilibri variabili della politica internazionale. Sebbene la questione di Trieste non sia mai stata sollevata, l’uso politico che si può fare di un Trattato internazionale come quello nel quale siamo immersi è del più vario. Nessun triestino, a meno che non sia un pazzo furioso, potrebbe volere per Trieste quello che ha subito Beirut nel 1975-76. Ma proprio per questo bisogna avere chiaro il possibile evolversi di situazioni non sanate che possano essere usate come materia di scontro politico sulla pelle della gente, e la questione del TLT e nell’immediato dell’Allegato VIII sono tra queste. Per cui: 1) Il Presidente Serracchiani dovrebbe essere più cauta nell’espandersi in territori che sono campi minati; 2) Del Rio (anche se meglio che niente) sta vendendo merce non sua di cui è solo il custode e l’amministratore; 3) Del Rio, ancora , quale rappresentante del Governo amministratore è inadempiente nel mancare l’applicazione totale dell’Allegato VIII; 4)Da un lato vi è la necessità di prendere atto della situazione e cercare di sfruttare al massimo le poche possibilità concesseci ma dall’altro deve esserci la consapevolezza che quanto concesso deriva da una patente inadempienza del Diritto e degli impegni assunti dall’Italia; 5) Ogni triestino , quale che sia la sua personale orientamento politico, dovrebbe fare delle serie riflessioni sulla materia. Se ci dovesse essere un interesse diretto per il Porto Franco Internazionale di Trieste da parte di qualche nazione dedita al commercio marittimo è fuori di dubbio che i Governi italiani sarebbero chiamati a rispondere delle loro mancanze così come le indebite intrusioni nel Porto Vecchio sarebbero immediatamente messe in discussione. Da un lato vorrei augurarmi che si addivenga ad un definitivo ‘redde rationem’, dall’altro temo guai per la mia città che di guai, dal 3 novembre 1918, ne ha già avuti a iosa.

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  2. Sul “Corsera- Il Corriere del Veneto” il Presidente dell’A.P. di Venezia, Pino Musolino ha definito le prerogative di Trieste dei privilegi contrari alla libera concorrenza. Questo è il basto sulla nostra schiena e il Decreto Del Rio è solo becchime per colombi ( ma del quale in ogni caso bisogna fare buon uso lasciando a D’Agostino di gestirlo al meglio ) . Ma per una costruzione, Musolino afferma: “Il Comune non ha alcuna legittimità per deliberare nel merito: l’area ricade nell’ambito dei 2200 ettari demanio portuale e, dunque, è esclusivamente all’Autorità portuale che i privati…dovranno sottoporre il loro progetto..!” per ribadire in una audizione ai rappresentanti del comune di Venezia :“«Nell’area marittimo-portuale la pianificazione urbanistica non è del Comune, ma esclusivamente nostra…. Avevo chiesto un parere all’Avvocatura di Stato sui criteri di applicazione del decreto 232/2016, per altre vicende, e ci ha ribadito senza ombra di dubbio che la pianificazione urbanistica e la progettazione sulle aree (anche private) che ricadono all’interno della conterminazione e del demanio marittimo portuale va discussa esclusivamente nell’ambito del Piano regolatore portuale…..qualsiasi conferenza di servizio va convocata dall’Autorità di sistema portuale. Il Comune non c’entra: non è sua la pianificazione urbanistica in queste aree.” Insomma : 1)Mi pare assodato che le prerogative del Porto di Trieste derivate anche solo dall’Allegato VIII facciano ombra a molte realtà italiane; 2) Che il Decreto del Rio anche se concessivo, conferma la assoluta inadempienza dei Governi italiani di fronte agli impegni assunti di sola Amministrazione della Zona A del T.L.T. e per l’applicazione completa dell’Allegato VIII artt. dall’1 al 20 ex art.5 del Memorandum di Intesa; 3) Che i rappresentati della città fanno i pesci in barile e temendo per le loro rielezioni si guardano bene dal difendere gli interessi triestini, loro sporco dovere, anche scontrandosi all’interno dei loro partiti con altri interessi. In breve, dei sordidi epigoni di Marco Ranfo, imbellettati di esibizioni verbali che stanno a zero!; 4) Le dichiarazioni di Musolino ci svegliano da un sonno malsano : con quale base legale è stata eseguita la c.d. sdemanializzazione ? Nessuna, si tratta di leggi da foro interno che non inficiano un trattato internazionale . Con quale diritto il Comune interviene nelle aree portuali? In base agli atti di cui sopra, assolutamente illegali! Ma anche restando ai margini della polemica, come si può accettare che un’area enorme venga sottratta alla sua funzione principale quando tutti i porti si tengono ben strette le loro aree e cercano ove possibile di incrementarle? Come si può accettare in silenzio che mentre Musolino parla di fondali di 12 metri a Venezia, nei pressi dell’Adria Terminal ce ne siano 15, e a 50 metri dal terrapieno di Barcola ce ne siano 20, e che dal 1970 non si fa alcun dragaggio industriale per recuperare certamente almeno 1 metro o forse due di pescaggio in tutta l’area portuale (portando gli accosti al MoloVII a 18-20 mt.) e di pareggiare il fondo nel Porto Vecchio,? Dove sono gli esperti in acrobazie? Perché non c’è una voce circa la necessità di un bacino allo stato dell’arte di almeno 400-430 mt. per accogliere le Panamax del futuro non tanto lontano (5-7 anni), altrimenti saremo tagliati definitivamente fuori dalla navalmeccanica? Come risolvere in piena sicurezza e aumento di capacità il transito ferroviario con uno sguardo al futuro? Perché non si riprendono, aggiornandoli, gli studi del prof Pellis? Siamo soddisfatti delle perline colorate di Del Rio ? Siamo gratificati dei sorrisini del Presidente della Regione? E’ ben vero che bisogna lavorare con quello che si ha e purtroppo non con quello che si vorrebbe, ma almeno, dove non ci sente e non ci vede nessuno, potremmo avere un sobbalzo di dignità?

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