sabato 30 dicembre 2017

CENTRALISMO AUTONOMIA INDIPENDENZA

Se avete letto il post precedente non avrete difficoltà a capire che iniziamo questo nostro contributo alla costruzione di un nuovo vocabolario politico indicandovi tre letture che siano di per se interessanti a questo progetto.
Cerchiamo di fare questo nuovo lavoro senza dare troppo spazio a teorie generali ma cercando di scegliere letture che siano recenti, su fatti in svolgimento, e di rilevanza locale, in modo che si possano affrontare i testi conoscendo almeno in parte gli argomenti perchè a noi vicini. Ma andiamo a incominciare.


LE MONDE - CATALOGNA: IL RITORNO DELLE 

REGIONI IN EUROPA E' ORMAI 

IRREVERSIBILE  

Un' Europa dei cittadini per dare spazio alle autonomie - Un articolo di Ulrike Guérot (Docente di studi europei di politica e democrazia all'Università del Danubio in Austria)  

fonte LIMES CLUB TRIESTE clicca qui



BUON COLPO DI FALCETTO, DIFENSORI DELLA TERRA



Un articolo di Cecotti pubblicato sul sito del PATTO PER L'AUTONOMIA       clicca qui



Terza e ultima segnalazione per oggi dal Blog di Gianfranco Moretton.



NOTA DI FAQTRIESTE : Di questi tre interventi vogliamo sottolineare che ci interessa l'uso dei termini e le distinzioni tra le parole e come vengono usate piuttosto che la tesi. Ci sembra scontato che le affermazioni di Moretton sull'accordo Serracchiani - Padoan , ad esempio, avrebbero bisogno di ben altro approfondimento ma ciò che ci interessa è come vengono utilizzati i termini : centralismo, autonomia e indipendenza in questi articoli.



Il nostro scopo è cercare di arrivare ad una condivisione del significato e dell'uso di questi termini eliminando il maggior numero di equivoci possibile.

Ecco il testo dal Blog di Gianfranco Moretton 

Il Non detto della Presidente (in barba ai friulani)

C’è una cosa che non ci è chiara nella manovra del Governo approvata alla vigilia di Natale nella quale sono contenute due disposizioni di gran peso che riguardano la Regione.

La prima è il contributo di 120 milioni che proroga l’accordo Serracchiani – Padoan anche per il 2018 e il 2019. La seconda è la revisione completa dei decimi cioè delle quote di compartecipazione ai tributi erariali che spettano alla regione in base allo Statuto e che rappresentano l’essenza della nostra autonomia.

Invero il primo punto ha una ragione evidente. L’accordo di cui si è detto, sottoscritto nel 2014, con il quale la Regione ha accettato e consolidato tutti i tagli delle proprie entrate disposti dal governo Monti e successivi, scadeva nel 2017 e non è stato ancora rinegoziato. Ciò nonostante il governo lo ha ora esteso al prossimo biennio con l’assenso incondizionato della Giunta regionale, dato notte tempo ignorando del tutto la funzione spettante al Consiglio regionale. Così facendo, ed è questa la motivazione sottostante ma vera della norma, la giunta si è assicurata la possibilità di fare all’inizio dell’anno una bella variazione di bilancio, ricca appunto di 120 milioni da distribuire a pioggia, con la quale preparare la propria campagna elettorale nell’imminenza delle elezioni di primavera. 

Ovvio dunque che questa giunta abbia rifiutato l’election day al 4 marzo, con risparmio milionario per le casse regionali, ed altrettanto ovvia la ripetizione a livello locale del famoso obolo degli 80 euro che fece vincere le europee a Renzi ora ammodernato nei 200 euro promessi per i bebè. Non altrettanto scontato l’esito auspicato delle elezioni regionali, perché non tiene conto che gli elettori non sono imbecilli e ben conoscono i danni fatti, dalle UTI alla riforma della sanità, al numero unico di emergenza e via dicendo.

Sul piano istituzionale questo epilogo dell’accordo appare inconcepibile sotto ogni punto di vista: infatti, come si fa a fissare in legge dello Stato l’esito di una intesa finanziaria prima ancora di incominciare a negoziarla? Eppure questo è scritto in modo espresso ed inequivoco nella legge appena approvata.

Lo Stato, confermando i 120 milioni rispetto a quello che invece sarebbe spettato alla Regione per recuperare in tutto o in parte i tagli che hanno impoverito il Friuli Venezia Giulia più di ogni altra realtà regionale e locale, si è messo al sicuro approfittando della connivenza del governo regionale “amico”. 

Per di più ha evitato che, come previsto dalla legge sempre statale, rinascesse l’accordo Tondo-Tremonti alla scadenza del Serracchiani–Padoan, con ciò confermando implicitamente che il primo era ben più favorevole alla Regione (e sfavorevole per lo Stato) di quest’ultimo, come dimostrano i numeri che smentiscono le evidenti affermazioni dei governanti regionali.


Se dunque le ragioni di questa parte della manovra, impossibile da condividere sul piano dei contenuti ed ancor più sul piano della procedura occulta, sono evidenti benchè non nobili, non si riesce invece a comprendere la ragione dell’altra previsione che ha cambiato i così detti decimi del finanziamento della Regione architrave della sua Specialità. Prima infatti l’articolo 49 attribuiva alla Regione i 9,1 decimi dell’IVA , i 9 decimi di molte altre imposte, i 6 decimi dell’irpef, tutte quote rilevanti delle imposte più redditizie oltre ad alcune altre; ora questa riforma prevede l’attribuzione generica di 5,1 decimi di tutte le imposte maturate. Ma è anche scritto espressamente che la entità delle entrate tributarie resta invariata rispetto al periodo precedente. Ma se così è, per quale ragione si è modificato l’elenco dei tributi e soprattutto si è rideterminato da 9.1 a 5.1 il gettito dell’IVA spettante , cioè l’imposta più ricca e quella il cui reddito è certamente destinato a crescere con la ripresa e l’aumento dei consumi, per non parlare poi dell’eventualità che nel 2019 scattino le famose clausole di salvaguardia imposte dall’UE che addirittura farebbero crescere di molto le aliquote e quindi il gettito che ci sarebbe spettato su questa voce?

Questo è e resta il più grande mistero di questa manovra, mistero alimentato dal fatto che motivazioni e decisione sono state e sono ad oggi tenute segrete al Consiglio regionale e all’opinione pubblica. E’ attribuita al Presidente Andreotti la celeberrima considerazione che a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina: mai più che in questo caso la saggezza e la diversa trasparenza dalla prima Repubblica si attagliano alla fattispecie. Verrebbe infatti da pensare, nell’oscurità della cosa, che possa trattarsi di una manovra di c.d. normalizzazione, cioè di livellamento delle quote tributarie già spettanti alla regione Friuli Venezia Giulia in virtù della sua autonomia speciale a quelle che potranno essere le entrate che presumibilmente spetteranno alle regioni ordinarie del nord, ad iniziare da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna ed ora anche Liguria a conclusione della trattativa in corso per ottenere maggiori competenze ed autonomia. Se così fosse, il Governo e questa giunta avrebbero decretato la fine dell’autonomia speciale, già da essi gravemente compromessa.


Ultimo dato : non a caso questa riforma non riguarda e non tocca la specialità del Trentino Alto Adige, al quale sino a questo momento potevamo essere considerati istituzionalmente vicini avendo dimostrato di saper gestire in autonomia e responsabilità competenze speciali come sanità, trasporti, finanza locale, lavoro formazione ed altro pur in una condizione di marginalità territoriale anticamera di una possibile emarginazione. Ora non lo saremo più.

Insegnava il compianto presidente Antonio Comelli che l’Autonomia è prima di tutto Autonomia finanziaria: perduta quest’ultima, finisce anche la prima.

Lì, 29 dicembre 2017


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