3. LA VIA DELLA SETA, GLI INVESTIMENTI REALI, LE BOLLE FINANZIARIE
A questo punto bisogna comunque capire
se la mappa delle vie della seta presentata pochi mesi fa dalle autorità cinesi a Bloomberg (il numero
uno dei servizi di analisi finanziaria al mondo) va riscritta o Livorno trova
comunque una sistemazione periferica. Come si vede esiste, nelle
intenzioni progettuali del governo cinese, una linea arancione scura, quella ferroviaria, e una blu, quella marittima. Una linea di terra e una di mare. Certo, visto che l’autorità portuale è,
oggi, di Livorno e Piombino, già che ci siamo, ecco il tipo di tendenza all’export dell’acciaio cinese (sempre linea
blu) che queste nuove vie della seta devono supportare.
C’è quindi da capire, a parte la questione dell’acciaio e di Piombino, se la cartina (recente, tra l’altro) delle nuove vie della seta va di nuovo
aggiornata, con Livorno e il Tirreno che trovano un proprio ruolo oppure quale è l’effettiva dimensione dei nostri territori se (il
condizionale è d’obbligo) entrano nell’orbita degli investimenti cinesi.
Naturalmente, e questo vale sia per impegno infrastrutturale delle vie
della seta come per la Darsena Europa, dirimente, per capire il tutto, è lo
stato dei vari project-financing.
BMI Research Singapore, che fa parte del gruppo Fitch (la
nota agenzia di rating) monitorizza da tempo l’intera operazione vie della
seta. Dalla Cina all’Europa ed è in grado di fare pronostici più di qualche
improvvisato articolo di giornale, suggestionato da qualche biglietto da visita
offerto dall’intervistato. Bene, finora BMI ha parlato di investimenti del
governo cinese che rendevano più sopportabili i rischi dell’impresa nella
stabilizzazione delle vie della seta. Ed è da valutare l’impatto delle
restrizioni di capitale cinese verso l’estero in tutto questo scenario. Prima di parlare, come ha fatto certa stampa locale di arrivo di “uomini
d’oro” dalla Cina, che accendono inutili immaginazioni,
dopo aver titolato di piogge di milioni da Firenze (anzi da Bientina, con Rossi
a gettarli sulla città), vanno davvero inquadrati gli scenari commerciali,
infrastrutturali ma soprattutto finanziari (sono quelli che decidono davvero) che
manifestano davvero concretezza.
Il primo punto, fissato da Forbes (che è
una delle riviste finanziarie top del pianeta) è quella che viene
chiamata “mentalità della bolla”.
Un modo di operare pubblico e privato che privilegia, nella
costruzione della infrastrutture, la raccolta a di fondi in qualsiasi
modo nella fase della costruzione finanziaria del progetto . Senza un vero
rapporto tra tenuta della fase di raccolta fondi e sviluppo del progetto. Il
risultato sta, in Cina, in esplosione di bolle finanziarie
che lasciano progetti incompiuti o in cattedrali nel deserto. E se ne sono accorti gli stessi cinesi che da tempo si domandano come
evitare fallimenti dei loro progetti all’estero. Qui, certi titolisti
improvvisati dovrebbero leggersi la domanda che i cinesi rivolgono a sé stessi
ovvero sul perché i loro progetti falliscono all’estero
Certo, dei progetti cinesi non ci sono
solo i fallimenti ma saper, bene, dove il potenziale investitore rischia di
sbagliare non è questione secondaria. Il fatto che anche gli stessi cinesi sono
consapevoli del problema può rappresentare un punto positivo.
Quindi invece di titolare di “uomini
d’oro”, con racconti da ingenui di provincia pronti ad essere spennati (anche
perché gli “altri” leggono..), la stampa locale, assieme alla politica, deve
stare attenta alla fattibilità finanziaria dei progetti e al rapporto tra
finanza e infrastrutture. Se i project-financing sono
falliti in Italia, e se la Cina non è esente da questi fallimenti all’estero,
evitare un atteggiamento di regolazione non solo normativa ma diplomatica e in
fase di trattative potrebbe essere un problema.


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