WATERFRONT PORTUALI DI TRIESTE E NAPOLI: DOPO
ANNI DI INDECISIONI, FINALMENTE UNA PROSPETTIVA DI SVILUPPO
Situazioni diverse ma accomunate dalla necessità di dare
finalmente seguito – con prospettive di vero sviluppo - a ciò che è stato
bloccato per troppi anni. E' questa la similitudine più evidente tra i
waterfront di Trieste e Napoli, emersa ieri sera alla conviviale del Propeller
Club triestino, che ha visto la partecipazione di docenti universitari e rappresentanti
delle istituzioni su un tema particolarmente delicato per entrambe le città.
Ad aprire la discussione Pietro Spirito, da poco nominato
presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Tirreno Centrale, che ha
ripercorso la storia del “muro” che a Napoli divide il mare e la città e
sottolineato la necessità di ricucire un rapporto, ad iniziare dal trasporto
pubblico. «E' necessario definire funzioni strategiche, avere chiaro un modello
di mobilità, avere sostenibilità economica. Tutto ciò – ha spiegato Spirito - significa
legare il futuro del Porto a quello della città».
Un'improrogabile esigenza, quella di poter contare su una
strategia, quella descritta anche da Zeno D’Agostino, presidente dell'Autorità
di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, alla quale fa capo il Porto
di Trieste. Concentrando il suo intervento soprattutto sul Porto Vecchio, da
trent'anni in attesa di essere recuperato ad un qualche utilizzo, D'Agostino ha
chiarito che «... prima di qualsiasi ragionamento la città dovrebbe dire in quale
direzione vuole andare. L'intervento pubblico a Trieste deve dire ciò che non
si può fare. In Porto Vecchio serve un atto che definisca che chi compra le
aree abbia poi disponibilità dell'accesso al mare».
All'architetto Francesco Krecic della Soprintendenza
Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia è toccato
spiegare che i vincoli architettonici non devono sempre essere visti come
limitazioni, mentre a Giulio Bernetti, dirigente del Comune di Trieste (Area
città e territorio) il compito di attrarre l'attenzione sulle questioni delle
reti di sottoservizi e del trasporto pubblico, che sembrano essere oggi i due
maggiori ostacoli alla fattibilità economica di un progetto di sviluppo dello
stesso Porto Vecchio.
Una risposta alle recenti polemiche sulla localizzazione
di un progetto per un Parco del mare è venuta dal suo proponente (la prima
versione risale al 2004), Antonio Paoletti, di recente rieletto alla Camera di
commercio che ora comprende, assieme a quello di Trieste, anche il territorio
di Gorizia. Giovanni Fraziano, docente al Dipartimento di Ingegneria ed
Architettura dell'Università di Trieste, ha spiegato come, nel corso degli
anni, il waterfront del capoluogo giuliano sia stato “un po' tutto”, cercando
analogie con realtà anche completamente diverse e generando per questo enormi
equivoci nelle valutazioni.
«E' importante separare le parti del waterfront triestino
e credo che non si possa non considerare strategie e prospettive – ha detto
Fraziano - . Molte scelte potranno essere procrastinate, ma non a lungo».
Massimo Clemente (dirigente CNR all’Università Federico
II di Napoli) e Paolo Giordano (professore al Dipartimento di Architettura e
Disegno Industriale dell'Università degli Studi della Campania «Luigi
Vanvitelli») hanno riportato gli interventi sulla realtà partenopea. Il primo
ripercorrendo l'esperienza di “laboratorio” e promozione di processi
collaborativi portata avanti dal Gruppo Friends of Molo San Vincenzo, il
secondo descrivendo le varie parti del waterfront napoletano e illustrando il
concetto di “periferia in città”.
I saluti alla conviviale sono stati portati dal
presidente del Propeller Club di Napoli, nonché presidente nazionale, Umberto
Masucci il quale, nel ricordare che l'appuntamento avrà una sua fondamentale
prosecuzione il 30 marzo proprio a Napoli, ha auspicato che i due Club possano
essere presi ad esempio di best practice e che il Propeller possa continuare ad
essere motore per lo sviluppo.
Fabrizio Zerbini, presidente del Propeller Club di
Trieste, dopo i saluti iniziali e la proposta di alcuni elementi da dibattere,
ha tratto le conclusioni concentrando l'intervento sul Porto Vecchio:
«Quell'area è un unicum sul territorio e come tale deve essere trattata anche
per quanto riguarda i progetti di sviluppo, che necessitano quindi di
interventi integrati e di una strategia complessiva».
ma cosa si perdono ancora questi parlando di waterfront?
RispondiEliminale aree sono del comune o no? perché secondo un'articolo pubblicato sul piccolo qualche giorno fa in merito ad una visita al magazzino 26, bisogna chiedere l'autorizzazione all'autorità portuale in quanto la zona è punto franco.
quindi quelli del propeller che poco hanno a cuore lo sviluppo portuale di Trieste secondo quanto stabilito dall'allegato VIII (che per funzionare NON necessita di alcun docreto attuattivo italiano), potrebbero occuparsi dei porti a loro cari cioè Genova, Venezia, Taranto.